SOCIETÀ

Dimezzare la mortalità infantile? Si può

Nel 2013, nel mondo, 6,3 milioni di bambini sotto i cinque anni sono morti per cause in gran parte prevenibili. Quasi 17.000 ogni giorno. Di questi, 2,8 milioni (il 44% del totale) entro il primo mese di vita. L’Angola registra il tasso di mortalità infantile più alto con 167 decessi ogni mille nati vivi, mentre il Lussemburgo ha il più basso, due ogni mille; India e Nigeria, insieme, contano più di un terzo dei decessi. Sono numeri che spaventano ma che, in realtà, rivelano anche una buona notizia: tra il 1990 e il 2013, i tassi di mortalità infantile (tra 0 e 5 anni) sono scesi del 49% passando da 12,7 a 6,3 milioni di decessi a livello globale annuo. Ben 100 milioni di bambini son sopravvissuti nel periodo preso in esame (con una diminuzione della mortalità che si mostra però più lenta nella fascia neonatale, tra 0 e 1 anno). A rivelarlo due rapporti Unicef, Committing to child survival - A promise renewed 2014 e Levels and Trends in Child Mortality 2014, quest’ultimo diffuso da Unicef, Oms, Banca Mondiale e Onu e realizzato annualmente dal gruppo inter-agenzie delle Nazioni Unite per le stime sulla mortalità. “C’è stato un significativo e veloce progresso nella riduzione della mortalità tra i bambini e i dati dimostrano che un successo è possibile anche per i Paesi con poche risorse”, ha commentato Mickey Chopra, responsabile per i programmi sanitari dell'Unicef.

La verità è che si muore ancora, e soprattutto, a causa delle complicanze per nascite premature o durante il travaglio e il parto, per polmonite o perché colpiti da diarrea e malaria. All’origine, la malnutrizione, che resta la concausa in quasi la metà dei decessi. Il rapporto sullo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo (Sofi 2014), pubblicato dalla Fao, con il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) e il Programma alimentare mondiale (Pam), ha fatto il punto proprio sulla fame nel mondo - che è diminuita a livello globale di oltre 100 milioni di unità negli ultimi dieci anni ma che conta ancora oggi 805 milioni di persone sottoalimentate - e ha dichiarato un importante obiettivo: ridurla del 50% entro il 2015.

Negli ultimi anni si sono fatti significativi passi avanti e sono migliorati anche gli interventi contro le malattie infettive grazie alla vaccinazione, all'utilizzo di zanzariere trattate con insetticida, alla terapia di reidratazione orale contro la diarrea, al ricorso ad alimenti terapeutici e alla nutrizione supplementare. Azioni decisive che hanno fatto crescere la percentuale di sopravvivenza dei più piccoli. Ma nel 2012, 44 milioni di bambini nel mondo sono nati senza un’adeguata assistenza medica. I più poveri, nati in zone rurali, o da madri con meno di 20 anni o più di 40, presentano tassi di mortalità più elevati della media. Per questo sono necessari interventi sanitari mirati, efficaci e accessibili a tutti. Il primo giorno di vita è il più rischioso: un milione di neonati non lo supera. Ma, in generale, è il primo mese che deve essere monitorato, perché le probabilità di sopravvivenza di un neonato aumentano quando la madre ha accesso a un’adeguata assistenza sanitaria in gravidanza e durante il parto.È dunque in questo quadro che si inserisce l’attività di monitoraggio del gruppo inter-agenzie delle Nazioni Unite per le stime sulla mortalità che, con l’Osm4 (quarto degli otto Obiettivi di sviluppo del millennio), si è prefisso di agire efficacemente,entro il 2015, per la diminuzione di due terzi del tasso di mortalità infantile rispetto al livello del 1990. Ad oggi, dei sessanta Stati a elevata mortalità (con almeno 40 decessi sotto i 5 anni ogni mille nati vivi), otto hanno raggiunto l’obiettivo: Malawi (-72%), Bangladesh e Liberia (-71%), Tanzania ed Etiopia (-69%), Timor Est e Niger (-68%), Eritrea (-67%). Asia orientale, America Latina-Caraibi e Nord Africa hanno ridotto il tasso di oltre due terzi, mentre l'Africa Subsahariana, nonostante una riduzione della mortalità del 48%, registra ancora 92 decessi ogni mille nati vivi, quasi quindici volte più della media dei Paesi ad alto reddito.

Francesca Boccaletto

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012