SCIENZA E RICERCA

Ahmed Zewail, il visionario egiziano

Lo scorso 2 agosto, a Pasadena, negli Stati Uniti, è morto a soli 70 anni, l’egiziano Ahmed Zewail, premio Nobel per la Chimica nel 1999 per aver, di fatto, inventato una nuova branca nella sua disciplina: la femtochimica.

Ahmed Zewail è stato il primo arabo ad aver vinto un Nobel scientifico. E, dopo il fisico pakistano Abdus Salam, il primo scienziato di religione islamica a essere premiato a Stoccolma. Come accade a molti dei grandi scienziati, Ahmed Zewail aveva anche grandi progetti politici: dare all’Egitto una vocazione scientifica, considerata l’unica opzione per uscire dalla condizioni di sottosviluppo. Per realizzare questa idea ha speso gli ultimi dieci anni della sua vita.

Ahmed Zewail è nato a Damanhūr, una città non molto distante da Alessandria d’Egitto. E proprio nella città che, da Euclide ed Eratostene fino a Ipazia, per settecento anni è stata il centro di quella scienza ellenistica che molti considerano la prima vera impresa scientifica nella storia dell’umanità, si è laureato. Ma come è successo e tuttora succede alle menti più brillanti dei paesi poveri, Zewail ha dovuto lasciare l’Egitto e cercare negli Stati Uniti d’America la possibilità di realizzare i suoi sogni scientifici. È così sbarcato all’Arthur Amos Noyes Laboratory of Chemical Physics del California Institute of Technology di Pasadena.

È qui che, sfruttando le proprietà di una nuova tecnologia, il laser, ha immaginato di poter fare quel che per un chimico era, fino ad allora, inimmaginabile: osservare una reazione chimica nel pieno del suo svolgimento, in quello “stato di transizione” in cui i legami tra gli atomi dei reagenti iniziano a rompersi e quelli dei prodotti iniziano a formarsi. Zewail ha capito che il laser gli offriva quella possibilità che il cinema – con una serie di immagini congelate grazie a fotografie scattate in rapida successione – aveva offerto alla fisica e alla biologia a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Solo che nei suoi primi anni, con una frequenza di 16 fotogrammi al secondo, la nuova tecnologia, il cinema, consentiva di congelare immagini ogni sedicesimo di secondo e, dunque, di poter seguire l’evoluzioni di azioni come la corsa di un cavallo o le circonvoluzioni di un ginnasta.

Anche applicata al microscopio la tecnologia cinematografica consentiva sì di seguire l’evoluzioni di azioni di oggetti invisibili ai nostri occhi ma con una velocità compresa tra un centesimo e un decimo di secondo. Era possibile seguire l’impatto di una goccia in un bicchiere di acqua, ma non il meccanismo di una reazione chimica. Perché la rottura e la formazione di legami chimici si svolgono a una scala decisamente più piccola (intorno al miliardesimo o decimiliardesimo di metro) e alla velocità dei femtosecondi (10-15, ovvero un milionesimo di miliardesimo di secondo) se non degli attosecondi (10-18, un miliardesimo di miliardesimo di secondo).  

Intorno al 1990 con la nuova a titanio-zaffiro in strutture dette mode-locking è possibile lanciare impulsi laser ultraveloci: nell’ordine prima dei picosecondi (10-12, ovvero un millesimo di miliardesimo di secondo) e poi di femtosecondi. È la svolta, per la cinetica chimica (la branca che si occupa delle reazioni nel loro divenire). Questi laser pulsati permettono di estendere ai tempi ultracorti quella che i chimici chiamano spettroscopia risolta nel tempo e di seguire la variazione nel tempo dell'interazione tra la radiazione e la materia. In pratica diventa possibile l’impossibile: “congelare” momento per momento tutte le fasi che portano i legami delle sostanze reagenti e la formazione dei legami dei prodotti in una reazione chimica. Il che significa la possibilità di capire nel profondo i meccanismi delle reazioni chimiche.

