SCIENZA E RICERCA

Donazione del corpo: per la legge è (quasi) ora

Vi fareste curare da un medico che ha studiato anatomia solo sui libri senza fare pratica sul corpo umano? Questo è quello che avviene oggi in molte università d’Italia, dove gli studenti hanno a disposizione pochi cadaveri (e concentrati in altrettanto pochi istituti) per le dissezioni anatomiche. E tra i ragazzi c’è chi va a Parigi, Nizza, Madrid dove la didattica sul cadavere è prassi comune. La strada che si è percorsa fino ad oggi in alcuni centri universitari italiani (Padova, Bologna, Torino) è l’avvio di specifici programmi di donazione del corpo post mortem a fini didattici e di ricerca. Ma si tratta di episodi ancora isolati. Il tutto in un quadro normativo che non affronta problemi come la modalità del consenso in vita del donatore o la garanzia di una struttura competente nella conservazione del corpo.

Dopo molto discutere e numerosi passaggi politici, qualcosa si sta muovendo: tra poche settimane in Senato verrà discussa una proposta di legge in materia, presentata di recente a Padova da Anna Margherita Miotto della XII Commissione Affari sociali.   

La sensibilità sull’argomento sta crescendo e con essa anche il numero di chi compie questa scelta. “Da gennaio di quest’anno – sottolinea in un recente convegno Raffaele De Caro, docente di anatomia del dipartimento di  medicina molecolare e promotore del programma di donazione del corpo dell’università di Padova – più di cinquanta persone hanno deciso di donare il proprio corpo a fini didattici”. Contro le 23 del 2012. Ultimo in ordine di tempo Sandro, pensionato di 67 anni, ex agente di commercio, veneziano di origine e padovano di adozione. “La lezione più importante viene da mio padre, per 18 anni in giro per il mondo come marinaio e gli altri come ferroviere, che mi ha educato alla solidarietà nei confronti degli altri. Mi diceva che il nostro corpo non serve a nulla se non alla scienza”.  

Cosa propone dunque la legge? Le modalità del consenso, innanzitutto: chi vorrà donare il proprio corpo dovrà dichiararlo con un atto pubblico o una scrittura privata autenticata da consegnare ai centri di riferimento che verranno individuati a livello nazionale. Questi a loro volta dovranno darne comunicazione agli uffici di stato civile dei rispettivi comuni di residenza, che disporranno di un “elenco speciale” dove verranno registrati. I centri di riferimento potranno disporne per un anno, termine entro il quale la salma dovrà essere restituita alla famiglia e le spese da sostenere dalla morte fino alla sepoltura saranno a carico delle istituzioni in cui hanno sede i centri. Il finanziamento previsto è di un milione di euro nel 2013 e di due milioni dal 2014.

Ma la proposta di legge si sofferma anche su aspetti meno tecnici e a emergere sono considerazioni di tipo etico. Vengono affermati il principio di solidarietà e rispetto del corpo umano, accogliendo in questo senso il parere espresso dal Comitato nazionale di bioetica. Perché il corpo morto, sottolinea il Comitato, non è persona ma nemmeno cosa in quanto rimanda al corpo vivo che l’individuo è stato: il rispetto nei confronti del cadavere è dunque il rispetto che si deve alla dignità della persona. “Si fa valere il criterio della continuità tra corpo vivente e corpo morto – sottolinea Antonio Da Re, docente di filosofia morale e membro del Comitato – e il valore sociale della donazione che valorizza la salute come interesse collettivo”. Abrogato, nella proposta di legge, anche l’articolo 32 del regio decreto 1592/1933, tuttora vigente, che il Comitato nazionale di bioetica ritiene invece “inaccettabile” e sulla base del quale vengono utilizzati a scopi di studio i corpi di persone morte che risultino sconosciute o prive di parenti o amici.

Fondamentali le campagne di sensibilizzazione. Sono previsti infatti progetti di comunicazione istituzionale per diffondere le conoscenze sul tema tra i medici e tra i cittadini, che in questo modo potranno fare una scelta consapevole.

Sulla proposta di legge non manca tuttavia il dibattito. A partire da chi rileva l’eccessiva “burocratizzazione” delle modalità del consenso in vita del donante: la formula prevista dalla proposta di legge, si osserva, risulta vincolante e meno immediata di quanto invece potrebbe risultare un semplice atto di disposizione quale il testamento olografo. C’è poi chi sottolinea che il termine dei 12 mesi per la riconsegna del corpo sia troppo restrittivo, anche sulla base del fatto che solitamente i donatori non chiedono la riconsegna del corpo entro termini brevi. Altri, poi, indicano l’opportunità di nominare un “fiduciario”, una figura cioè capace di interagire con la famiglia e le strutture mediche per gestire gli aspetti organizzativi. La preoccupazione che emerge è quanto la legge possa contribuire a riorganizzare il quadro normativo esistente e quanto invece contribuisca a rendere più difficile la donazione, una sensibilità peraltro poco diffusa per ora in Italia.

Ma le carte sono ancora sul tavolo e l’ultima mano si deve giocare. La comunità scientifica, esorta Anna Margherita Miotto, può ancora avanzare eventuali proposte.

Affinché, oltre ai ricercatori, dall’Italia non se ne vadano anche gli studenti.

Monica Panetto

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