SOCIETÀ

Il postino arrivato dal passato

Se un postino oggi trattenesse a casa sua le lettere che non riesce a consegnare, oltre ad incorrere in qualche reato, verrebbe forse giudicato un maniaco o un feticista. Ben diversa invece è la considerazione riservata in questi giorni a Simon de Brienne che con la moglie Maria Germain gestiva il servizio postale all’Aja alla fine del Seicento. Erano tempi in cui il destinatario pagava le spese di consegna, e conservare con cura le lettere non recapitate poteva essere per de Brienne ancora fonte di guadagno, casomai il destinatario un giorno si fosse presentato a reclamarle.

Fu così che si conservarono ben 2.600 lettere spedite da ogni parte d’Europa tra il 1689 e il 1707, custodite in un grande baule rivestito di pelle di foca per renderlo impermeabile, passato di mano in mano attraverso i secoli fino ad essere acquisito quasi un secolo fa dal Museum voor Communicatie dell’Aja. Un’autentica macchina del tempo, da cui emerge una miriade di vicende personali ma anche uno spaccato della società europea in un’epoca difficile e violenta, segnata dalle persecuzioni religiose. Lettere di nobili, esuli, musicisti, mercanti ma anche registri postali che aiutano a ricostruire il funzionamento delle reti di comunicazione di quegli anni.

Riscoperte quasi per caso da una musicologa di Yale, Rebekah Ahrendt, queste lettere sono ora al centro di un progetto internazionale di ricerca (Signed, sealed, and undelivered) che coinvolge oltre a Yale e il museo che le possiede, anche il Mit, le università di Leiden e Groningen e il Lincoln College di Oxford. L’intento è studiare forma e contenuti delle lettere, cercando di leggere anche quelle 600 che sono arrivate a noi ancora sigillate (e sigillate resteranno), utilizzando tecniche non invasive già usate con successo per analizzare i rotoli del mar Morto, i preziosi manoscritti ritrovati a metà del secolo scorso che costituiscono una delle più antiche copie superstiti dei libri biblici.

Le avventure intime che rivivono tra le righe di queste lettere appassionano facilmente: dalla cantante che si scopre incinta e chiede aiuto al suo amante che però rifiuta la lettera, al consiglio di un uomo al fratello musicista di non transitare da Parigi (nel 1702) con i suoi strumenti perché un suo collega passato di lì si era trovato coscritto suo malgrado. Così come incuriosiscono gli oggetti allegati alle lettere stesse: pegni d’amore, bigliettini, e perfino dei campioni di filo accuratamente incollati al foglio per consentire al potenziale cliente di scegliere quali ordinare.

 

Una delle lettere custodite nel baule e acquisite dal Museum voor Communicatie dell'Aja

Ma altrettanto interessanti sono i risvolti scientifici che l’insolito archivio propone. Le lettere forniscono infatti una miniera di informazioni. Si scopre ad esempio una grande rete di musici viaggiatori – spiega la Ahrendt – scrivendo capitoli nuovi e finora inesplorati della storia della musica. E in generale, grazie anche al tono fortemente informale di questi messaggi, assume contorni più precisi l’affresco della vita delle classi meno abbienti e meno istruite, di cui è sempre difficile che si conservino tracce.

Sigilli e forme di piegatura delle missive stanno creando inoltre un nuovo inedito campo di indagine, per cui è stato coniato il termine “letterlocking”. Dal censimento delle migliaia di esemplari conservati si scoprono abitudini ricorsive. Una lettera d’amore, ad esempio, veniva piegata poche volte per mantenere un pregio estetico nelle mani del destinatario e poco contava che fosse così più accessibile anche ai curiosi. Una comunicazione d’affari invece, o soprattutto il rapporto di una spia, veniva piegata meticolosamente più e più volte in modo complesso, in modo da smascherare più facilmente eventuali aperture non autorizzate. In un’epoca in cui le buste ancora non esistevano, la piegatura e la sua chiusura (legacci, ceralacca o altre forme di adesivo) diventavano quasi una firma riconoscibile e, a loro volta, un messaggio nel messaggio.

 

La lingua, infine, è l’altro grande tema di indagine. Scritte in francese, italiano, olandese, spagnolo e latino, le lettere rivelano infatti il grado di cultura dei loro autori. Tra le grafie impeccabili di alcune e le scritture incerte e caotiche di altre, riscuotono particolare interesse i testi delle persone meno educate. Che scrivono in base alla pronuncia più che in base alle regole di grammatica e ortografia, spesso trascurano la punteggiatura, ma preservano la freschezza della lingua parlata, in particolare dei dialetti delle loro aree di provenienza. Leggere queste lettere diventa così l’occasione insperata per ascoltare il suono delle lingue di tre secoli fa.

Un risultato che il buon Simon de Brienne sicuramente non poteva immaginare, mentre riempiva il suo baule lettera dopo lettera. E una lezione per tutti in quest’epoca che ama correre verso il futuro: se trovate un vecchio scatolone nella vostra soffitta, prima di buttarlo guardateci dentro. Potrebbe essere anche quello un’altra straordinaria macchina del tempo.

Cristina Gottardi

© 2025 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012