SOCIETÀ

Google, i Nove Comandamenti per l'e-mail perfetta

Niente fa eco come una cassetta postale vuota, lo ha detto Charles Schulz per bocca di Charlie Brown il 14 febbraio del 1979, e lo sappiamo bene tutti, ormai, nell'anno domini 2014 dove a dare i comandamenti sulla corretta gestione della posta (elettronica) c'è God Google incarnato in Eric Schmidt e Jonathan Rosenberg.

Una in meno delle sacre Tavole, le nove regole Google per un corretto e-mailing o meglio gmailing (se Fellini è diventato un aggettivo, il colosso di Mountain View è diventato un verbo, anzi: il Verbo), grondano buon senso e praticità, e un po' del candore sistematorio da manualistica made in Usa, tipico di chi non contempla l'evenienza, beato lui, che fatta la legge qualcuno trovi l'inganno.  

Vediamo questi precetti.

Innanzitutto, Google chiede di rispondere sempre e velocemente alle e-mail, a scongiurare nel Prossimo tuo la sindrome di Charlie Brown che aspetta i bigliettini d'auguri pieni di affetto a San Valentino. Giustissimo. Aggiungono, i capi Google, di essere non solo rapidi ma anche recisi nella risposta: ad esempio, nel caso in cui si venga resi edotti su questioni lavorative la risposta suggerita da Schmidt&Rosenberg è "Got it." più o meno "ca-pi-to", fulmineo quanto vogliamo ma con un potenziale di rintocco tetro e stolido. Tipo "you rang – chiamato" del maggiordomo degli Addams – ma è proprio una delle loro risposte preferite, ci informano, e non ci si può far niente. Del resto, come dicono loro, molto meglio il sinistro (questo non lo dicono) "got it" che una non-risposta gravida di sottintesi riconducibili quasi sempre, ci spiegano Schmidt&co, a: "Sono sopraffatto e non so né quando, né se riuscirò a occuparmi anche di te e a darti un feedback, quindi rassegnati a stare nel limbo. Ah, in più non mi piaci" . Sicuramente qualche ragione ce l'hanno, certo però che devono aver ricevuto davvero pochi bigliettini d'auguri in vita loro, Schmidt e Rosenberg

Ma andiamo avanti.

La seconda regola impone di non disperdersi in dettagli inutili e inutili esercizi di prosa: bisogna andare al sodo tralasciando ciò che comunque inevitabilmente il lettore salterebbe a piè pari. Sacrosanto e difficile: chi scrive è innamorato di quel che scrive e non si salterebbe mai. Ci vuole umiltà e mestiere. Infatti i Google boss portano ad esempio la scrittura di Elmore Leonard, un romanziere.

Al terzo posto c'è il precetto casalingo di tener pulita la casella. Gli attenditori di bigliettini d'auguri stiano tranquilli: pulita non vuol dire vuota. Quant'è vero. La casella, come la casa e la cuccia di Snoopy, pulita e ordinata facilita la vita e i rapporti sociali, e fa risparmiare tempo. A tal riguardo bisogna riconoscere che Google Mail prova anche a dare una mano ai mailer più casinari con la premura delle mamme dei figli in trasferta: mette le etichette sulle scatole. "Principale" "Social" "Promozioni" è la tripartizione canonica di Gmail, che a volte sbaglia e lascia che Last Minute Vacanze in Trentino finisca con la posta di lavoro (di chi non è un tour operator, si intende), ma bisogna riconoscere la buona volontà, delle madri e di Gmail. E come una mamma realistica GM ci rammenta tra le righe che il binomio fantastico "Genio e sregolatezza" non funziona: chi scrive e-mail per lavoro e se le perde per negligenza e disordine mediamente non è un genio e se lo è non ha bisogno dei precetti Google e può fermarsi qui senza arrivare alla…

Quarta regola: ordinare la posta secondo il criterio "last in, first out" (che sta anche alla base della scorretta e diffusa convinzione che nei parti gemellari il primo bebè a uscire sia in realtà il più giovane. Non tenere conto che i bebè in nove mesi cambiano spesso posizione ha causato nei secoli non poche ingiustizie in tema di definizione di primogeniture, ascese al trono e spartizione di assi ereditari). Eric Schmidt e Jonathan Rosenberg sono convinti che bisogna dare priorità al Nuovo, che al vecchio ci avrà già pensato qualcun altro. Un'idea da rottamatori.

Quinto: siamo router. Dobbiamo fare girare le notizie e l'economia, c'è sempre una cosa che non ci interessa e che potrebbe interessare a qualcun altro. Prima di buttare premere "inoltra" – che talvolta è come rifilare al Prossimo tuo la gatta da pelare, ma va bene così.

Il Sesto fa paura e fa sentire in colpa, e infatti tuona: "quando metti qualcuno in copia nascosta, chiediti sempre perché lo fai". E giù accuse: lo fai perché stai quasi sempre cercando di nascondere qualcosa, fatto di per sé controproducente e potenzialmente truffaldino in una cultura trasparente! Mamma mia, Eric Schmidt e Jonathan Rosenberg, datevi una calmata. Senti chi parla poi, quelli (Gmail) che comunque spiano tutte le tue e-mail e si impicciano di qualsiasi cosa scrivi o non scrivi ("oddio! Non hai messo l'oggetto! Brucerai all'inferno"). Va bè, ho peccato contro il Sesto, perché a volte devi dire una cosa a più persone che magari non gradiscono che il loro account sia noto ad altri, ma a Mountain View evidentemente non si può.

Sul Settimo hanno piena ragione: non si sbraita per e-mail, è troppo facile e tipico dei conigli. Andate a urlare di persona se ci tenete e ne avete il coraggio.

L'Ottavo e il Nono (e ultimo) comandamento presuppongono una propensione alla schizofrenia: l'uno contiene un invito a inviarsi in copia l'e-mail contente un'azione da monitorare e poi etichettare l'e-mail medesima col follow up. Così se il Prossimo è negligente si può incalzarlo semplicemente inviandogli la nota originale con una nuova intro che chiede "se questo è stato fatto". Francamente insopportabile, e attuabile solo se sei Schmidt o Rosemberg, se no i colleghi ti tolgono, giustamente, il saluto.

L'altro, e ultimo, chiude la serie esortando ad auto-inviarsi e-mail con promemoria "inserendo parole chiave", un'ideona a cui nessuno aveva mai pensato. I due fanno anche un po' tenerezza quando svelano ai lettori (le regole sono contenute in un libro, "How Google works": Come funziona Google (Rizzoli Etas, 2014) che, tenetevi forte, addirittura uno potrebbe scansionare e autoinviarsi  documenti, assicurazioni, lettere!

In conclusione, non penso verrò assunta mai da Schmidt e Rosemberg ma di sicuro gli spedirò una mail di auguri, mettendo tutti in Copia nascosta.

Silvia Veroli

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