CULTURA

Aalto, il rapporto tra paesaggio e architettura

Plastici di cartoncino beige sui tavoli, colla, bottigliette d’acqua, computer portatili. Ragazzi sorridenti e nervosi appollaiati su sgabelli alti aspettano l’inizio della lezione. E poi si va in Finlandia. Si parte con i docenti e i compagni del corso di laurea in ingegneria edile-architettura per vedere da vicino le opere di un grande maestro, Alvar Aalto (il video del viaggio, a cura di Alessandro Lana). Conoscere la sua architettura è una tappa fondamentale per qualsiasi futuro progettista; è inevitabile e naturale passare le ore di fronte ai suoi disegni, alle piante, alle foto della foresta che entra nelle sue case, a riprovare il suo segno su di un foglio bianco. La potenza, la poesia, il rigore e la libertà dell’architettura: tutto questo, e molto ancora, fanno della lezione di Alvar Aalto un momento imprescindibile nella formazione di un progettista. Ed è dal suo lavoro, dalla sua modernità, che gli studenti padovani di quest’anno partono per una riflessione progettuale personale; questo viaggio è l’espediente per arrivare ad una conoscenza più intima di Aalto, per salire le scale gialle del sanatorio di Paimio e sedersi sugli scaloni del Politecnico di Helsinki. Ma prima: plastici, un po’ di analisi progettuale e un po’ di storia.

  A sinistra: interni del sanatorio di Paimio, 1929. A destra: Politecnico di Helsinki, 1949. Foto di Stefano Zaggia.

A tracciare un profilo di Aalto e del suo contributo alla contemporaneità è Bruno Messina, docente all’università di Catania, che dell’opera del maestro finlandese mette in luce i caratteri principali, osservati anche da angolazioni inedite, partendo dall’assioma dell’intramontata forza ispiratrice dell’opera dell’architetto: “A differenza di altri esponenti del movimento moderno di cui nessuno più si occupa, come Gropius, Aalto conserva una straordinaria attualità che continua ad interessarci nel tempo, al pari di Le Corbusier e Mies van der Rohe”. Del resto, l’impatto della sua opera è globale e ci restituisce un quadro ben lontano dall’immagine consegnataci invece dalla storiografia, quella di figura isolata collocabile solo in relazione all’architettura nordeuropea.

Alvar Aalto nasce nel 1898 e muore nel 1976. Opera a partire dagli anni Venti per oltre cinquant’anni, producendo una quantità enorme di progetti e di edifici. Affonda le sue radici nel neoclassico, è debitore allo stesso tempo delle architetture di Engel quanto della produzione europea a lui contemporanea. E molto deve ai viaggi in Italia, il primo dei quali, nel 1924, segnò profondamente la sua formazione. Da qui l’attenzione al classico, da cui discende l’ossessivo tema ricorrente della cavea nei suoi progetti, l’attenzione all’abitare vernacolare, al luogo come spazio naturale su cui adagiare e plasmare il costruito, all’architettura come topografia. “Per Aalto le città italiane in collina incarnavano un compromesso tra uomo e natura di esemplare armonia. La città si adattava alla topografia che a sua volta acquistava risalto grazie all’intervento umano, in una sorta di simbiosi culturale”, scriveva Richard Weston.

Un rapporto, quello fra paesaggio ed edificato, fra natura e uomo, che permea la produzione di Aalto in modo sostanziale. D’altra parte la potenza dell’ambiente nella sua Finlandia, l’influsso forte del clima e delle stagioni, la presenza familiare delle foreste, del biancore della neve, del digradare lieve dei pendii erbosi determinano inevitabilmente anche i ritmi della vita umana, la percezione della luce, la ricerca di spazi aperti e luminosi, biancore di pareti e materialità delle superfici. “Passeggiando dentro e intorno alla casa sperimentale a Muuratsalo” racconta Stefano Zaggia, docente del corso di laurea in ingegneria edile-architettura, “si percepisce con forza il suo rapporto con l'ambiente circostante. È una casa molto semplice in cui l’architetto testava i materiali che poi avrebbe impiegato in  costruzioni più complesse e articolate”. 

Alla riflessione sull’architettura domestica del maestro finlandese contribuisce Edoardo Narne, docente del corso: “È soprattutto nei progetti a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta che prende forma nella ricerca di Alvar Aalto una strategia progettuale capace  di coniugare la lezione classica dell'architettura mediterranea, la dimensione più domestica della tradizione toscana medioevale e le universali esigenze umane più profonde. Una risposta perentoria alla crisi del funzionalismo europeo, allora in atto  in architettura. Per questo la casa sperimentale di Muuratsalo e il municipio di Saynatsalo rappresentano un momento decisivo per l'architettura di Aalto, e non solo, un momento di forte ripensamento nella ricalibratura di  nuove dimensioni e di atmosfere a cui tendere. Poi ci saranno altri capolavori nella sua produzione ma , ogni volta che penso ad Aalto, il mio corpo, la mia testa e il mio cuore mi riportano sempre alle emozioni provate in quei due piccoli edifici così distanti da noi eppure così familiari”.

  A sinistra in alto: Casa a Muuratsalo (foto Timothy Brown); a destra in alto: Villa Mairea (foto Iv Toran); in basso: municipio di Saynatsalo (foto Stefano Zaggia)

Distributivamente semplice, ma frutto di complesse ricerche sull’orientamento e la distribuzione delle funzioni, sulla sintesi materica, sul compenetrarsi di elementi artificiali antropici e sovrapposizione di microcosmi (il giardino) e macrocosmi naturali (la foresta), è un altro edificio domestico, forse il progetto più conosciuto di Alvar Aalto: Villa Mairea a Noormakku. Nella Villa si concretizza la forza della visione e della vista, che controlla interno ed esterno; il raffinato disegno dei particolari, come quello dei lucernari ruotati per raccogliere la luce di nord-est; la trasposizione della natura, della verticalità del bosco, all’interno della casa attraverso un sistema di pali verticali, dalla pensilina esterna al salone domestico. 

Lo spazio, frutto di studio e calcolo esatto, assume una sua dimensione empatica e diventa atmosfera potente. “Si deve ricercare un sintesi degli opposti, l’armonia non può essere ricercata con strumenti diversi da quelli dell’arte… In genere i problemi dell’architettura non si risolvono con la tecnica”, scriveva Aalto. Una dichiarazione di resa alla natura, superamento del razionalismo a favore di un’architettura percettiva e sensoriale.

Chiara Mezzalira

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