IN ATENEO

Crui e Cun: no al disegno di legge su atenei e Pa

Una forte opposizione al disegno di legge sul riordino delle amministrazioni pubbliche, nella parte in cui definisce le università statali e le distingue, per natura e finalità, da quelle non statali. È la posizione espressa dalla rappresentante della giunta Crui Daria De Pretis e dal vicepresidente del Cun Carla Barbati, intervenute alle audizioni presso la commissione Affari Costituzionali del Senato per l’istruttoria legislativa sul progetto normativo. 

Il disegno di legge il cui esame è in corso al Senato prevede, all’articolo 8, la ripartizione delle amministrazioni pubbliche in diverse categorie. Le università statali vengono definite “amministrazioni di istruzione e cultura” insieme a scuole, istituzioni di alta formazione e ricerca, musei, archivi e biblioteche pubblici. Gli atenei non statali sono invece inseriti nel gruppo degli “organismi privati di interesse pubblico” insieme a soggetti come le società di gestione di servizi pubblici o a partecipazione pubblica in regime di concorrenza, le scuole paritarie, le federazioni sportive.

Le rappresentanti di Crui e Cun hanno sottolineato come questa bipartizione è pericolosa perché rischia, se confermata, di costituire il principio di ogni futuro intervento legislativo riferito agli atenei, privandoli di qualunque specificità nel contesto delle amministrazioni pubbliche. In particolare, Daria De Pretis ha illustrato come le università siano oggetto di valutazione da parte di organismi indipendenti e si trovino in continua competizione con gli atenei internazionali: di qui, secondo la De Pretis, il rischio che il sistema universitario sia ingabbiato in un regime troppo vincolante e omologato a quello di amministrazioni di natura completamente diversa.

La Barbati ha poi spiegato come equiparare gli atenei statali ai musei significa inserirli in una struttura gerarchica che può porre notevoli ostacoli alla libertà di azione necessaria alle università; inoltre ha contestato la scelta di inserire gli atenei non statali nel novero delle società a partecipazione pubblica in regime di concorrenza: in questo modo, secondo la Barbati, si realizzerebbe una possibile apertura a finalità lucrative per le università non statali, creando una distinzione non accettabile, considerati i comuni scopi delle istituzioni universitarie.

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