SOCIETÀ

Dalla privacy agli aiuti umanitari: il doppio volto di Google

Al centro delle polemiche per l’invasività (reale e potenziale) dei suoi strumenti sulla privacy delle persone, contestata per la posizione dominante assunta sul mercata, Google sembra rispondere ai critici con un servizio, Google Crisis Response, che serve a supportare vittime e sopravvissuti ai disastri ambientali. L’idea nacque tre anni fa in risposta a una serie di eventi catastrofici, come i terremoti ad Haiti e in Cile, le inondazioni in Pakistan e quella nel Queensland australiano, fino allo tsunami che colpì Fukushima nel 2011. Il servizio venne riattivato dopo l’attentato alla maratona di Boston e nei giorni in cui l’uragano Isaac imperversava sulla Louisiana, fu possibile seguirne l’andamento su internet in presa diretta.  E in questi giorni la devastazione del tifone Yolanda nelle Filippine ha portato all’apertura di una pagina dedicata alla raccolta e trasmissione di informazioni collegate all’evento. Ma come funziona l’unità di crisi della multinazionale di Mountain View? Il servizio usa risorse e strumenti conosciuti da molti utenti del web (da Google Maps a Google Earth fino a Google Person Finder) con l’obiettivo di raccogliere e pubblicare in modo organizzato dati georefenziati eterogenei che possono provenire da fonti diverse ma diventano fruibili da chiunque su un’unica mappa in modo semplice e senza necessità di utilizzare strumenti tecnici. Si tratta di un punto di riferimento in continuo aggiornamento che, mettendo a disposizioni dati e relativa geolocalizzazione, è in grado di informare intere comunità su piani di evacuazione, rifugi, allarmi pubblici connessi a una calamità, Inoltre è possibile seguire in tempo reale l’evoluzione del meteo (maree e temperature, flussi dei fiumi, previsioni sull’andamento del fenomeno). 

A seconda della scala di impatto del disastro il team che gestisce il sistema individua gli strumenti d’intervento ritenuti più utili, per poi sviluppare le applicazioni in collaborazione con altri soggetti e metterle a disposizione anche di sviluppatori esterni.

Come nel caso del pacchetto di tools dedicati alla gestione dell’emergenza dopo il tifone Yolanda. In quest’occasione è stato infatti riattivato il Google Person Finder, un’applicazione web che consente di ricercare le persone disperse. Il programma permette alle agenzie di stampa, alle agenzie non governative e ad altri soggetti di contribuire al database e ricevere gli aggiornamenti utilizzando una libreria software basata sullo standard aperto PFIF (People finder interchange format). Insomma, una sorta di bacheca elettronica a due vie che mette in contatto chi cerca e chi trova informazioni sulle persone di cui non si hanno più notizie. Il tutto ruota attorno a due semplici funzioni, "Sto cercando qualcuno" e "Ho informazioni su qualcuno" associate ai dettagli sulla zona in cui la persona si dovrebbe trovare. Le applicazioni sono state sviluppate anche per telefonia mobile e si attivano con l’invio di un Sms a un particolare numero inserendo nel testo del messaggio nome  e cognome del “ricercato”. Ma cosa succederà, passata l’emergenza ai più di 7.200 dati personali fino ad oggi inseriti? Ogni record ha una data di scadenza fissata dall’utente e il repository con tutti i dati delle persone che sono state coinvolte in una determinata situazione di crisi viene cancellato ad alcuni mesi di distanza dalla conclusione dell’emergenza per ragioni di privacy. 

Il cerca persone di Google, che gira su piattaforma App Engine di Google, è stato lanciato in più di 40 lingue, ed è un software open source, con il quale ogni sviluppatore può creare la propria istanza di ricerca dopo un disastro. Una sorta di kit “fai da te”, di unità di crisi portatile, anche per affrontare i lunghi silenzi delle autorità che spesso seguono gli eventi catastrofici.

Antonella De Robbio

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