SCIENZA E RICERCA

Anno nuovo, armi nuove: gli Avangard di Putin

Mantenendo quanto a suo tempo promesso, il 27 dicembre scorso il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato lo schieramento di un primo reggimento di missili con testate costituite dai nuovi veicoli ipersonici Avangard. 

Il capo delle forze strategiche russe, il generale Sergei Karakaev, ha precisato che le nuove armi sono assegnate alla 13ma divisione missilistica con sede a Dombarovsky, nella regione di Orenburg, negli Urali meridionali. I primi sei Avangard (ovvero Project 4202 o Yu-71/Yu-74) vanno a costituire il veicolo di rientro di sei missili balistici RS-18 UR-100NUTTH (per la NATO SS-19), rimpiazzando il corrente carico utile costituto da 6 testate da 400 kton (MIRV); ogni Avangard è armato da una testata con resa fino a 2 Mton. Un secondo schieramento di 6 Avangard è previsto entro il 2027. 

La nuova arma rientra fra i sistemi strategici limitati dal trattato New START, in vigore fino al 2021, e il ministro della difesa russo Sergei Shoigu ha confermato di aver presentato l’Avangard a un gruppo di ispettori americani, come misura di trasparenza prevista dal trattato.

A differenza delle testate correnti, che una volta sganciate dal vettore seguono una traiettoria balistica fuori dell’atmosfera per rientrare solo in prossimità del bersaglio, l’Avangard è un veicolo ipersonico planante (HGV), che, dopo aver percorso un minimo tragitto balistico, si assesta a circa 100 km di altezza, quota che poi mantiene planando per oltre 6.000 km a velocità fino a Mach 20 (quasi 6,6 km/s), “cavalcando” l’onda d’urto da esso stesso generata. Pur senza mezzi di propulsione, un HGV può modificare la propria traiettoria, al prezzo di perdita di velocità. Sia per la manovrabilità che per il tipo di traiettoria, un HGV può più facilmente evitare i sistemi antimissile, in particolare quelli ottimizzati per attaccare il missile nemico nella fase balistica. 

Da qualche anno è in atto una dura competizione fra Cina, Russia e USA per lo sviluppo di armi ipersoniche, sia di tipo HGV che di missili cruise ipersonici (HCM), con programmi di ricerca anche in Francia, India e altri paesi (vedi https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/nuove-wunderwaffen-missili-ipersonici), e Putin ha potuto sottolineare il successo sui competitori, paragonando lo schieramento degli Avangard al lancio dello stesso Sputnik.

Il regime di volo ipersonico pone problematiche crescenti al crescere della velocità, riguardanti aspetti sia fluidodinamici altamente non lineari, che termici lontani dall’equilibrio con importanti gradienti d’entropia, incluse alterazioni chimiche dell’atmosfera e l’innesco di processi di ionizzazione. La padronanza della tecnologia ipersonica richiede quindi il superamento di formidabili barriere tecniche: la gestione degli effetti termici, anche con la produzione di materiali speciali, il controllo dell’assetto e del volo, i sistemi di guida ad alta precisione, la comunicazione superando l’involucro ionizzato. Putin ha appunto precisato che per il controllo termico degli Avangard sono stati sviluppati materiali composite speciali, in grado di sopportare temperature fino a 2000 °C. Alcuni esperti hanno comunque sollevato dubbi sull’effettiva manovrabilità degli Avangard.

Il quadro strategico russo

La motivazione della nuova arma è stata chiaramente indicata da Putin: sconfiggere le difese missilistiche americane. “Questa è un’arma del futuro che può penetrare i sistemi di difesa antimissile sia esistenti che futuri.” L’Avangard è la prima delle armi di nuova concezione previste nel quadro di modernizzazione che Putin esposto nel suo discorso del 1° marzo 2018. 

Il ritiro americano dal trattato ABM nel 2002, ha spiegato Putin, è stato motivato dalla convinzione che la Russia fosse diventata così debole da poter essere semplicemente ignorata, permettendo agli Stati Uniti di perseguire “il massimo vantaggio militare unilaterale al fine di dettare in futuro i termini in ogni contesto.” Da allora, inoltre, gli Stati Uniti hanno implementato un numero crescente di sistemi anti-missile balistico in giro per il mondo. Per cui, “se non facciamo qualcosa, alla fine si arriverà alla completa svalutazione del potenziale nucleare della Russia. Ciò significa che tutti i nostri i missili potrebbero essere semplicemente intercettati.” 

Pertanto, la Russia sta “lavorato intensamente” su una panoplia di nuove armi strategiche: il nuovo missile intercontinentale “pesante” Sarmat, in grado di lanciare un gran numero di testate manovrabili, il missile cruise a propulsione nucleare e alta manovrabilità Burevestnik, il siluro a propulsione nucleare con raggio d’azione intercontinentale Poseidon, il missile balistico manovrabile Kinzhal lanciato da aereo (ALBM) con gittata di 2000 km (oltre al raggio d’azione dell’aereo vettore), il laser mobile Peresvet per impedire l’osservazione del lancio di missili balistici, oltre al potenziamento per tutti i missili esistenti di contromisure per la penetrazione di sistemi ABM. 

