SCIENZA E RICERCA

All’università di Padova gli strumenti ammirati da Voltaire

“Sono stato alla corte di Lorena [...] Vi è uno stabilimento ammirevole per le scienze, poco conosciuto [...] È una grande sala tutta provvista delle nuove esperienze di fisica, e in particolare di tutto quanto riguarda il sistema newtoniano. Vi sono macchine di ogni tipo per un valore di circa diecimila scudi. Un semplice fabbro divenuto filosofo, e mandato in Inghilterra dal fu duca Leopoldo, ha fatto di sua mano la maggior parte di queste macchine, e le usa per dimostrazioni con grande precisione. Non vi è in Francia nulla di simile a questo stabilimento”.

Così scrive nel 1735 Voltaire, in visita presso la corte dei Lorena al castello di Lunéville. E precisa a proposito del “semplice fabbro divenuto filosofo” che si tratta di “un eccellente fisico, chiamato Vayringe”. Ormai rarissimi, quattro di questi splendidi strumenti sono oggi conservati al museo di Storia della fisica dell’università di Padova. Ma come sono arrivati qui, e chi era il loro artefice? Le recenti ricerche svolte sulla collezione del Museo e su diversi documenti dell’epoca permettono di gettare nuova luce su uno straordinario intreccio di personaggi e vicende, politiche e scientifiche, nell’Europa del Settecento.

Siamo nel cuore del secolo dei Lumi. La nuova scienza sperimentale, che si era sviluppata nel corso del Seicento, iniziava a conquistare un pubblico sempre più vasto; nuove lezioni di fisica, illustrate da dimostrazioni ed esperimenti - di meccanica, pneumatica, idrostatica, ottica e, a partire dagli anni attorno al 1740, di elettricità - si stavano diffondendo attraverso l’Europa. Sotto la spinta di Newton e dei suoi epigoni, la fisica sperimentale – chiamata all’epoca anche “filosofia sperimentale” –, cominciava così a conoscere un marcato successo non solo nelle accademie scientifiche, ma anche nelle Corti e nei Salotti. Nuovi strumenti venivano specificatamente sviluppati e i cosiddetti Gabinetti di Fisica, collezioni omogenee di strumenti scientifici, si andavano moltiplicando in tutta Europa. Anche le università iniziavano poco a poco ad aprirsi al nuovo metodo scientifico attraverso la creazione di cattedre dedicate.

A Padova, la cattedra di filosofia sperimentale viene creata nel 1738, fra le prime in Italia, e affidata a Giovanni Poleni, già professore di astronomia, matematica e di filosofia presso l’ateneo. Da subito, Poleni si impegna con tenacia per tenere le nuove lezioni con la “dignità” che si confà alla “grandezza della materia”, esponendo diverse richieste in questo senso nelle numerose lettere che scrive alle autorità veneziane da cui Padova, allora sotto il dominio della Serenissima, dipendeva. Così, mentre era corrente in quegli anni dare lezione presso la propria abitazione, Poleni riesce invece a ottenere la costruzione nel palazzo stesso dell’università – il palazzo del Bo - di una apposita sede, una “specie di teatro per li spettatori”. Non solo, ma ottiene anche di anno in anno i finanziamenti necessari per acquisire gli strumenti indispensabili per il corso. Restava però ancora da risolvere un problema cruciale: dove reperire questi strumenti, oggetti all’epoca ancora poco diffusi ed estremamente costosi?

Solo in Inghilterra, di fatto, il mercato della strumentazione era fiorente, mentre erano ancora molto rari sul Continente i costruttori professionisti di apparati scientifici. Spiccavano fra questi gli atelier di Pieter van Musschenbroek a Leida, in Olanda, e dello scienziato Jean Antoine Nollet, a Parigi. Proprio da loro Poleni acquista alcuni strumenti, mentre fa costruire da artigiani locali i componenti di diversi apparati, facendoli poi assemblare sul posto sotto la sua guida diretta. Acquista inoltre alcuni apparecchi da costruttori italiani specializzati in un particolare settore  – strumenti ottici a Venezia, ad esempio, o oggetti di vetro a Como – ma ancora non è sufficiente. Si rivolge quindi al contempo a vari dei suoi corrispondenti per chiedere ulteriori informazioni su eventuali costruttori, venendo così a conoscenza dell’esistenza di Philippe Vayringe da Antonio Agelli, un membro dell’Inquisizione stabilitosi a Firenze.

Nato in Lorena nel 1684 in una famiglia contadina, Philippe Vayringe era riuscito a diventare un ottimo orologiaio, tanto che le sue straordinarie doti di meccanico avevano attirato l’attenzione del duca Leopoldo di Lorena. Prendendolo sotto la propria protezione, questi lo aveva inviato a formarsi in Inghilterra presso John Th. Desaguliers, uno dei primi a tenere a Londra lezioni pubbliche di fisica sperimentale. Al suo ritorno in patria, Vayringe aveva portato con sé numerosi degli strumenti costruiti nell’atelier di Desaguliers, continuando poi ad arricchire la collezione ducale con nuovi apparati di sua produzione. Vista la profonda conoscenza da lui acquisita sugli strumenti e gli esperimenti classici dell’epoca, il duca di Lorena lo aveva nominato professore di fisica sperimentale presso l’Accademia da lui fondata al castello di Lunéville. (1-continua)

Sofia Talas

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