SOCIETÀ
Le Alpi, rifugio e megafono per anime libere
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Foto: Markus Kirchgessner/laif
Uomo libero, sempre avrai caro il mare! È la celebre affermazione di Charles Baudelaire, ampliamente citata e condivisa, quasi mai messa in discussione. Al tema ha dedicato una serrata analisi storico letteraria Bjorn Larsson con il saggio Raccontare il mare (Iperborea) dove lo scrittore svedese celebra e nondimeno ridimensiona più di un mito romantico: "Per i terraioli, si sa, il mare è soprattutto uno spazio di sogno e di miti. È il simbolo quasi parodistico della libertà e della partenza verso esotici lidi ", scrive Larson, "Per il marinaio esperto, invece, il mare è un luogo che più concreto di così non potrebbe essere, un luogo di lavoro dove l’errore di giudizio, la negligenza e la leggerezza hanno la loro immediata punizione".
E se l'estrema concretezza del mare (drammaticamente evidente in tempi di disperate traversate di migranti) non è forse universalmente riconosciuta, perlomeno non tanto quanto il connotato di libertà "quasi parodistica" che gli si associa, nessun dubbio sorge mai rispetto alla montagna, perlomeno a parole, visto che tante se ne sprecano in merito: la montagna è tangibilmente dura e severa e non perdona. Evoca naturalmente rigore, se non rigidità, e poco si presta al collegamento con trame e protagonisti anomali e devianti.
A rivendicare invece la vocazione dei monti (delle Alpi nella fattispecie) ad essere rifugio e megafono per anime libere e diverse, ci ha pensato Enrico Camanni, alpinista e giornalista torinese, col suo Alpi Ribelli, appena uscito presso Laterza.
Le storie di montagna, resistenza e utopia promesse dal sottotitolo del saggio, sono quelle di anarchici, eretici, partigiani, ambientalisti, lupi, soggetti che viaggiando in direzione "ostinata e contraria" sono finiti col trovare nelle Alpi accoglienza e consonanza. La galleria di personaggi e biografie offerta da Camanni è densa e piena di intersezioni tematiche e scorre energica come la corrente di un giovane fiume alpino: parte da un premessa critica sui miti fondativi della cultura nordalpina, da Guglielmo Tell a Johanna Spyry (anche Heidi è parte del manifesto ideale per una montagna retoricamente libera) quindi comincia la narrazione vera e propria dall'eresia millenarista di Fra’ Dolcino.
Il racconto delle vicende del predicatore che Dante profeticamente collocò all'inferno tra i seminatori di discordie e scismi (ad attenderlo quale compagno di bolgia il Sommo Poeta mise Maometto, che alla montagna non andò), sfocia in quello della persecuzione subita dai più antichi protestanti italiani, i Valdesi, comunità che ha legato inesorabilmente la sua storia alle montagne alpine. Sono cronache antiche dal sapore di favola nera che l'autore giustappone al racconto, narrando di un passato prossimo e tormentato in cui si avvicendano alpinisti resistenti contro la cultura dello sci di massa e la mercificazione della montagna, sostenuti da giornalisti illuminati: Guido Ceronetti con Reinhold Messner e Alex Langer, Tina Merlin, che annunciò la tragedia del Vajont e Giovanna Zangrandi, partigiana, scrittrice, "montanara per scelta e ribelle per natura".
Cronista appassionato con una certa inclinazione per i fuoripista narrativi, Camanni intreccia le storie plumbee del ‘68 alpinistico di Guido Rossa (sindacalista e uomo di montagna ucciso dalle Brigate Rosse) all'avventura alternativa dei rari alpinisti europei alla scoperta delle pareti granitiche dello Yosemiti californiano e dello spirito che lassù si respirava: quello di un'arrampicata estrema che però non mira e non termina su una vetta aguzza ma finisce in prati e altipiani. Ci furono scalatori italiani, si legge in Alpi Ribelli, che mai attraversarono l'oceano e che pure cercarono di fare rivivere su sassi nostrani quella scalata da Beat Generation, arrampicatori in scarpe da tennis che amavano "i bivacchi scanzonati, gli orari rilassati, le immagini, le visioni".
La montagna evocata in Alpi Ribelli è allo stesso tempo contundente, accogliente e fiabesca come i Sentieri di Nidi di Ragno battuti dal piccolo ribelle Pin di Italo Calvino; è quella che dà sfondo e ragione alle battaglie dei NO TAV, descritte con gran copia di dettagli di cronaca giudiziaria, e si fa collegamento tra questa e un'altra dimensione in molte mitologie, compresa quella elaborata da René Daumal nel suo romanzo d'avventure "non euclidee e simbolicamente autentiche": il Monte Analogo. Un trattato incompiuto di metafisica dell'alpinismo, che Camanni cita e di cui Daumal stesso diceva: "È questa la ricerca della montagna simbolica che unisce il Cielo alla Terra: via che deve materialmente, umanamente esistere, perché se no, la nostra situazione sarebbe senza speranza…".
Silvia Veroli