IN ATENEO

A tu per tu con Luca Chiumento, campione del mondo 2019 di canottaggio ed allievo ingegnere civile all’Università di Padova

Raggiungo Luca all’associazione Canottieri Padova in un nuvoloso venerdì mattina di agosto. Luca si è già allenato un paio d’ore sul Bacchiglione ed abbiamo circa un’ora prima che prenda il treno che lo porterà a Sabaudia (Latina), per l’ennesimo ritiro sportivo. 

Mi accoglie un ragazzo alto e sorridente, ciuffo biondo, occhi azzurri e pelle cotta dal sole delle tante ore spese a vogare nei fiumi. Irradia serenità ed entusiasmo. Contattato per l’intervista via Facebook qualche giorno fa, ha condiviso con noi la preoccupazione di non essere lo “studente modello” che forse cercavamo; nonostante l’enorme gioia della vittoria ai mondiali under 23, ci fa sapere che vive una vita complessa, un puzzle con tanti pezzi che non sempre è facile incastrare tra loro.

Ed è proprio di questo che vogliamo parlare, di come sia possibile (e non sempre facile) coniugare grandi successi sportivi e prestazioni atletiche da “primi del mondo” con tutte le normali difficoltà di una vita da ventenne padovano.

Partiamo dall’inizio. Come è incominciato tutto? Come hai scoperto il canottaggio?

Ad 11 anni decisi che il calcio non faceva per me, ma mia madre mise subito in chiaro che passare l’estate a poltrire sul divano non era un’opzione: mi iscrissi così ad un corso della Canottieri Padova con mio cugino... e fu subito colpo di fulmine.

In generale il canottaggio è uno sport sconosciuto ai più, nonostante a Padova vi sia una tradizione atletica fortissima: la Canottieri Padova – fondata nel 1909 - conta più di mille iscritti ed ha espresso nei decenni atleti di calibro nazionale ed internazionale, come Rossano Galtarossa (pluridecorato atleta padovano che ha partecipato a 5 Olimpiadi consecutive, da Barcellona ’92 a Pechino 2008).

“Ciò che più amo del canottaggio, è il prezioso e delicato equilibrio che si crea tra l’atleta, la sua barca ed il fiume. È come un mondo a sé, distante dalla vita concitata di ogni giorno: esistono solo la fatica fisica e la concentrazione sull’obiettivo finale, è uno sport individuale e durissimo"

Spesso quando vado ad allenarmi mi dico, ridendo tra me e me: “Anche oggi devo soffrire”. È una relazione di amore e odio quella che si ha con questa disciplina: la fatica è immensa, la stanchezza ti assale a più riprese, la motivazione deve arrivarti da dentro, ogni singolo giorno.

Fa sorridere pensare che, agli inizi, tutti pensavano che non avrei mai avuto un futuro come vogatore. Da bambino avevo un fisico minuto, il canottaggio mi piaceva e mi impegnavo molto ma tutti pensavano: “Che peccato, ce la mette tutta ma non ha il fisico adatto”.

Poi arrivarono gli anni dello sviluppo ed il mio corpo cambiò completamente: il canottaggio è uno degli sport più completi che esistano e se fatto in giovane età permette di sviluppare i muscoli di tutto il corpo, gambe, tronco e braccia. 

Accanto allo sport, studi anche all’Università di Padova. Come si coniugano le due cose?

Con grande difficoltà. Sono iscritto ad ingegneria civile, ma mi mancano ancora diversi esami per la laurea. Nonostante l’Università preveda tutta una serie di incentivi e facilitazioni molto efficaci per chi realizza una doppia carriera, accademica e sportiva, e nonostante la grande disponibilità di docenti e compagni di corso, sempre pronti ad aiutarmi e venire incontro alle mie richieste, rimane il fatto che, per il livello a cui sono, mi devo allenare circa 13-14 volte a settimana, almeno 3 ore al giorno.

