IN ATENEO

Bo, preghiera laica per gli studenti di Garissa

84 corpi a terra nel cortile di un’università. Non si tratta di Garissa, in Kenya: il teatro è il Bo, cuore dell’università di Padova, e gli studenti sono i nostri ragazzi. La foto della performance viene pubblicata oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera e nasce da un’idea dello scrittore Paolo Giordano raccolta da Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Benetton Group, dal rettore Giuseppe Zaccaria e dagli studenti dell’ateneo.

Ci sono morti che pesano e segnano la storia e altre che passano quasi inosservate. L’assassinio di 147 studenti cristiani il 2 aprile a Garissa ad opera di fondamentalisti islamici ha provocato un orrore, svaporato come un’emozione fugace per un fatto che non ci riguarda così da vicino.

“Come indica il motto dell’università di Padova ‘Universa Universis Patavina Libertas’ – spiega Sofia Sutera, una delle studentesse partecipanti all’iniziativa nel Cortile Antico del Bo – la libertà è la conquista più grande che si possa raggiungere e per cui bisogna sempre lottare perché in ogni momento nuovi fondamentalismi possono cercare di portarcela via”. “Quei ragazzi – scrive Ana Camila Annarelli, 22enne studentessa di psicologia – avremmo potuto essere noi. Quei ragazzi erano come noi. Persone che si stavano creando un futuro seguendo i propri sogni, le proprie ambizioni, persone che come noi volevano raggiungere i propri obiettivi. E invece sono state strappate dalle loro stesse vite”. Anche il rettore Zaccaria ha sottolineato come l’università “fin dalla sua fondazione 800 anni fa si è battuta contro la tirannide e ogni forma di oppressione, di mancanza di libertà di pensiero: non può quindi non essere vicina alle vittime del terrorismo”.

La fotografia realizzata da Fabrica nel Cortile Antico del Bo riproduce in maniera quanto più simile possibile quella circolata su twitter degli studenti nel cortile morti a Garissa. “In un certo senso, la performance di Padova è stata un modo per pregare per gli studenti kenioti – scrive oggi Paolo Giordano sul Corriere – di pregare in maniera laica, adeguata a un tempio dell’istruzione e del sapere, uniti non da una fede ma dall’appartenenza comune all’idea di università – qualcosa che non ha veri confini territoriali né temporali, qualcosa di universale, come suggerisce la parola”.

L'intervista di Radiobue.it a Paolo Giordano

#weareallstudents #garissaAttack

 

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