La molteplicità dei programmi, in gran parte basati su tecnologie non provate, può garantire il raggiungimento dell’obiettivo anche se alcuni di essi non raggiungano la maturità. Un’altra motivazione per i differenti progetti è una strategia di rafforzamento reciproco, completandosi a vicenda a rafforzare la fiducia nella capacità di ritorsione russa a ogni attacco. Il fatto è che la Russia oggi si sente priva di una zona cuscinetto a sua protezione e assediata da una NATO più potente nelle forze convenzionali, per cui affida la sua sicurezza militare al proprio deterrente nucleare.

La notizia dello schieramento degli Avangard si accompagna a un’offerta russa incondizionata a estendere il New START, che limita il numero armi strategiche con capacità nucleare. La risposta ai programmi antimissilistici può essere quantitativa, ossia la moltiplicazione delle forze offensive, ma la strategia russa appare piuttosto qualitativa: mira a invalidare la politica americana con la diversità dei sistemi di attacco, anziché con numeri sempre crescenti.

Prospettive

La reazione americana agli sviluppi russi (e cinesi) nel campo delle armi ipersoniche è stata espressa lo scorso agosto da Michael D. Griffin, sottosegretario alla difesa per la ricerca e la tecnologia: gli USA devono mantenere la superiorità tecnologica in tutti i campi bellici e pertanto intendono dare priorità alla realizzazione delle varie armi ipersoniche e al contempo mirare a sistemi anti-missile ipersonico. Questo a prescindere dalla definizione di motivazioni strategiche per tali armi: d’altra parte Russia e Cina non hanno sistemi anti-missile e quindi gli USA non hanno la necessità di sistemi ad alta penetrazione delle difese avversarie. 

Si va quindi verso una corsa alle armi ipersoniche, che presenta molti aspetti destabilizzanti per l’equilibrio strategico globale, aumentando le incertezze e i rischi di escalation del confronto militare in caso di conflitto. La rapidità delle armi ipersoniche e le incertezze sulla loro natura e obiettivi creano nei paesi coinvolti il timore che le proprie forze cruciali —in particolare le armi nucleari— siano vulnerabili ad attacchi preventivi di sistemi ipersonici (convenzionali o nucleari); ciò può creare pressioni a usare, o minacciare di usare, tali forze per primi, generando una pericolosissima instabilità in situazioni di crisi. 

Questa nuova competizione fra le grandi potenze, che si aggiunge agli enormi processi di modernizzazione globale degli armamenti in un clima di dura contrapposizione, conferma quanto sia destabilizzante per l’equilibrio strategico mondiale lo sviluppo dei sistemi anti-missile sia globali che per una difesa puntuale. 

Ciò era stato ben compreso dai governi americano e sovietico che nel 1972 hanno appunto concluso il trattato ABM, per limitare al minimo (di fatto eliminare) le difese missilistiche, trattato cruciale per invertire la corsa agli armamenti nucleari e portare alle significative riduzioni delle armi dei decenni successivi. Particolarmente deleteria pertanto la decisione del presidente americano George W. Bush di recedere dal trattato (13 dicembre 2001), che ha cessato di valere sei mesi dopo, e di lanciare un intenso programma per sistemi ABM, provocando il fallimento dei negoziati per il trattato START III, che mirava a significative riduzioni delle armi strategiche. 

Nonostante i grossi investimenti, i vari programmi ABM americani sono ben lungi da garantire una significativa efficacia, ma generano in Cina e Russia incertezza sulla sicurezza delle loro forze di reazione spingendo alla presente situazione di rinnovamento dei sistemi nucleari “tradizionali” e la ricerca di nuove armi “esotiche” e la militarizzazione dello spazio. In condizioni normali, con governanti razionali, sarebbe tempo di riprendere in considerazione un nuovo trattato ABM, cruciale per bloccare sviluppi destabilizzanti e rafforzare la debole speranza di un disarmo nucleare.

alessandro pascolini

ALESSANDRO PASCOLINI

Alessandro Pascolini è uno studioso senior dell’Università di Padova, già docente di fisica teorica e di scienze per la pace, ed è vice-direttore del Master in comunicazione delle scienze. Si occupa di fisica nucleare, controllo degli armamenti e divulgazione scientifica. Dal 1988 al 2002 è stato responsabile delle attività di promozione della cultura scientifica dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, producendo una sessantina di mostre in Italia e all’estero e predisponendo testi e materiali audiovisivi, cinematografici e multimediali. La Società Europea di Fisica gli ha conferito il premio 2004 per la divulgazione scientifica. È vicepresidente dell’ISODARCO e partecipa alle Pugwash Conferences on Science and World Affairs.

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