UNIVERSITÀ E SCUOLA

Apre il Giardino della biodiversità: "Sfida culturale all'avanguardia"

Ha aperto al pubblico il Giardino della biodiversità dell'Orto botanico di Padova, il più antico del mondo. L'inaugurazione ha visto la presenza del rettore de l'Avana, professor Carlos Manuel Perez Cuevas, Francesca Lambertucci, Event manager di Padiglione Italia di Expo 2015, il sindaco di Padova Massimo Bitonci, il vicepresidente della Regione Veneto Marino Zorzato, il sottosegretario di Stato del ministero dell'Ambiente con delega all'Expo Barbara Degani e, in rappresentenza del ministro Franceschini, il sottosegretario di Stato Ilaria Borletti Buitoni. Ha aperto il discorso del rettore Giuseppe Zaccaria.

Il 29 giugno 1545 il Senato della Repubblica di Venezia istituiva con proprio decreto l’Hortus Simplicium, accogliendo la richiesta di Francesco Bonafede di disporre di un laboratorio per la coltivazione e lo studio delle piante officinali.

Il 7 luglio 1545 Domenico dell’Abbaco Perdicador di Commun in occasione della stipula del contratto d’affitto all’università di Padova dell’area messa a disposizione dai monaci benedettini per realizzare il nuovo Horto Simplicium attestava che tale area misurava “campi cinque, quarti tre manco tavole venti”: dunque poco più di cinque campi, cioè circa due ettari, organizzati a pianta circolare, con un quadrato inscritto scandito in quattro quadrati minori da due assi viari rivolti verso i quattro punti cardinali e perpendicolari tra loro. Non è difficile cogliere in questo hortus sphaericus un’esplicita allusione all’immagine, alla matematica e all’armonia del cosmo, all’interno di un disegno straordinario, concepito da Daniele Barbaro  ma al quale molto probabilmente collaborò Andrea Moroni, autore in quegli anni di importanti opere civili e religiose, dalla basilica di S. Giustina al Palazzo comunale allo stesso palazzo del Bo.

Non si può fare a meno di sottolineare come la realizzazione dell’Orto medicinale del nostro Studium Patavinum, il primo Orto universitario al mondo, “all’origine di tutti gli orti botanici del mondo”, come riconosce l’Unesco che nel 1997 inserisce il sito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, sancendone lo status di bene culturale da preservare, costituisca un’altissima testimonianza della cultura scientifica dell’età moderna. Ancor oggi è degna di ammirazione l’intuizione innovativa di Francesco Bonafede di passare dallo studio delle piante terapeutiche condotto sui libri e sugli erbari, alla loro ostensione e coltivazione in un vero e proprio laboratorio all’aria aperta. Ma è anche ammirevole la lungimiranza di Venezia che autorizza le nuove modalità di insegnamento, intuendo come la coltivazione e la diffusione di un incredibile numero di specie vegetali esotiche arrivate a Venezia da ogni parte del mondo potesse essere un potente veicolo di reputazione per la Serenissima. È per questi motivi oltre che per la sua bellezza che nei secoli l’Orto ha acquistato una fama estesa ben al di là dei confini nazionali, ponendosi al centro di una fitta rete di relazioni internazionali e diventando un modello per gli scienziati, ma anche per i letterati e gli uomini di cultura, che lo hanno sempre considerato come un gioiello della Padova artistica e universitaria. Basti citare i nomi di Linneo, ideatore del sistema tassonomico di nomenclatura binaria ancora in vigore, che dedicò la denominazione di alcune piante a illustri Prefetti dell’Orto, e di Goethe, che dopo aver visitato il 27 settembre 1786 il giardino, lo descrive come “leggiadro e ridente” e di fronte a quella palma di S. Pietro che sarebbe stata poi denominata “Palma di Goethe”, a tutt’oggi viva e vegeta, per la prima volta concepì l’idea della possibile origine di tutte le specie vegetali da un’unica Urpflanze (pianta originaria). 