Ingegneria civile mi piace molto, sono sempre stato attratto dalle materie tecniche sin dagli studi da geometra, ma ultimamente ho cominciato a pensare che anche una laurea in ambito sportivo potrebbe essere più in linea con il percorso di vita che ho intrapreso. 

“A volte mi piacerebbe potermi vivere di più le relazioni ed il tempo libero: stare con la mia famiglia, vedere più spesso gli amici, frequentare le lezioni all’Università, avere modo di coltivare una relazione sentimentale che – al momento – sembra un miraggio. Ma la chiamata del fiume e delle competizioni che mi aspettano è ancora troppo forte…”  

E parlando di gare, cosa ti aspetta nei prossimi anni? E dove ti vedi da qui a 5-10 anni?

Al momento sono completamente focalizzato sulle Olimpiadi di Tokyo 2020: le qualificazioni sono aperte e mi aspettano diversi appuntamenti dove intendo dare il meglio. Solo così posso giocarmi l’opportunità di volare in Giappone.

Poi ovviamente mi piacerebbe completare il mio percorso di studi, laurearmi e cominciare a costruire una carriera da professionista. Desidero molto impostare una relazione felice e duratura, ma mi rendo conto che questo richiede tempo ed energia...  spero di dedicarmici quando avrò trovato un maggior equilibrio ed una mia stabilità nella vita.

A chi ci legge, ma soprattutto ai tuoi coetanei, agli studenti che magari studiano e lavorano al contempo, a chi ha difficoltà a casa e fatica a frequentare tutte le lezioni, a chi tante volte ha la tentazione di fermarsi nel suo percorso accademico e lasciar perdere… cosa ti senti di dire?

Ciò che il canottaggio mi ha insegnato è che la motivazione deve venire da dentro di noi. Rispetto al calcio, non c’è una dimensione simile di squadra, di tifo, di spettacolo… ogni singolo istante in barca devi essere focalizzato su ciò che stai facendo, curare ogni singolo movimento, non perdere mai il ritmo, ignorare i muscoli che vorrebbero solo mollare il remo. 

 “Il lavoro paga è il mio mantra”, me lo ripeto sempre. Solo con l’impegno e con il sacrificio si porta a casa qualcosa. Al di là di quelle che possono essere le inclinazioni personali di ciascuno, chi per lo sport, chi per i libri, chi per il sociale ecc., solo chi suda e fatica per portare a casa il risultato, ci riesce.”

Aver raggiunto questo livello mi porta a sentirmi in competizione con il resto del mondo. Ogni giorno – quando mi alleno - so che se non do il massimo ci sarà qualcuno, in Italia o in qualche altro Paese, che invece non si è arreso, che si è allenato quei 500 metri in più, e che si prepara a prendere la “mia” medaglia, alla prossima competizione. 

A volte penso che la vera difficoltà non sia vincere, ma riconfermarsi. Emergere, salire sul podio, significa anche esporsi, diventare il riferimento da battere per chi – su quel podio – vuole salirci al posto tuo. 

Questo non mi dà ansia o apprensione ma mi motiva ancora di più a dare il massimo in palestra, quando mi alleno e quando vado in gara. È un’emozione bellissima.

Associazione Alumni Università di Padova

ASSOCIAZIONE ALUMNI UNIVERSITÀ DI PADOVA

L’Associazione Alumni dell’Università degli Studi di Padova nasce nel 2015 per unire gli Alumni dell’Università degli Studi di Padova all’interno di una comunità a cui tutti possano avere libero accesso e pari considerazione nel nome dei valori fondanti dell’Ateneo. Nel nome della Patavina Libertas, l’Associazione riunisce, rappresenta e valorizza questa comunità di persone: un progetto importante ed ambizioso che vuole raccontare, raccogliere e mettere a frutto il grande patrimonio di esperienze, competenze e professionalità che distinguono nel mondo chi ha studiato all’Università degli Studi di Padova. www.alumniunipd.it

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