CULTURA

La nostalgia ferita

"Così, noi viviamo, e ogni volta diamo l’addio a qualcosa di noi che la nostalgia misteriosamente ci consente di ritrovare". Iniziamo da un addio, dall’ultima pagina del libro La nostalgia ferita (Einaudi) dello psichiatra e docente Eugenio Borgna, già autore di saggi dedicati al lessico delle emozioni, che qui svela “le molteplici figure della nostalgia, che è mediatrice di comunicazione con i mondi sconfinati dell’interiorità e della memoria”. Scrive Borgna, al termine della sua esplorazione: questo lavoro “si è venuto componendo a mano a mano che le pagine venivano scritte: come avviene, direi, quando il tema ridesta un interesse che si nutre delle arcane ragioni del cuore, senza le quali, forse, non molto si potrebbe dire di un’esperienza umana, come è questa della nostalgia, così fragile e in fondo così indicibile, così umbratile e così stellare”. Prima di giungere alle considerazioni finali, l’autore accompagna il lettore attraverso un viaggio di scoperta della nostalgia, che può essere dolorosa ma può anche agganciarsi alla speranza e aiutare a vivere il presente, perché “i desideri, le attese non si nutrono solo di futuro, ma anche di passato: di cose che sono state, e di cose che non sono ancora. La nostalgia riempie il tessuto liquido e fragile dei desideri che sono talora desideri di cose che abbiamo perduto, e che vorremmo riavere”. Dal greco nostos, ritorno, e algos, dolore, la nostalgia è una emozione complessa, "una condizione di vita alla quale ciascuno di noi non può non andare incontro negli snodi infiniti della vita – scrive Borgna -, con un passato legato alla malattia". Nel 1688 la parola compare, infatti, in una tesi di laurea in medicina discussa all’università di Basilea da Johannes Hofer "che, considerandola una malattia, la chiamava così per indicare il dolore causato dalla lontananza e dall’ardente desiderio di ritornare a casa”.

Non c’è una sola forma di nostalgia, ce ne sono infinite e non risparmiano alcun essere umano. “Le nostalgie in vita non si contano, nascono e muoiono, rinascono temerarie nei più diversi luoghi”, e aggiunge lo psichiatra e autore: La nostalgia ci fa conoscere regioni nascoste e segrete del nostro passato e, facendoci riconoscere i nostri errori e le nostre défaillances, ci consente di evitarli in futuro; e questo allarga i confini etici della nostalgia. Sì, tutto è connesso, come diceva la parola profonda e sconvolgente di Friedrich Hölderlin, e nella nostalgia il passato, il presente e il futuro si intrecciano in una loro agostiniana circolarità. La nostalgia è davvero in noi: anche se non è facile riconoscerla nelle sue sommesse risonanze psicologiche e umane”.

Nella mia anima, nostalgia di vita piangeva Hugo von Hofmannsthal

“Non è possibile riflettere sui vasti confini della nostalgia, come zattera sulla quale imbarcarsi nelle oscure notti dell’anima, se non è immersa nelle sue ininterrotte relazioni con la memoria”, spiega Borgna. “La psichiatria non può insomma non metterla in relazione con altre forme di vita, con altre funzioni psichiche, e in particolare con la memoria, nella misura in cui la psichiatria intenda essere scienza umana, e non solo scienza naturale”. Il ritorno al passato avvicina la nostalgia al rimpiantoma non siamo di fronte allo stesso stato d'animo. La nostalgia si lega alla speranza di un ritorno, a un sentimento che custodisce un buon ricordo e non ci addolora, non sempre almeno. Al contrario, "si rimpiange qualcosa, una persona, o un’esperienza umana, che ha consegnato un senso alla nostra vita, nella consapevolezza che l’una e l’altra siano per sempre perdute, sentendoci responsabili di quello che è avvenuto. Nel rimpianto c’è un ricordare piangendo, si rimpiange qualcosa che non c’è più, e nella nostalgia invece non si spegne l’attesa, la speranza, che le cose perdute abbiano ancora un senso”.

La nostalgia ha a che fare "con le fornaci ardenti delle emozioni”, è lontana dalla ragione. E in questo territorio emotivo complesso si rivelano le opere e i pensieri più alti e struggenti di scrittori e poeti: la letteratura ci avvicina a questo sentimento, riportandoci indietro nel tempo o ricongiungendoci a un luogo amato e abbandonato. Ci si lega al tempo, alla memoria dell'infanzia, alla patria perduta: a descrivere tutto questo sono grandi autori come Giacomo Leopardi, Rainer Maria Rilke, Emily Dickinson, Giovanni Pascoli, Paul Celan ("Farfalle di seta della nostalgia"), Guido Gozzano, Fedor Dostoevskij. E, tra tutti, Marcel Proust con le sue famose madeleine in Alla ricerca del tempo perduto: "Quel sapore era quello del pezzetto di maddalena che la domenica mattina a Combray (giacché quel giorno non uscivo prima della messa), quando andavo a salutarla nella sua camera, la zia Léonie mi offriva dopo averlo bagnato nel suo infuso di tè o di tiglio. La vista della focaccia, prima d’assaggiarla, non m’aveva ricordato niente; forse perché, avendone viste spesso, senza mangiarle, sui vassoi dei pasticcieri, la loro immagine aveva lasciato quei giorni di Combray per unirsi ad altri giorni più recenti; forse perché di quei ricordi così a lungo abbandonati fuori della memoria, niente sopravviveva, tutto s’era disgregato; le forme – anche quella della conchiglietta di pasta – così grassamente sensuale sotto la sua veste a pieghe severa e devota – erano abolite, o, sonnacchiose, avevano perduto la forza d’espansione che avrebbe loro permesso di raggiungere la coscienza. Ma, quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo”.

Oh, ore dell’infanzia quando dietro le figure c’era più che passato soltanto e dinanzi a noi il futuro non c’era Rainer Maria Rilke

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