Oggi, 469 anni dopo la sua creazione, all’antico Orto botanico, senza certo tradire la sua identità e la sua storia, si affianca una nuovissima struttura, che consente di ampliare notevolmente, da 22.000 a 37.000 metri quadrati la superficie per le piante e per il pubblico, divenuta con il tempo insufficiente ed angusta. Ciò avviene con un edificio innovativo e supertecnologico, progettato per ridurre il più possibile l’impatto ambientale: una grande teca di vetro lunga circa 100 metri e larga 18, autosufficiente dal punto di vista idrico e studiata per ridurre i consumi di energia e ottimizzare le risorse disponibili attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili provenienti dal sole.

La strada che oggi porta finalmente ad inaugurare il Giardino della Biodiversità parte da lontano. Nel 2002, anche grazie ad un primo finanziamento inserito nella legge Finanziaria dal senatore Paolo Giaretta, è offerta all’ateneo la possibilità di ampliare l’area dell’antico Orto acquisendo un terreno confinante dai Padri Gesuiti, e così potendo disporre di una più ampia zona di salvaguardia per l’Orto storico e di uno spazio molto maggiore per le piante, ormai racchiuse in un perimetro angusto che limitava le potenzialità di sviluppo scientifico. Un concorso internazionale per lo sviluppo dell’Orto botanico bandito nel 2004 ed il successivo lavoro di una commissione internazionale composta dai maggiori esperti europei hanno condotto alla scelta del progetto dello studio VS Associati di Vicenza (architetto Giorgio Strappazzon) tra 45 proposte provenienti da tutta Europa in concorso. È d’obbligo ringraziare i miei predecessori Marchesini e Milanesi e l’allora prorettore Fellin per l’impegno profuso in questa prima fase di realizzazione e la ditta Carron che in soli due anni ha completato l’edificio. L’ultimo anno, di grandissimo impegno, è stato dedicato alla messa a dimora di oltre 1300 specie vegetali, che si aggiungono alle 6000 già presenti nell’orto cinquecentesco e alla complessa realizzazione dei percorsi espositivi.

Il Giardino della biodiversità è un viaggio affascinante attraverso i biomi del pianeta: dalle aree tropicali alle zone subumide, dalle zone temperate a quelle aride, e vuole rendere immediatamente visibile il patrimonio di biodiversità che ogni angolo della terra custodisce, dal più ricco al più povero, dal più protetto al più minacciato. Percorrere la sequenza delle nuove serre equivale a compiere un viaggio attraverso i cinque continenti per visitare i principali ecosistemi del globo. Nel percorso dedicato alle piante e all’uomo per la prima volta a livello internazionale un percorso espositivo di un importante Orto botanico europeo è dedicato alla coevoluzione tra i vegetali e la specie umana, in un intreccio di botanica e antropologia. Ma voglio anche sottolineare come lo stile espositivo sia quello dei progetti museologici più avanzati a livello internazionale: un mix di diversi linguaggi, in grado di parlare ad un pubblico che spazierà dai bambini agli studenti agli intellettuali, alla gente comune e agli specialisti, per un’esperienza che vuol essere insieme emotiva e intellettuale. 

Pannelli informativi, filmati, exibit interattivi, reperti, la possibilità di relazionarsi tramite smartphone e tablet con gli ambienti e con le piante, e grazie ad una nuova applicazione, di disporre di una straordinaria banca dati ricca di informazioni e di immagini per arricchire la visita e prolungarla anche successivamente, tutto questo fa oggi dell’Orto di Padova un luogo unico di comunicazione scientifica, di aggregazione nel cuore della città, tra la Basilica del Santo, Prato della Valle e la Basilica di Santa Giustina, di attività didattiche e di laboratorio per i bambini, per le scuole e per gli adulti, che scopriranno dal vero le specie botaniche con un pieno coinvolgimento e divertendosi.

