SCIENZA E RICERCA

Farmaci antitumorali: ora c’è un bersaglio preciso

Una delle sfide intellettuali più complesse e affascinanti della scienza biomedica è comprendere cosa trasformi una normale cellula del nostro corpo in una cellula tumorale, anche perché quasi una persona su due si ammala di cancro nel corso della sua vita e una su quattro ne muore.

La storia. Un brillante studioso tedesco, Otto Warburg, si accorse esattamente 90 anni fa, nel 1923, che le cellule tumorali utilizzano il glucosio come combustibile per la loro incessante crescita e proliferazione – “fermentano” come scriveva Warburg – e in parallelo inibiscono la respirazione, ossia l’utilizzo di ossigeno per ottenere l’energia di cui necessitano. L’osservazione era bizzarra e paradossale. La fermentazione, o glicolisi, è di gran lunga meno efficiente della respirazione nel generare Atp, la molecola che funge da moneta di scambio energetico per tutte le attività cellulari. Le cellule neoplastiche, che hanno bisogno di molta energia per proliferare, dovrebbero avere, a rigor di logica, una intensa attività respiratoria. Quindi, benché nei decenni successivi Warburg ampliasse i suoi studi arrivando a sostenere che i tumori “originano da un danno irreversibile alla respirazione”, le sue idee vennero progressivamente accantonate. Negli anni ’80 del secolo scorso si scoprì che i tumori si sviluppano in seguito a mutazioni in geni – gli oncogeni o gli oncosoppressori – codificanti per proteine che controllano funzioni cellulari chiave – crescita, proliferazione, motilità, morte; queste osservazioni sembrarono seppellire definitivamente gli studi di Warburg.

Tuttavia, l’esplosione di studi di oncologia molecolare che si è avuta nell’ultimo ventennio sta delineando un quadro di una complessità insospettata: non esiste una malattia chiamata cancro, ma decine di tipi tumorali diversi, e le cellule tumorali cambiano durante la progressione neoplastica di ogni paziente, interagendo con l’ambiente che incontrano e acquisendo numerose caratteristiche peculiari (gli “hallmarks of cancer” di Hanahan e Weinberg). E si è osservato sia che alcuni tumori sono causati da mutazioni in geni codificanti enzimi metabolici, sia che i cambiamenti metabolici delle neoplasie sono inestricabilmente legati alle loro aumentate capacità proliferative e di sopravvivenza. Ciò ha riportato prepotentemente all’attenzione degli studiosi l’effetto Warburg: le cellule cancerose hanno un metabolismo alterato: respirano poco, anche quando hanno ossigeno a disposizione. Perché questo, e come avviene? E soprattutto, è possibile sfruttare queste differenze metaboliche per approcci antitumorali innovativi e mirati?

La scoperta. In questo contesto il gruppo coordinato da Paolo Bernardi e da me, grazie all’appassionato lavoro di due giovani collaboratori, Giulia Guzzo e Marco Sciacovelli, ha scoperto che la proteina Trap1 promuove la crescita tumorale inibendo un enzima della respirazione, la succinato deidrogenasi (Sdh). Sia Trap1 che la Sdh si trovano nei mitocondri, ossia gli organelli che fanno da centralina energetica cellulare. Nei mitocondri delle cellule tumorali, l’azione di Trap1 inibisce quindi la respirazione, il che rende la nostra proteina un componente essenziale dell’effetto Warburg. Ma non solo: l’inibizione dell’enzima della respirazione fa sì che si accumuli il substrato di questo enzima, il succinato, e questo accumulo ha un potente effetto oncogeno. Il succinato attiva infatti una proteina chiamata Hif1 che aumenta la malignità delle cellule tumorali perché fra i suoi bersagli ci sono geni che codificano le proteine del metabolismo cellulare e fattori che promuovono la crescita di nuovi vasi sanguigni. In seguito all’attivazione di Hif1 la cellula tumorale può quindi aumentare il suo potenziale invasivo e rendere il suo metabolismo ancora più indipendente dall’ossigeno e quindi dalla vicinanza dei vasi sanguigni che non sempre arrivano a irrorare l’interno delle masse tumorali. Infine, può attrarre nuovi vasi per avere nutrienti e potenzialità di diffusione in siti secondari dell’organismo - ossia la capacità di formare metastasi.

L’importanza di questo processo sembra essere notevole: se blocchiamo l’espressione di Trap1 le cellule neoplastiche non sono più in grado di formare masse tumorali, al contrario se esprimiamo Trap1 in cellule non tumorali queste diventano maligne. Un importante corollario è ovviamente che Trap1 costituisce un potenziale bersaglio per nuovi farmaci antitumorali. Questi dati contribuiscono quindi a spiegare sia perché l’effetto Warburg sia così importante per i tumori, in quanto li rende più aggressivi e indipendenti dal resto dell’organismo, sia quali siano i meccanismi molecolari che causano questa alterazione metabolica.

Molta strada è stata fatta e oggi possiamo forse vedere il problema della tumorigenesi come la composizione di un puzzle complicato, nel quale ogni scoperta aggiunge un tassello che aiuta a comporre un quadro più generale. A volte sarà necessario smontare e rimontare parti del quadro; ma l’aumento delle conoscenze che abbiamo accumulato negli ultimi decenni ci spinge ad un cauto ottimismo per il futuro.

Andrea Rasola

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