SOCIETÀ

Stati Uniti: i democratici vincono ma non convincono

È finita in pareggio: martedì 6 novembre si è votato per il Congresso e la resistenza a Trump ha mobilitato milioni di giovani e di donne, portando i democratici a conquistare la maggioranza alla Camera dei rappresentanti. La base repubblicana ha però risposto agli appelli del presidente e i repubblicani conserveranno la maggioranza in Senato, dove si votava in soli 35 stati, quasi tutti storicamente favorevoli al partito di Trump. “L’onda blu” democratica è stata forte, ma non tanto da sloggiare i repubblicani da posizioni solide come quelle in Florida e Texas dove i due nuovi senatori e i due governatori saranno repubblicani.

Occorrerà però parecchio tempo per conoscere i risultati definitivi: in California, per esempio, si poteva votare per posta ancora martedì, il che significa che i voti saranno contati solo nei prossimi giorni. Soprattutto, decine e decine di seggi saranno attribuiti solo dopo aver contato e ricontato le schede perché i candidati erano quasi in perfetta parità: i seggi del Senato in Nevada e in Montana sono due casi di questo tipo.

Ora tutti si chiedono cosa succederà nei prossimi mesi e sarà interessante vedere come reagiranno i mercati a questa situazione di incertezza politica. Nel sistema costituzionale americano il “governo diviso” è abbastanza comune: solo in quattro degli ultimi 20 anni le due camere del Congresso e il Presidente sono stati nelle mani dello stesso partito. I tempi degli accordi e delle contrattazioni in buona fede tra avversari politici sono però finiti un quarto di secolo fa, con la furiosa opposizione dei repubblicani al presidente democratico Bill Clinton, opposizione ancora più feroce nei confronti di Barack Obama, tra il 2008 e il 2016. Il risultato più probabile è la paralisi, con entrambi i partiti che già da stamattina pensano alla campagna per le elezioni presidenziali del 2020.

In vista di questa scadenza i repubblicani hanno in mano le carte migliori perché Trump può usare dei suoi poteri presidenziali per azioni autonome, che non esigono l’approvazione del Congresso, per esempio, nell’imposizione di dazi sui prodotti di importazione o nelle azioni militari. Inoltre, il controllo del Senato permetterà ai repubblicani di continuare ad approvare la nomina a vita di giudici fortemente conservatori.

 

Dal canto loro i democratici potranno usare i poteri di indagine della Camera, che sono di tipo giudiziario, per costringere i collaboratori di Trump a chiarire il loro ruolo nelle interferenze dei russi nelle elezioni del 2016, una questione su cui sta indagando da un anno e mezzo anche il procuratore speciale Robert Mueller, che dovrebbe pubblicare i risultati della sua inchiesta nelle prossime settimane. La Camera potrebbe inoltre bloccare i finanziamenti per la costruzione del muro al confine con il Messico, uno degli obiettivi più sentiti da Trump e forse anche costringere il presidente a rendere pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi, che molti sospettano piene di dettagli imbarazzanti e che Trump ha sempre rifiutato di rendere disponibili.

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