UNIVERSITÀ E SCUOLA

Francia, la scuola in affanno di fronte alle diseguaglianze

Rimangono forse la liberté e la fraternité, l’uguaglianza però affronta tempi duri nella scuola francese. Questo per lo meno sembra emergere dall’indagine PISA del 2012, che ha dipinto quello transalpino come uno dei sistemi scolastici in ambito OCSE dove è ancora più importante la posizione sociale della famiglia d’origine. Un vero e proprio shock per chi ha sempre guardato alla parità delle condizioni di partenza come a un valore, e soprattutto ha scelto la scuola come luogo privilegiato per realizzarlo: secondo i dati infatti l’influenza delle diseguaglianze sociali nella riuscita scolastica è addirittura più evidente nella République di quanto accada in Germania e nel Regno Unito.

Se la preparazione generale degli studenti transalpini rimane mediamente buona, come attesta lo stesso rapporto nel confronto con i coetanei degli altri paesi presi in esame, questo sembra dovuto soprattutto all’esistenza di un’élite formata in maniera ottima, in particolare nei Lycée. Secondo le più recenti statistiche fornite dal ministero, il 72% della popolazione tra i 20 e i 24 anni possiede un bac, il titolo che permette l’accesso all’università. Una percentuale superiore al resto della popolazione, ma che non risolve del tutto i problemi: il 14% della popolazione considerata infatti non ha alcun diploma o qualifica professionale, mentre il 9% non arriva neppure al brevet (grosso modo corrispondente alla nostra licenza media). Ogni anno tra i 140 e 150.000 giovani continuano ad abbandonare la scuola senza alcun attestato: una cifra che rimane stabile da circa 10 anni nonostante i proclami dei vari governi. Da ultimo lo scorso gennaio era stato Vincent Peillon, allora ministre de l'Education nationale, a dichiarare l’ambizioso proposito di dimezzare l’abbandono scolastico entro il termine della legislatura, obiettivo più tardi ribadito dal suo successore Benoît Hamon.

Il problema, si sottolinea Oltralpe, non è solo sociale ma anche economico. Quattro anni dopo aver lasciato gli studi è infatti disoccupato il 25% di coloro che non hanno un diploma superiore, addirittura il 49% di chi non ha conseguito il brevet, contro il 10% di chi ha il bac o una qualifica professionale. Una situazione connessa con un altro dato allarmante: sono oggi circa 900.000 in Francia i giovani che non studiano e non lavorano. Si tratta dei cosiddetti Neet (not in employment, education or training), e rappresentano il 15% della popolazione tra i 15 e i 29 anni: il livello più alto nei paesi OCSE dopo Italia (21%), Spagna (19%) e Grecia (18,3%). I profili sono ovviamente molto diversi: da chi prende un anno di “pausa” dagli studi per fare un’esperienza all’estero fino alla giovane mamma, assommati però a uno zoccolo duro fatto di giovani senza qualifica, sempre più scoraggiati riguardo la possibilità di riuscire a entrare nel mercato del lavoro.

Per quanto riguarda le cause, oggi si guarda soprattutto alla formazione professionale, spesso ritenuta scarsamente efficace nell’intercettare gli studenti più deboli e nell’avviarli a un mestiere. Colpa sicuramente anche della crisi: negli ultimi 10 anni il tasso di disoccupazione tra chi ha una titolo di professionale (BEP o CAP) è passato, a tre anni dal conseguimento, dal 17% al 31%. Ma la stagnazione economica, si sottolinea, non è l’unica responsabile, dato che la porzione di alunni in difficoltà è rimasta costante negli ultimi anni.  Per questo si punta il dito anche sulla scuola primaria, ritenuta debole e sottofinanziata, e soprattutto incapace di rispondere alle sfide sociali di cui è stata caricata, in particolare per quanto riguarda la gestione delle banlieu, le periferie-ghetto, e del fenomeno migratorio.

Basti pensare che, alla fine delle elementari (11 anni), il 20% degli allievi non riesce a padroneggiare correttamente la lingua francese, e addirittura il 30% non possiede gli elementi basilari della matematica. Le differenze di origine nelle possibilità quindi emergono presto, prestissimo: una bella sfida per gli ideali repubblicani, e in particolare per la maggioranza socialista alla guida del paese.

Daniele Mont D'Arpizio

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