MONDO SALUTE

Vaccini e comunicazione schizofrenica

L'epilogo è la sospensione precauzionale del vaccino di AstraZeneca, arrivata lunedì 15 anche in Italia, dopo che già altri paesi dell'Unione Europea come Danimarca, Bulgaria, Islanda, Irlanda e Paesi Bassi, avevano fatto lo stesso la settimana scorsa e dopo che già due lotti erano stati sospesi venerdì scorso e lo stesso lunedì 15. La procedura è ampiamente prevista dal sistema di sorveglianza degli eventi avversi post-vaccinali, perché nella farmacovigilanza vige il principio dell'estrema cautela: in caso sussista il dubbio che un evento avverso sia causato dal vaccino, in attesa delle dovute verifiche lo si sospende. Niente di strano, dunque, e niente di particolarmente preoccupante per chi si è già vaccinato.

Nonostante questo, però, già nel weekend ci sono state molte disdette tra chi era in lista per il vaccino, anche se l'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che aveva sospeso il primo lotto in via precauzionale, aveva poi pubblicamente assicurato che non c'era nulla che portasse a pensare che le morti sospette fossero dovute alla somministrazione. Nel mentre, chi esprimeva qualche perplessità su Facebook veniva bersagliato da lezioni di logica non richieste ("Una persona che conosco è morta dopo aver bevuto una birra, ma la somministrazione di birra non è stata sospesa"), condite di un pizzico di derisione per chi si preoccupava.

Del resto bisogna ammettere che lunedì è emersa della schizofrenia comunicativa, visto che il giorno prima AIFA aveva definito ingiustificato l'allarme provocato dalle reazioni avverse, mentre poi c'è stato il ritiro del lotto ABV5811, disposto dalla procura di Biella in seguito alla morte di Sandro Tognatti a poche ore dal vaccino, e infine la sospensione cautelare di tutti i vaccini AstraZeneca, in seguito a una consultazione tra governo e AIFA.

Visto che non è mai stato dimostrato il legame causale tra le morti e il vaccino di AstraZeneca, viene da pensare che il problema sia, soprattutto, comunicativo: come siamo arrivati a tutto questo? Ma soprattutto, si poteva fare meglio? Per rispondere a queste domande, abbiamo intervistato Eva Benelli, giornalista tra i soci fondatori dell'agenzia di editoria scientifica Zadig ed esperta in comunicazione istituzionale sanitaria.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello

Prima del ritiro del vaccino, c'è stata un'escalation di preoccupazione da parte di chi stava per sottoporsi alla vaccinazione. Quindi, lo ricordiamo, da parte di persone generalmente favorevoli ai vaccini (o perlomeno a questo), che se lo sarebbero fatto inoculare di loro spontanea volontà all'inizio della campagna vaccinale. Verrebbe quindi da pensare che ci sia stato un cortocircuito comunicativo tra istituzioni e cittadini. "In generale - conferma Benelli - la comunicazione in corso rispetto alla campagna di vaccinazione non è secondo me adeguata. Ho visto le istituzioni andare in ordine sparso, mentre le personalità presenti in contesti comunicativi più diversi non avevano una strategia comune e non davano indicazioni univoche".

Tra le altre cose, forse, nessuno ha insistito sui punti più importanti. Nelle discussioni sui social, per esempio, torna spesso l'idea, sbagliata, che AstraZeneca sarebbe un vaccino sperimentale e alcuni arrivano a dire che noi saremmo le cavie: tra i vaccini attualmente approvati, invece, AstraZeneca è quello più tradizionale, visto che non prevede la tecnologia mRna di Pfizer e BioNTec. In ogni caso, tutte le fasi previste dalla sperimentazione sono già state compiute in precedenza. Il che, ovviamente, non esclude automaticamente eventi avversi non previsti, ma questo può accadere con ogni farmaco. Allo stato attuale, però, non si può pretendere che ogni cittadino sappia come vengono condotte sperimentazioni e trial clinici.
"AstraZeneca - spiega Benelli - soffre di una cattiva fama anche per incidenti passati, come quello della mezza dose o le iniziali perplessità sull'efficacia oltre i 55 anni. Il problema però è più a monte: sarebbe bene che fossero chiari a tutti alcuni presupposti, per esempio come si arriva ad approvare un farmaco, qualsiasi esso sia, e qui forse bisognerebbe che la scuola se ne facesse carico.[…] Bisognava anche insistere  sul fatto che tutte le procedure di sicurezza sono state rispettate, e che è normale che, via via che si procede, possano aggiungersi nuovi dati e nuove informazioni, come quando il vaccino è stato esteso ad altre classi di età.

E l'eventuale calo di fiducia che questa situazione può aver causato nei cittadini? Secondo Benelli per prima cosa bisogna verificare che effettivamente ci sia e in quali termini (le persone si vaccineranno lo stesso? Aspetteranno un po'? Decideranno di non vaccinarsi proprio o di vedere se e quanto potranno utilizzare il vaccino Pfizer-BioNTec?). Il tutto, naturalmente, raccogliendo i dati e monitorando nel tempo la percezione degli italiani. Poi servirà un serio lavoro di comunicazione, con una strategia condivisa, per evitare altri incidenti di questo tipo.

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