Ahmed Zewail è il primo, nel suo laboratorio di Pasadena, a cogliere l’occasione. Tanto da ricevere, già nel 1999 il premio Nobel “per i suoi studi sugli stati di transizione delle reazioni chimiche utilizzando uno spettroscopio al femtosecondo”. Nessun arabo e, dopo Abdus Salam, nessun islamico aveva mai ottenuto un Nobel scientifico.

Proprio come il fisico pakistano, Zewail ha dovuto emigrare per dare modo al suo genio di esprimersi. E proprio come Abdus Salam, l’egiziano considera quella che è stata data a lui una perdita di opportunità per il suo paese e per i paesi in via di sviluppo in generale. E ancora una volta come Salam – che a Trieste all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso insieme all’italiano Paolo Budinich ha creato un istituto di eccellenza, il Centro Internazionale di Fisica Teorica (ICTP), per formare alla fisica teorica i giovani dei paesi in via di sviluppo – Ahmed Zewail pensa che è suo dovere sfruttare l’autorevolezza che gli conferisce il Nobel per realizzare un progetto per iniziare a porre un rimedio sia al brain drain (il drenaggio dei cervelli) sia alla mancanza di sviluppo del suo paese.

All’inizio del nuovo secolo ritorna nel suo paese e chiede di parlare all’allora presidente Hosni Mubarak. Gli ricorda che intorno al 1980 la Corea del Sud era nelle medesime condizioni economiche e sociali dell’Egitto. Ma poi, in vent’anni, il paese asiatico ha raggiunto e spesso superato molti paesi occidentali, sia nella produzione che nella distribuzione di ricchezza. La Corea del Sud ha ottenuto questi risultati, ricorda Zewail, investendo in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico ed entrando a vele spiegate nell’economia vincente, quella fondata sulla conoscenza. “Noi egiziani dobbiamo fare altrettanto, recuperando il tempo perduto. Iniziando dalla base: la ricerca scientifica e la formazione dei giovani”.

La proposta è creare al Cairo una “Città della Scienza e della Tecnologia” di valore assoluto, in cui chiamare – sulla base unicamente del merito – i migliori scienziati disponibili, per produrre nuova conoscenza in una decina di settori scientifici e tecnologici e formare così i giovani egiziani alla migliore ricerca. Mubarak è d’accordo su tutto, tranne che su un punto: non intende concedere la totale autonomia alla comunità scientifica che Zewail vuole creare.

Poi, intorno al 2011, la scienza politica cambia. Mubarak viene deposto e Zewail ottiene dal nuovo governo il via libera. Il premio Nobel raccoglie fondi, tra pubblici e privati, per un miliardo di dollari e inizia a realizzare il suo sogno. Nel 2013 diventano operativi una decina di istituti e alcune centinaia di ragazzi iniziano a frequentare i laboratori della “Città della Scienza e della Tecnologia”. I primi conseguiranno una laurea nei prossimi mesi. Ma il piano di Ahmed Zewail è più ambizioso. Vuole che la sua cittadella scientifica abbia non solo più istituti, ma che formi non poche centinaia ma alcune migliaia di giovani egiziani. Insomma, per realizzare la “Città della Scienza e della Tecnologia” che ha immaginato occorre un altro miliardo di dollari, oltre che un sistema di finanziamento che continui nel tempo.

Qualcuno dice che Ahmed Zewail è capace di trovare quattrini con la stessa velocità con cui i suoi spettroscopi lanciano impulsi laser. La realizzazione del progetto è a portata di mano.

Ma ecco, il 2 agosto scorso, la notizia che nessun avrebbe voluto ricevere: a 70 anni Ahmed Zewail si è spento in una clinica di Pasadena. Lasciando un vuoto nella sua famiglia, composta dalla moglie e quattro figli, nella femtochimica e nella comunità scientifica araba. Ma lasciando anche una domanda aperta: che ne sarà della sua “Città della Scienza e della Tecnologia” lì al Cairo? Gli scienziati che era riuscito a raccogliere intorno al progetto hanno già dichiarato l’intenzione di continuare e portarlo a termine. La speranza è che tra loro ci sia un visionario con la lungimiranza e, insieme, la concretezza di Ahmed Zewail.   

Pietro Greco

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