SCIENZA E RICERCA

I viaggi della sindone raccontati dal DNA

Gianni Barcaccia, studioso di genetica agraria, è docente del dipartimento Agronomia animali alimenti risorse naturali e ambiente dell’università di Padova. Nell’ambito di un progetto di ricerca dell’ateneo, ha condotto uno studio sul Dna isolato da campioni provenienti da diverse parti della Sindone.

La Sindone è considerata dalla tradizione cattolica il sudario usato per avvolgere il corpo di Gesù Cristo nel sepolcro, dopo la sua morte per crocifissione, circa 2000 anni fa. Si tratta indubbiamente della più importante reliquia della Cristianità. Tale lenzuolo funerario di lino, lungo 4,4 e largo 1,1 metri, mostra la doppia immagine corporea, frontale e dorsale, di un uomo che ha sofferto un trauma fisico evidenziando segni interpretati come dovuti a maltrattamenti e ritenuti compatibili con quelli descritti nelle sacre scritture. Secondo molti studiosi, il lungo viaggio della Sindone iniziò a Gerusalemme nell’anno 30 o 33 dopo Cristo. Dopo essere stata a lungo occultata e protetta, la Sindone fu portata prima a Edessa, ora Şanliurfa in Turchia, intorno al 200 e poi trasferita a Costantinopoli nel 944. In possesso di Imperatori Bizantini, all’epoca dell’Impero Romano d’Oriente, la Sindone sarebbe scomparsa nel 1204 durante il Saccheggio di Costantinopoli. Essa ricomparve in Francia a Lirey, negli anni 1353-1357, e dal 1453 fu mantenuta a Chambéry fino al 1578, anno in cui passò ai Duca di Savoia. Conservata all’interno di un Reliquiario, dal 1694 la Sindone è mantenuta stabilmente nella cappella reale del Duomo di Torino, con l’eccezione di alcuni spostamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dall’università di Padova sono stati analizzati campioni di DNA genomico isolato da residui organici di varia origine, provenienti da polveri aspirate nel 1978 dalla parte posteriore della Sindone, in corrispondenza di diverse parti dell’immagine corporea, e da porzioni prelevate dal bordo laterale usato nel 1988 per la datazione della Sindone con radiocarbonio. La procedura sperimentale si è articolata in molteplici fasi basate su protocolli specifici per il sequenziamento di regioni geniche e intergeniche del DNA cloroplastico (di specie vegetali) e del DNA mitocondriale (di origine animale e umana), al fine di individuare la presenza di contaminazioni ambientali e individuali riconducibili a qualsiasi forma di organismo venuto in contatto con la Sindone nel corso dei secoli. L’obiettivo principale era quello di determinare il numero di entità tassonomiche, nel caso delle specie vegetali e animali, e di unità genotipiche ed etniche, nel caso dei soggetti umani, in funzione della tipologia (aplotipo) del loro genoma cloroplastico e mitocondriale. I risultati così ottenuti sono stati poi messi in relazione con le informazioni storiche, le aree geografiche di provenienza o appartenenza più probabile, e la distribuzione moderna delle specie vegetali e delle etnie umane, con l’intento di acquisire nuovi indizi sull’origine della Sindone.

L’analisi del DNA estratto da particelle campionate nella Sindone ha rilevato sequenze del genoma cloroplastico e mitocondriale che identificano numerose specie vegetali e che corrispondono a diverse etnie umane. In particolare, le nostre analisi hanno evidenziato la presenza di almeno 19 specie vegetali, di diversa natura tassonomica: non solo piante comuni nel Bacino del Mediterraneo ma anche piante con centro primario di origine in Asia, soprattutto Cina, Medio Oriente e nelle Americhe, alcune introdotte nel Vecchio Mondo in un intervallo storico verosimilmente successivo al XII secolo. Per quanto riguarda i lignaggi umani, le nostre analisi hanno rilevato sequenze provenienti da almeno 14 soggetti di diversa origine etnica, riconducibili a un numero limitato di aplogruppi Eurasiatici, inclusi alcuni noti per essere tipici in Europa occidentale e Africa nord-orientale, altri comuni in Medio Oriente, dalla Penisola Arabica alla Regione Caucasica, e anche aplotipi rari del sub-continente Indiano. Tale diversità del DNA cloroplastico vegetale e del DNA mitocondriale umano non esclude un’origine Europea di epoca Medievale, ma è anche compatibile con il percorso storico seguito dalla Sindone durante il suo presunto viaggio di 2000 anni dal Medio Oriente fino a Torino.

I risultati acquisiti confermano che fibre vegetali e granuli pollinici sono presenti sulla Sindone e rivelano anche che più soggetti umani hanno toccato o comunque lasciato tracce del loro DNA sulla Sindone. L’individuazione di una tale varietà di risorse di DNA è stata molto utile per valutare possibili parallelismi tra gli areali di provenienza e distribuzione delle specie vegetali e dei gruppi etnici umani, e i percorsi temporali e geografici associati a scenari alternativi che possono essere proposti per spiegare l’origine della Sindone.

