SOCIETÀ

Il dopo Fukushima: l'atomo paga sempre di meno

Costi altissimi, rischi elevati e opinione pubblica spesso contraria. Il nucleare pare scontare ancora, a distanza di quasi due anni, l’effetto del disastro di Fukushima, in Giappone, causato dal maremoto dell’11 marzo 2011. In realtà la macchina dell’energia nucleare corre ancora a due velocità, tra Paesi interessati (a parole) a smantellare, lentamente, i loro impianti e altri che decidono di puntare sull’energia che continuano a credere "pulita". 

Sono le regioni dell’Europa orientale quelle più interessate al nucleare per un duplice fattore: la costante crescita della sfiducia nei confronti della Russia e il timore di vedersi sempre più succubi delle forniture di gas naturale proveniente dai suoi giacimenti. Le ambizioni sono infatti forti in repubblica Ceca, Romania, Bulgaria e Polonia, anche se problemi di opinione pubblica e di accesso ai finanziamenti frenano sul nascere le velleità di questi Paesi. In Lituania l’esito del referendum popolare ha dato parere contrario al nascere di impianti nucleari, mentre in Bulgaria lo stesso quesito, sottoposto il 27 gennaio scorso, ha avuto parere favorevole, seppure con una partecipazione molto bassa: i sì sono stati il 61%, ma l’affluenza si è fermata al 21,8% degli aventi diritto al voto, poco al di sopra del quorum minimo per la validità. Il parere ora passerà al vaglio del Parlamento bulgaro. In bilico la situazione della repubblica Ceca, unico tra i Paesi della Ue ad aver approvato la realizzazione di un nuovo impianto nucleare dopo l’episodio di Fukushima. Costruttori russi e americani erano pronti a partecipare al bando per la struttura da realizzare al confine con la Germania (base d’asta dieci miliardi di dollari) ma una combinazione tra costi dell’energia più bassi e un decremento dei consumi energetici starebbero spingendo il governo ceco a rivedere le proprie decisioni. 

Un controllo per la radioattività su un autobus in uscita dalla zona di Fukushima. Foto: Reuters/Itsuo Inouye/Pool

“Il futuro del nucleare in Europa è molto incerto - dichiara Mycle Schneider, un consulente indipendente per l’energia e il nucleare di base a Parigi - È troppo dispendioso e semplicemente troppo rischioso”. Il tentennare della repubblica Ceca ha ovviamente assestato un colpo economico pesante ai due costruttori candidati alla realizzazione dell’impianto (la russa Rosatom corporation e la Westinghouse electric corporation, americana) che vedono il loro margine d’azione diminuire. D’altra parte, sull’onda di Fukushima, la Germania ha annunciato (ma non ancora messo in atto) la chiusura di tutte le sue centrali nucleari, a favore di una politica energetica più “verde”, ancora tutta da realizzare. La Svizzera ha deciso di stralciare ogni progetto per nuovi impianti, mentre i progetti già in fase di realizzazione in Francia e Finlandia vedono costi di realizzazione quasi centuplicati e tempi incerti per la fine dei cantieri. Gli impianti di Olkiluoto e Flamanville, entrambi commissionati alla francese Areva con reattori di nuova generazione (la terza) subiscono ritardi di quattro-cinque anni rispetto alla tabella di marcia e spese ben al di sopra del budget di partenza prefissato. A questo si aggiungano i costi di manutenzione e di verifiche straordinari che i diversi governi hanno commissionato sulla scia di Fukushima. Secondo la commissione Ue, il costo totale per la gestione di questi stress test si potrebbe aggirare attorno ai 25 miliardi di euro. 

Ma per un’Europa che si allontana dal nucleare, un’altra parte del mondo non sembra interessata ad abbandonare l’atomo come fonte di energia. La Cina da sola ha 26 nuovi reattori in costruzione (circa un terzo di quelli totali in realizzazione nel mondo) che si aggiungono agli 11 già in funzione. La Russia sta realizzando 11 unità e l’India 7. Sempre la Cina è vista come Paese emergente anche per un futuro export di tecnologia nucleare, anche se al momento gli unici scambi commerciali di tecnologia si sono avuti con la vendita di due piccoli reattori al Pakistan. In questo panorama, la linea del nucleare si sta spostando sempre più verso Oriente, nonostante lo spauracchio dell’incidente di Fukushima. L’Occidente frena di fronte a un’opinione pubblica sempre più avversa e soprattutto di fronte a costi di realizzazione e manutenzione sempre più alti e il Giappone, “casa” dell’ultima catastrofe più grave dopo quella di Chernobyl, sta ancora valutando seriamente i pro e i contro di procedere con l’energia nucleare, facendo pesare, ancora una volta, assieme al fattore del rischio per l'uomo, il fattore, più determinante, del rischio economico.

Mattia Sopelsa

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