IN ATENEO

All’università di Padova 39 posti da ricercatore

Via libera al piano straordinario per il reclutamento di 861 ricercatori universitari. Il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Stefania Giannini ha firmato il decreto che dà attuazione a quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2016. All’università di Padova spettano 39 posti.

Si parla di ricercatori che le università potranno poi confermare come professori associati dopo il contratto triennale. Lo stanziamento previsto è infatti di 47 milioni per il 2016 e di 50,5 milioni a decorrere dal 2017 e copre anche il cofinanziamento per il passaggio al ruolo di professore di II fascia qualora, al termine del triennio, i ricercatori risultino in possesso dell’abilitazione scientifica e abbiano ricevuto la valutazione positiva da parte dei loro atenei.

“Spesso si dice che i frutti della valutazione non sono tangibili, che ci esponiamo a un grande impegno per la valutazione ma il ritorno è modesto, che essere primi in fondo non ha un grande impatto – afferma il rettore dell’università di Padova Rosario Rizzuto – Questo non è vero: lo vediamo sul nostro bilancio, 15 milioni di euro di quota premiale per il nostro ateneo, una cifra molto ampia pari a quanto investiamo, per esempio, su ricerca o didattica. Ma il bellissimo risultato di oggi ne è un esempio clamoroso, su un tema che sta a tutti noi particolarmente a cuore: il reclutamento dei giovani. Abbiamo avuto 39 nuove posizioni, mentre unicamente sulla base della nostra dimensione ne avremmo dovute avere 31: abbiamo quindi ottenuto quasi il 25% in più di posti. È la quota premiale più alta di tutti gli atenei, terzi a livello assoluto dietro a università molto più grandi di noi ma con un rapporto docenti in ruolo/nuove posizioni più favorevole: Padova ha un nuovo ricercatore ogni 53 docenti, Bologna uno ogni 56, Roma La Sapienza uno ogni 76. Ed è anche per motivi come questo, nonostante le critiche che riteniamo di fare alle procedure relative alla Valutazione della Qualità della Ricerca, che resto fermamente convinto che l’ateneo debba farsi valutare sia perché è un dovere di chi riceve finanziamenti pubblici e li usa con rigore, sia per mantenere gli ottimi risultati che questa valutazione ci porta, che rischieremmo altrimenti di perdere”.

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