SOCIETÀ
I cyborg. Molto prima di quanto pensassimo
“L'idea che il futuro sia diverso dal presente ripugna a tal punto al nostro abituale modo di pensare e di agire, che la maggior parte di noi oppone una notevole resistenza a confrontarcisi nella pratica”. Con questa frase di John Maynard Keynes si apre Global Trends 2030: Alternative Worlds, quasi che gli autori del rapporto elaborato dal National Intelligence Council per delineare le tendenze globali di qui a una ventina d'anni avessero voluto mettere le mani avanti: “Quello che leggerete non vi piacerà, ma sarebbe meglio se invece ci faceste i conti” è il non troppo implicito sottotesto della premessa, e dato che il National Intelligence Council è il centro di coordinamento delle agenzie di intelligence (leggi: spionaggio) degli Stati Uniti forse vale la pena prestare ascolto. E in effetti, nei giorni scorsi del rapporto si è parlato parecchio anche in Italia, soprattutto a proposito del previsto sorpasso della Cina sugli Stati Uniti che, per gli analisti del Nic, avverrà in modo piuttosto rapido: nel 2020 la Cina sarà la prima potenza mondiale sul piano economico e non molti anni dopo il primato potrebbe estendersi anche a livello geopolitico (tranne poi affievolirsi, intorno alla metà del secolo, in favore dell'India).
Ma a quanto pare la maggior parte dei commentatori italiani non è andata oltre i primi capitoli del voluminoso rapporto (complessivamente 140 pagine), perché i risultati più sconvolgenti – o, se vogliamo adottare il termine di Keynes, più ripugnanti – del rapporto vengono dopo, nella seconda parte. Non contenti di avere prefigurato un mondo instabile, caratterizzato da una crescente scarsità delle risorse primarie (acqua, cibo, energia elettrica), con tutte le conseguenze conflittuali che si possono facilmente intuire, gli autori di Global Trends 2030 prevedono un futuro prossimo nel quale il significato stesso di specie umana sarà sottoposto a un energico ripensamento.
Sotto la testatina Human Augmentation, “potenziamento umano”, gli analisti del National Intelligence Council spiegano con grande aplomb che già adesso la prostetica ha raggiunto “uno stadio in cui gli arti artificiali offrono una funzionalità equivalente o addirittura lievemente migliore rispetto agli arti naturali” e che “gli organismi militari stanno sperimentando varie tecnologie 'potenzianti' fra cui degli esoscheletri che consentono ai soldati di portare pesi sempre più grossi, e al tempo stesso psicostimolanti grazie ai quali è possibile resistere alla fatica per un arco di tempo sempre maggiore. E se questo accade oggi, figurarsi tra vent'anni! Senza contare che – come si sa – le invenzioni messe a punto in ambito militare non faticano molto a trovare applicazioni all'interno della società civile.
Certo, continuano imperturbabili gli autori del rapporto, il “potenziamento” costerà parecchio e non è escluso che si crei un dislivello sociale fra “potenziati” e “non potenziati”, ma quello che conta è che, a mano a mano che le tecnologie di sostituzione degli arti e di altre parti del corpo si affinano, le persone (o per lo meno alcune persone) potranno “scegliere di potenziare il loro corpo fisico, con la stessa facilità con cui oggi scelgono di modificare il loro aspetto grazie alla chirurgia estetica”. Non è scritto a chiare lettere, ma tra le righe si legge come, in virtù del potenziamento, c'è chi si farà sostituire le gambe con protesi simili a quelle che già abbiamo imparato a conoscere grazie a Oscar Pistorius, e chi invece punterà su retine artificiali, grazie alle quali potrà vedere di notte come i gatti.
Ammesso che il rapporto abbia azzeccato le previsioni, i robocop, non necessariamente poliziotti, si moltiplicheranno. E certo, nella prospettiva del 2012 l'idea suona inquietante, anche se è probabile che apparirà meno strana agli occhi dei ragazzi che oggi hanno dodici o quindici anni e di quelli che nascono adesso. Pure, difficilmente il rapporto sbaglia quando nota, con anglosassone asciuttezza, che “sfide etiche e morali al potenziamento umano sono inevitabili”. E ci mancherebbe altro, aggiungiamo noi.
Maria Teresa Carbone