CULTURA

Il futuro è del robot scrittore

Nel suo ultimo romanzo Ian McEwan racconta la storia di un agente segreto donna incaricato dai servizi britannici dell’MI5 di arruolare uno scrittore di romanzi. Siamo negli anni Settanta e può stupire il fatto che i servizi segreti avessero bisogno di ingaggiare romanzieri: la battaglia con l’Urss si combatteva allora anche sul piano culturale. Oggi non accade

più, non solo perché sono le frontiere della tecnica a determinare le sorti dei popoli, ma soprattutto perché le macchine vengono in aiuto ai servizi segreti anche quando hanno bisogno di romanzieri. In che modo?

Quando, all’ennesima uscita di un best seller di Paulo Coelho, qualche anno fa, più d’uno in cuor suo pensava che il romanzo fosse stato scritto da un software in grado di mescolare la giusta dose di amore, esoterismo, tragedia e frasi ad effetto, non si era effettivamente a conoscenza dell’esistenza di un siffatto programma; oggi, invece, che un’intelligenza artificiale sia in grado di scrivere è cosa risaputa, ed è proprio la Cia a sovvenzionarne lo sviluppo attraverso la società In- Q- Tel che investe per suo conto.

Il software in questione, nato per redigere resoconti sportivi sulla base dei punteggi delle partite, si chiama Quill e lo produce la start up di Chicago “Narrative Science”, che ci ha guadagnato sopra, fino ad ora, oltre sei milioni di dollari, pur avendo solo una trentina di clienti. Tra questi, per esempio, Forbes, un’istituzione del giornalismo finanziario, che se ne serve per creare resoconti leggibili ed, anzi, interessanti, in materia di transazioni e rapporti finanziari, ma può essere utilizzato anche da catene di fast food, grosse società immobiliari o da chiunque disponga di una grande mole di dati da analizzare e trasmettere. Sostanzialmente si tratta di un sistema che passa da numeri e statistiche a testi scritti in cui, oltre ad essere enunciati i dati, questi vengono sintetizzati e spiegati con tanto di approfondimenti. C’è di più: gli “scrittori-robot” sono in grado di adattare i loro testi molto rapidamente in funzione del pubblico, di “postare” (secondo il gergo dei social network) le informazioni sotto forma di newsletter, e-mail, sms alla frequenza voluta, insomma di seguire il trend dettato da Facebook, Twitter e i social in genere, anche perché sono chiaramente in grado di “leggere” ad altissima velocità moltissimi tweet e comunicazioni virtuali.

Lo scenario che si apre è fantascientifico: non basta aver sostituito i cassieri dei supermercati con le casse automatiche, gli addetti ai caselli autostradali con le macchinette che mettono in difficoltà i guidatori più anziani, i progetti da fare a china con i render tridimensionali che costringono il disegnatore tutto il giorno davanti allo schermo, “Narrative Science” promette agli imprenditori e agli editori di fare a meno dei giornalisti. Non è evidentemente quello lo scopo dichiarato, anzi i fondatori si propongono di “aiutare il giornalismo”, ma se già nell’era di internet e dell’ANSA, le notizie sono a portata di click per tutti e persino i telegiornali invecchiano nel momento stesso in cui parte la sigla (per non parlare dei quotidiani), con Quill non c’è neppure bisogno di chi fisicamente scriva l’articolo: in tempi brevissimi la macchina può produrre notizie personalizzate e sempre fresche.

Si può paventare sorte peggiore per l’editoria, settore già in crisi, che potrebbe - forse - ridurre i costi di produzione dei romanzi (anche se è ben noto che per gli autori carmina non dant panem), ma a discapito certamente della qualità, scoraggiando anche quei pochi “lettori forti” che mantengono in vita il mercato. O forse no? Che le trame inventate sulla base di algoritmi matematici che traducono dati numerici in eventi (qualsiasi dato: dalle previsioni meteorologiche ai risultati degli esami del sangue) possano risultare più interessanti di quel che leggiamo ora?

Forse si potrebbe pensare di insegnare agli “scrittori- robot” a emulare lo stile dei grandi della narrativa, magari su ordinazione. Ecco che tornerebbero in vita Fruttero e Lucentini, Jose Saramago, ma anche Jane Austen e persino Dante Alighieri.

Certamente il problema del “blocco dello scrittore” sarebbe risolto con gran sollievo dei romanzieri. Tutto sta a capire che intenzioni ha la Cia, che è poco probabile abbia deciso di darsi all’editoria.

Valentina Berengo

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