Ma non vi sarà soltanto comunicazione scientifica, a tutti i livelli: i nuovi laboratori scientifici che abbiamo realizzato e che vogliamo aperti a giovani ricercatori di tutto il mondo svilupperanno lo studio della biodiversità, delle piante medicinali e delle specie in pericolo e ospiteranno una banca del germoplasma, dove con le tecniche del DNA-barcoding si effettuerà una rigorosa catalogazione delle specie vegetali. L’università di Padova consegna oggi alla città e al territorio questo spazio unico e prestigioso che ha riprogettato con una prospettiva inedita spazi e vedute monumentali centrali nel tessuto cittadino. Con una sfida che è anzitutto culturale abbiamo riscritto un sito storico e abbiamo voluto riaffermare che un bene culturale così unico non va inteso come qualcosa di passato da tenere in cassaforte, ma come un bene che per essere trasmesso nella sua straordinarietà deve essere arricchito per il presente e per il futuro. Con questo complesso Padova si presenterà ai visitatori e turisti come una città di scienza, internazionalmente aperta, fiera della sua università plurisecolare, che porta con onore il nome di Padova in tutto il mondo: questa nuova struttura non sarà soltanto un elemento di attrazione per visitatori e turisti, ma un oasi spirituale che richiamerà alla centralità della natura nell’ecosistema globale.

La lista delle persone da ringraziare è lunga e sconta il rischio di dimenticare qualcuno. Innanzitutto desidero ringraziare gli sponsor Banca Popolare di Vicenza, Banco delle Tre Venezie, Camera di Commercio di Padova, Cassa di Risparmio del Veneto, Unicredit, Fondazione Antonveneta, Veneto Banca, nonché gli sponsor tecnici Acqua San Benedetto, Bisol, Grafica Veneta, Therme Hotels di Abano Terme: tutti hanno prontamente intuito le potenzialità  di una sinergia pubblico-privato, che ci consente di celebrare festosamente questa giornata e di “lanciare” l’apertura al pubblico delle nuove serre con una serie di straordinari eventi. Ma devo anche aggiungere nei ringraziamenti i nomi di Gianni Dal Pozzo, appassionato Project manager che ha accompagnato con efficacia l’ateneo in questa avventura e ricordare come tutto l’ateneo si sia prodigato senza risparmio nello straordinario impegno che un’impresa di queste dimensioni ha richiesto: dall’amministrazione con il suo direttore generale Emanuela Ometto al prorettore all’edilizia Armando Gennaro, mentre per quanto riguarda gli allestimenti voglio dire con una punta di legittimo orgoglio che tutto è stato “fatto in casa”: il percorso “Le piante e l’ambiente” è stato ideato dallo staff dell’Orto coordinato dal prefetto Giorgio Casadoro, mentre il percorso “Le piante e l’uomo” è stato curato dal nostro filosofo della scienza Telmo Pievani. Infine, tutti gli aspetti di realizzazione dell’allestimento, dalla progettazione alla grafica, sono stati seguiti dal nostro servizio Relazioni pubbliche di Fiorenza Campelli, a dimostrazione che ”fare squadra” in un grande ateneo come Padova offre decisamente un valore aggiunto. Personalmente mi sono impegnato senza riserve in questa sfida affascinante e che in diversi momenti è apparsa impossibile da affrontare con le sole forze dell’aAteneo e con le regole costrittive del “pubblico”: e ora che la scommessa è vinta non posso tacere la soddisfazione e l’orgoglio. 

La collaborazione interessantissima che si prospetta con Expo 2015 e con Padiglione Italia, che si tradurrà nei prossimi giorni nella sottoscrizione di un protocollo di intesa tra Padiglione Italia e il nostro ateneo e di cui parlerà anche nel suo saluto Francesca Lambertucci, oltre a consentirci una forte visibilità dell’Orto all’interno di un evento di altissimo richiamo internazionale, permetterà alla nostra università di assumere la curatela scientifica per la progettazione e la realizzazione dell’area dedicata alla biodiversità all’interno della “Mostra dell’Identità italiana”che verrà ospitata all’interno di palazzo Italia, mentre l’ateneo collocherà un’installazione dedicata ad Expo 2015 al termine del percorso espositivo delle nuove serre. Una collaborazione reciprocamente vantaggiosa, nella speranza che al grande flusso dei visitatori attesi anche a Padova possa corrispondere un consistente rilancio del nostro Paese, basato sulla cultura e sulla bellezza.

I giardini – ha scritto un grande architetto che ha lasciato un segno anche nella nostra città, Daniel Libeskind - sono un’affermazione costante di vita. Questo Giardino della biodiversità è un’affermazione forte della vitalità del nostro Orto storico e insieme dell’università di Padova che fedeli alla propria identità e alla propria storia si proiettano con decisione e speranza nel futuro.

Giuseppe Zaccaria

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