SOCIETÀ

Auto che si guidano da sole: la nuova sfida di Google

Mappe al posto degli occhi. È questo il segreto della self-driving car ideata da Google. Ed è proprio la mappatura del territorio il sistema che sta alla base dell’auto che si guida da sola. Un'auto che, in realtà, sembra possedere una ben scarsa autonomia, almeno allo stato attuale delle cose. Non è in grado di schivare una buca, fatica a trovare parcheggio, non sa procedere se piove o nevica e per le gite fuori porta meglio scegliere mete non troppo lontane, perché si corre ai 40 chilometri all’ora. 

L’idea di quest’auto però realizza un sogno per chi non può guidare: niente freno, volante e acceleratore, ci si lascia condurre a destinazione con l’unica preoccupazione di pigiare i tasti on/off. Alla base del progetto, inoltre, c’è la ricerca della sicurezza: eliminando il fattore “errore umano” si spera di ridurre gli incidenti e di salvare molte vite.

Sono tante le cose questa automobile non può fare, eppure il credito di cui gode non scema e in molti sembrano credere al co-fondatore di Google Sergey Brin il quale nel 2012 aveva dichiarato che la self-driving car sarebbe stata pronta in 5 anni, concetto ribadito nel maggio scorso. 

Ma lo scenario non appare tanto roseo e l’auto di Google sembra ben lontana dall’essere in grado di gestire lo stress della guida quotidiana: per raggiungere questo obiettivo serve un computer con un livello di intelligenza che le macchine non avranno per molti anni, spiegano gli esperti. 

In linea teorica, tutto si gioca sulla possibilità di risparmiare al computer il più possibile del lavoro, permettendogli di concentrarsi unicamente su oggetti e persone in movimento e, in generale, su ciò che non è prevedibile a priori. La marcia in più di Google in questo progetto è data dalla sua capacità di sviluppare un sistema di mappatura straordinario. Le mappe contengono l'esatta posizione tridimensionale di tutto: curve, pendenze, larghezza della carreggiata, segnali verticali e segnaletica orizzontale, lampioni, passi carrai, insomma ogni aspetto ed elemento importante di una strada viene individuato.

Costruire un sistema simile comporta un lavoro davvero molto sofisticato perché per realizzare una mappa prima un veicolo dotato di sensori deve effettuare più passaggi di scansione della zona da mappare e  poi i dati vengono scaricati e studiati con attenzione per verificare che tutti gli elementi importanti per garantire una guida sicura, siano stati rilevati. Una volta completata, la mappa viene caricata nella memoria dell’automobile e questo consente al computer di bordo di utilizzare tutte le sue risorse per gestire l'interazione dell'auto con gli oggetti in movimento. 

"L'auto segue le istruzioni delle mappe e il radar laser da 70.000 dollari che monta sul tettuccio eviterà ogni ostacolo. Avevamo annunciato un'auto completamente autonoma, e stiamo andando in quella direzione” ha dichiarato Chris Urmson, l'uomo che dirige il progetto.

La Google's self-driving car quindi non può muoversi senza le mappe, ma questo significa aver necessità di mappare tutto il territorio: un lavoro lungo e complicato se pensiamo ai milioni di chilometri di strade che vengono percorsi quotidianamente. Le mappe, inoltre, devono essere aggiornate e anche questo appare un lavoro improbo, senza contare poi le variabili dovute ad eventuali lavori in corso oppure a ostacoli improvvisi sulla strada, ma le variabili mettono in gioco la sicurezza degli automobilisti e non solo. Il vero problema infatti è capire come dotare le macchine di esperienza, vale a dire come caricare nel computer il bagaglio di conoscenze quotidiane che gli esseri umani acquisiscono e utilizzano fin dall'infanzia. Un ulteriore elemento che frena è poi la preoccupazione rispetto a potenziali problemi riguardanti aspetti giuridici e responsabilità in caso di malfunzionamenti del sistema. 

Le difficoltà dunque sono tante e sembra difficile che "Big G" possa rispettare l'ambiziosa tabella di marcia che si è proposta. Anche se le sperimentazioni finora compiute mettono a portata di mano applicazioni meno ambiziose, ma commercialmente interessanti come veicoli intelligenti in grado di muoversi e trasportare persone da un punto all'altro di grandi impianti industriali, installazioni militari, campus universitari e centri di ricerca o compound di grandi imprese: tutti ambienti definiti ma non privi di imprevisti e altro traffico. Un passaggio intermedio che potrebbe garantire un rientro e l'accumulazione di esperienza utile al compimento del progetto.

Donatella Gasperi

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