SOCIETÀ

Dal reporter al "citizen journalism": come cambia il racconto dei fatti

L'avvenimento che si fa notizia, l'oggetto d'indagine per eccellenza del giornalismo: è cambiato. E che impatto ha avuto il web 2.0 sul mondo della comunicazione nell'ultimo decennio? Sono mutate modalità di fruizione di chi legge ancor prima che per opera di chi scrive e di dove si scrive. Rimane ancora da capire come sia cambiato: se oggi si possa ancora parlare di giornalismo senso strictu, e in che termini sia circoscrivibile la professione del giornalista, quando il mestiere di raccontare i fatti sembra travalicare sempre più, grazie alla Rete, gli addetti ai lavori. 

È ciò che si intende quando si parla di citizen journalism: il fenomeno di comuni cittadini di qualsiasi ceto ed età che in qualche modo riprendono, fotografano, raccontano gli avvenimenti fuori dalla loro finestra, lungo la strada, nei centri cittadini. Il dilettantismo dal basso, la cattura dell'hic et nunc che rivernicia ogni evento di veridicità e che, per la sua disponibilità immediata, viene ricercato e corteggiato da chi esercita a pieno titolo. 

Davvero un professionista, oggi, non può più fare a meno di impiegare anche i materiali dell'amatore? Due libri di recente pubblicazione, Te la do io la notizia, del fondatore di YouReporter.it Angelo Cimarosti, e News(paper) Revolution: L'informazione al tempo del social network di Umberto Lisiero provano a fare il punto. 

Cimarosti, videogiornalista, ex direttore del Tg di Sei Milano, prima televisione all news in Italia, si propone di tracciare una breve storia del citizen journalism, dagli albori convenzionalmente riconosciuti (lo tsunami indonesiano del 2004 e la centralità dei primi smartphone nel catturare la drammaticità dell'evento) alle ultime derive del fenomeno, come imídia ninja brasiliani. Nessuna paura di ciò che ha fatto il web, di ciò che sta facendo e di ciò che potrà ancora fare: senza scomodare poli estremi, afferma Cimarosti, è chiaro che di citizen journalism si può parlare, in relazione al web, come semplice allargamento delle fonti giornalistiche in sé. Vi sono ancora importanti discriminanti che lo distinguono dal giornalismo mainstream, aldilà dell'imitazione di tono e narrazione e dell'adozione del concetto di newsworthness: il tempo di verificare la notizia e la gerarchizzazione delle stesse, anzitutto. Nella stessa scelta terminologica della definizione, “citizen” c'è l'elemento che aiuta a ricostruire quella dimensione sociale del racconto giornalistico che appare il suo tratto più caratterizzante: un mondo autonomo, creato e gestito dagli utenti stessi, dove i grandi cataclismi si alternano, senza soluzione di continuità, ai piccoli accadimenti della quotidianità. News from you. Uno strumento potentissimo, che comporta cambiamenti, vantaggi e rischi, e ha bisogno di più, non di meno lavoro da parte dei professionisti.

Partecipazione sembra essere la parola chiave nella visione di Lisiero, sia nella condivisione delle notizie che nella loro stessa creazione e discussione. L'utente di internet ha favorito, nel tempo, la nascita di un canale d'informazione molto diverso, nel prezzo e nella concezione, rispetto a quello tradizionale, cartaceo, che ha progressivamente perduto la sua forza. In un mondo 2.0, il giornale con i suoi tempi si oppone alla successione continua del web che sforna aggiornamenti in tempo reale e nuovi spunti di riflessione ad ogni istante. I redattori della "vecchia scuola", sostiene Lisiero, difficilmente sono a proprio agio con la Rete: abituati a pensare all'”articolo” come prodotto finale di una lunga catena di montaggio interna alla testata, sono poco capaci di utilizzare appieno le risorse online e, conseguentemente, di produrre contributi adatti al pubblico web. Internet, i cui orizzonti sono teoricamente sconfinati, viene visto ancora come strumento di puro intrattenimento: da qui il successo dei pezzi, in maggioranza brevi, su argomenti di costume spesso frivoli e inconsistenti. Mentre invece l'utente dovrebbe sentirsi continuamente engaged, stimolato: sia dalle proposte delle redazioni, sia da quanto egli stesso potrebbe creare. In questo senso, all'estero (dal Know More del Washington Post alla digitalizzazione dell'intero archivio di El Pais), gli esperimenti si sprecano. In Italia, invece, fatte salve alcune eccezioni, questa spinta manca: un'assenza che si amplifica a livello locale, dove i portali sono trascurati e il nuovo corso informativo latita. La sfida del prossimo futuro sarà riuscire a far evolvere su questa strada il giornalismo di casa nostra, senza nel contempo smarrire la funzione di catalizzatore sociale che da sempre ha il concetto di “notizia”

Riflessioni, quelle di Lisiero e Cimarosti, che forse non sempre coincidono con le considerazioni di altri giornalisti di mestiere, su carta, su web o in tv. È sufficiente però osservare un telegiornale, però, per rendersi conto che la "fame di veridicità", alla quale non sono estranei decenni di cultura visuale, non può che chiamare in campo e coinvolgere i dilettanti. Non ostacoli e concorrenti, ma alleati dei professionisti, nella costruzione di un'informazione più completa, approfondita e critica. Professionisti o meno, al centro resta la questione più importante: la verifica della verità del fatto.

Marco Biasio

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