SCIENZA E RICERCA

Farfalle in volo oltreoceano dall’Africa al Sud America

Hanno raggiunto il Sud America dall’Africa occidentale, volando per almeno 4.200 chilometri sopra l’Atlantico, ma il loro viaggio potrebbe essere stato anche più lungo  partendo dall’Europa e attraversando tre continenti, con una migrazione di 7.000 chilometri o più”. Stiamo parlando di farfalle, insetti che l’immaginario collettivo associa forse più all’eleganza e alla delicatezza, che alla forza e alla resistenza che simili imprese richiedono. A parlare è Clément Bataille, professore all’università di Ottawa in Canada e coautore di uno studio pubblicato recentemente su Nature Communications che descrive il volo transoceanico di uno sciame di farfalle Vanessa cardui (o Vanessa del cardo), trovato sulla costa atlantica del Sud America nella Guyana francese. 

Nonostante nel corso degli anni siano state accumulate molte prove, la migrazione degli insetti su lunghe distanze è sempre rimasta abbastanza trascurata a causa della scarsità di metodi affidabili per tracciare gli spostamenti di organismi così piccoli e dalla vita breve. “Tre dei dieci insetti osservati – scrivono gli autori del paper – sono stati catturati vivi sulla spiaggia alle sei circa del 28 ottobre 2013, arrivati apparentemente dopo un vigoroso volo attraverso l’oceano, a giudicare dalle ali danneggiate e dalla posizione di riposo sulla sabbia. Le cosiddette ‘dame dipinte’ sono grandi migratrici, note per i loro ricorrenti voli trans-sahariani e per un ciclo multigenerazionale (cioè un ciclo vitale, dall’uovo alla farfalla, che si ripete più volte in un anno, ndr) che si estende per circa 15.000 chilometri, tra le regioni afro-tropicali e paleartiche. Vanessa cardui è quasi cosmopolita, ma non sono state registrate popolazioni stabili dal Sud America”. Le farfalle rinvenute sulle coste della Guyana francese dunque potevano provenire dal Nord America, dall’Europa o dall’Africa: per giungere a una risposta gli scienziati hanno condotto indagini su più fronti. 

Hanno esaminato innanzitutto i dati meteorologici e calcolato le traiettorie dei venti per un periodo di circa otto giorni a cavallo della data di cattura degli insetti, rilevando che nelle 48 ore immediatamente precedenti i venti erano eccezionalmente favorevoli alla migrazione attraverso l'Atlantico dall’Africa occidentale. In secondo luogo, hanno analizzato la diversità genetica delle farfalle rinvenute in America meridionale, confrontandole con 126 individui di Vanessa cardui provenienti da Nord America, Europa e Africa. Gli studi hanno dimostrato una differenziazione genetica tra le popolazioni di insetti nordamericane e quelle europeo-africane, associando il campione sudamericano al secondo gruppo: il risultato escludeva evidentemente la possibilità che fossero migrate dal Nord America.

In terzo luogo, i ricercatori hanno isolato il DNA dai granelli di polline rinvenuti sul corpo delle farfalle e hanno individuato un composto di 8-15 specie di piante (a seconda del metodo di classificazione). Tra queste, era ben rappresentata la Guiera senegalensis tipica della fascia saheliana (cioè della zona di transizione tra il deserto del Sahara e le regioni tropicali dell’Africa) e in misura minore la Ziziphus spina-christi, una specie subsahariana. Entrambi sono arbusti che fioriscono alla fine della stagione delle piogge in Africa occidentale, da agosto a novembre, e sono quindi candidati significativi come fonti di nettare per le farfalle. La loro distribuzione nella zona del Sahel, sulla costa africana occidentale, restringeva inoltre la potenziale origine del volo transatlantico.

Gli scienziati hanno analizzato anche gli isotopi nelle ali delle farfalle, cioè le diverse varietà di atomi dell’idrogeno e dello stronzio, e ciò ha permesso di avvalorare l’ipotesi che le dame dipinte si fossero sviluppate come larve in Europa occidentale, migrando poi verso l’Africa subsahariana, dove sono state coinvolte in un evento di dispersione transatlantica della durata di 5-8 giorni.  