Da qualche tempo è noto che le misurazioni del radiocarbonio collocherebbero l’origine della Sindone nel periodo 1260-1390 d.C. e ciò implicherebbe non solo un’origine collocabile nel tardo Medioevo, ma anche un percorso geografico essenzialmente limitato all’Europa occidentale. Secondo questo scenario, le tracce di DNA rilevate sulla Sindone sarebbero riconducibili a contaminazioni ambientali e individuali piuttosto recenti, avvenute al massimo negli ultimi 800 anni, e queste fonti biologiche (vegetali e umane) dovevano pertanto essere presenti in Francia e Italia, laddove la presenza della Sindone è stata ampiamente documentata. Lo scenario alternativo comporterebbe, invece, un viaggio molto più lungo, iniziato a Gerusalemme nell’anno 30 o 33 d.C. Il periodo di tempo in cui si sarebbero verificate le interazioni della Sindone con le fonti biologiche di DNA è in questo caso molto più lungo, circa 2.000 anni, e le aree geografiche in cui si trovava la Sindone comprenderebbero il Medio Oriente, l’Anatolia, l’Europa orientale e occidentale, con contaminazioni ambientali e individuali potenzialmente molto più ampie.

Molte delle specie vegetali identificate sulla Sindone in base al DNA cloroplastico hanno avuto origine e sono diffuse in Europa centrale e nelle regioni del bacino del Mediterraneo, dalla Penisola Iberica al Medio Oriente. Inoltre, non è trascurabile la presenza di alcune specie esotiche introdotte in Europa dall’America settentrionale e meridionale, e dall’Asia centrale e orientale. Le varie specie vegetali e le numerose famiglie tassonomiche identificate suggeriscono che molte delle contaminazioni ambientali della Sindone potrebbero essersi verificate nel corso degli ultimi secoli, dopo i viaggi di Marco Polo e Cristoforo Colombo, e sarebbero compatibili con lo scenario secondo cui questo lenzuolo potrebbe essere stato esposto in diverse località del bacino del Mediterraneo.

Per quanto riguarda le risorse umane, le tipologie di DNA mitocondriale rilevate sulla Sindone non si raggruppano in modo casuale su tutto il nostro albero filogenetico, ma solo su uno specifico sottoinsieme dei suoi rami, corrispondenti a numerose etnie Eurasiatiche. Questa scoperta indica non solo che molte persone hanno lasciato tracce del loro DNA sulla Sindone, ma anche che molto probabilmente appartengono a diversi gruppi etnici e areali geografici, inclusa l’Europa, il Nord Africa, il Medio Oriente e l’India. Le sequenze di DNA umano si adattano bene al percorso geografico del lungo viaggio postulato per la Sindone dal Medio Oriente fino a Torino, anche se queste sono inoltre compatibili con lo scenario per il quale tra le migliaia di fedeli e devoti che sono venuti in contatto con la reliquia in Francia e in Italia nel corso dei secoli, potrebbero essercene stati molti di soggetti provenienti da regioni lontane dove questi aplogruppi mitocondriali sono comuni. Alcuni tipi di DNA sono stati rilevati solo nelle particelle del campione più esterno della Sindone, quello verosimilmente più esposto a contaminazioni ambientali e individuali. Escludendo questi tipi, gli aplogruppi riscontrati nelle parti più interne, corrispondenti a varie parti del corpo dell’uomo della Sindone, mettono in evidenza quattro regioni geografiche parzialmente sovrapposte: l’Europa occidentale, tra cui la Francia e l’Italia, il Medio Oriente, inclusa la Penisola Arabica, l’Anatolia e il Caucaso, e l’India. Infine, tra le specie animali merita segnalare che nella Sindone è stato possibile identificare anche DNA di un uccello, l’averla, una specie di passerina comune in Medio Oriente, nella Penisola Arabica e nel Nord Africa, ma anche nei paesi che si affacciano sul Bacino del Mediterraneo, dalla Spagna all’Egitto.

I due possibili scenari ipotizzabili per la Sindone sulla base dei risultati emersi: una origine medievale, XIII-XIV secolo, in Europa (a sinistra) o una origine mediorientale, I secolo d.C. (a destra)

In conclusione, i nostri risultati sono compatibili con entrambi i possibili scenari, così come illustrato in figura: nel caso di una origine medievale della Sindone le persone che sono venute in suo contatto in Europa occidentale intorno al 1300 lasciandovi traccia del proprio DNA, forse mosse dal culto per tale importante reliquia cristiana, provengono da diverse aree geografiche e hanno diverse appartenenze etniche; in alternativa, la Sindone ha una origine mediorientale e nel corso di 2000 anni è stata spostata in tutta l’area del Mediterraneo, di conseguenza venendo in contatto con una vasta gamma di persone geneticamente ed etnicamente diverse, in un arco di tempo ben più lungo. Anche in quest’ultimo caso, la rilevazione di DNA mitocondriale tipico di gruppi etnici dell’India è comunque un risultato inatteso e non trova alcun riscontro storico. Una possibilità ovvia è che nel corso dei secoli, diversi individui di origine indiana sarebbero venuti in contatto con la Sindone, ma vi è un’alternativa tanto possibile quanto suggestiva secondo cui tale lenzuolo di lino potrebbe essere stato tessuto in India, come peraltro farebbe supporre il nome originale della Sindone - Sindon - che secondo i linguisti deriverebbe da Sindia o Sindien, cioè un tessuto proveniente dall’India.

Gianni Barcaccia

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