“Si tratta di uno studio interdisciplinare sicuramente solido – sottolinea Lucio Bonato, professore di zoologia all’università di Padova – . In realtà c'erano già evidenze che diversi insetti  potessero spostarsi con una certa frequenza da un continente all’altro, dalle cavallette alle farfalle, ma si trattava tuttavia di prove ancora poco robuste”. La libellula Pantala flavescens, per esempio, sembra migrare annualmente attraverso l'Oceano Indiano o ancora la farfalla monarca (Danaus plexippus) si sposta tra il Canada e il Messico. “Lo studio pubblicato su Nature Communicatons dunque non ha dimostrato per la prima volta che le farfalle Vanessa cardui si spostano dall’Africa al Sud America, dato che già esistevano prove e osservazioni che lo indicavano. È la prima volta piuttosto che viene attuato un sistema rigoroso e robusto di test e verifiche, secondo gli standard moderni, che va a confermare l’assunto. Farfalle Vanessa cardui erano già state osservate nelle coste dell’America meridionale, ora i ricercatori hanno avvalorato un’ipotesi avanzata su dati più deboli che potevano essere interpretati anche in modo diverso. Adesso è difficile negare che il fenomeno esista”.  

Gli autori del paper osservano che i cambiamenti climatici potrebbero favorire eventi di dispersione a lunga distanza, con conseguenze significative per la biodiversità e gli ecosistemi in tutto il mondo. In proposito Bonato sottolinea: “Ricerche condotte negli ultimi decenni dimostrano che i cambiamenti climatici hanno determinato modifiche su alcuni aspetti della biodiversità delle farfalle. Questo fenomeno è ben documentato in Gran Bretagna e negli Stati Uniti d'America. Ma non c’è ragione di pensare che ciò non accada anche nel nostro Paese. Alcune specie che in condizioni climatiche precedenti erano presenti con popolazioni stabili poi si sono estinte, oppure viceversa il territorio dove una specie riesce a vivere, nel nord Europa per esempio o nel Nord America, si è ampliato verso Nord”. 

Per rilevare eventuali mutamenti in termini di biodiversità è importante innanzitutto conoscere la distribuzione degli insetti, delle farfalle nel caso specifico, per stabilire quale sia la situazione di partenza. A questo scopo per esempio risponde il progetto Neptis, promosso dal dipartimento di Biologia dell’università di Padova e dal Parco nazionale Dolomiti Bellunesi e coordinato da Lucio Bonato con Enrico Carta, Luca Gregnanin ed Enrico Vettorazzo. “Lo studio – sottolinea il docente – intende far progredire in modo sostanziale le conoscenze sulla distribuzione delle molte specie di farfalle presenti nell'area delle Alpi meridionali italiane”. A essere presa in esame è la superfamiglia dei lepidotteri Papilionoidei che vive nelle aree collinari e montane dell’Italia nord-orientale. “Finora le informazioni erano scarse e frammentarie: l'obiettivo di Neptis è proprio quello di colmare queste lacune, fornendo una mappa dettagliata delle popolazioni di farfalle attuali”. 

Si tratta di un progetto di citizen science che può contare sulla partecipazione di circa 150 volontari arruolati per osservare le farfalle che incontrano sul territorio, fotografarle, magari provando a riconoscerne la specie, registrare le informazioni e trasmetterle al nucleo di coordinamento tramite l’app iNaturalist. L’app permette di registrare le coordinate del sito in modo automatico, mediante il ricevitore GPS dello smartphone. “Attualmente possediamo decine di migliaia di dati singoli che, durante l'inverno, valutiamo, selezioniamo, correggiamo, così da ottenere un dataset ripulito”.

Al termine del progetto, iniziato nel 2021 e di durata triennale, il database sarà sottoposto a un’analisi definitiva, e consentirà di ottenere informazioni sulla diffusione e distribuzione delle diverse specie nelle zone considerate. I risultati saranno poi pubblicati anche in un volume. 

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