CULTURA

Il mondo in una goccia d’acqua di Jane Rowling

È sufficiente curiosare appena un po’ su internet per scoprire che molte delle recensioni de Il seggio vacante, il nuovo libro di J. K. Rowling pubblicato a fine 2012 da Salani, lo definiscono, nella migliore delle ipotesi, un flop. Eppure, i libri di Harry Potter hanno accompagnato almeno una generazione dalle medie alle superiori all’università, fino a un paio di anni fa, vendendo milioni e milioni di copie in tutto il mondo. Possibile che la Rowling fosse l’autrice “di una storia sola", e che uscita da quella saga  la sua vena letteraria si sia persa?

La ragione delle molte critiche, più che non nella qualità letteraria - Il libro è piuttosto scorrevole, tanti anni di scrittura (una “scuola” di tutto rispetto) si sentono e le 500 pagine del volume si leggono d’un fiato – vanno forse cercate nell’orizzonte di attese con il quale il libro ha dovuto fare i conti. Se la Rowling l’avesse pubblicato con uno pseudonimo, Il seggio vacante molto probabilmente avrebbe ricevuto recensioni decisamente positive. Naturalmente l’editore ha puntato sul nome dell’autrice, ma questo si è rivelato un boomerang.

Per quanto riguarda l’intreccio, infatti, pochi libri sono più lontani da Harry Potter: se prima avevamo dei maghetti ingenui e storie fantastiche, ora il lettore viene scagliato in un mondo popolato da adulti isterici e adolescenti sociopatici. Se ci si avvicina al romanzo con la speranza di entrare in un altro universo incantato, la delusione diventa inevitabile. Eppure il racconto è pregevole e perfino seducente, per un lettore privo di preconcetti.

La storia prende le mosse dalla morte improvvisa di Barry Fairbrother, componente del consiglio cittadino di Pagford, un piccolo paesino immaginario della provincia inglese. Da qui veniamo a conoscenza delle storie dei suoi abitanti, di piccole e grandi scaramucce condite da drammi interiori pronti a sfociare in una rabbia cieca, il tutto con un effetto buco della serratura degno di Agatha Christie, grazie alla tecnica del “narratore onnisciente”. Attraverso una scrittura semplice e scorrevole, ma mai scontata, entriamo nei pensieri di personaggi principali e comprimari cogliendo la loro umanissima, profonda cattiveria, i loro calcoli più abietti e brandelli di buoni sentimenti che emergono qua e là a complicarci il quadro.

Farsi un’idea univoca sul valore morale dei personaggi è impresa ardua, se non impossibile: la Rowling non manca di gettare ombre persino sul caro estinto, descritto per lo più come gentile e affabile uomo politico, impegnato a perseguire il bene comune, ma a costo di trascurare la famiglia (ed è proprio dalla moglie Mary che il lettore viene a conoscenza di quel suo egoismo sociale che è quasi un’ossessione per l’aiuto ai più deboli).

Il villaggio non fa in tempo a seppellire Fairbrother che i cittadini si avventano come avvoltoi sul suo posto nel consiglio, rimasto vacante. Howard Mollison, il capo del consiglio, vuole insediare al posto dell’affabile defunto il figlio Miles, un tipico cocco di mamma con la pancetta che nella vita non ha mai dovuto rimboccarsi le maniche. E anche nel caso di Howard, l’autrice rende in pochi ed efficaci tratti la poliedricità del carattere: è un uomo meschino e volgare, ma al contempo con la battuta sagace sempre pronta, e simpatico a chi non gli si contrappone. Come la nuora Samantha, vicina a lui per sfacciataggine e scurrilità e che cerca di fuggire da una vita coniugale noiosa fino all’esasperazione riponendo le sue fantasie sull’idolo musicale adolescente della figlia.

Le cose si complicano quando cominciano ad apparire sul sito della comunità delle apparenti calunnie (tutte fondatissime, in realtà) ai danni dei candidati al seggio vacante. Il lettore sa bene che i sabotatori sono proprio i personaggi più vicini alle vittime, ma ogni abitante di Pagford ha le sue idee in merito, tutte diverse.

Al centro della disputa tra conservatori e progressisti nel consiglio ci sono i Fields, al confine di Pagford, dove vivono le persone più indigenti: Fairbrother si era sempre battuto per fornire loro mezzi per sopravvivere e possibilità per costruire un futuro migliore, cercando di aiutare soprattutto Krystal Weedon, una studentessa intelligentee sensibile, con una madre schiava della droga e un fratellino che accudisce da sola cercando disperatamente di evitare di farlo finire tra le mani dei servizi sociali.

Tra lotte intrafamiliari, frecciatine imperdonabili e calcoli complicatissimi per guadagnare potere, si snodano le storie di questo coro di personaggi, a cui l’autrice permette di affezionarsi per l’umanità che li contraddistingue senza per questo attenuarne le meschinità e in alcuni casi la vera e propria (e spesso sproporzionata) cattiveria. Fino ad arrivare al colpo di scena finale, giunti al quale è difficile non pensare che il più grande rimpianto della Rowling relativamente alla saga di Harry Potter sia stato quello di non essere riuscita, forse per le pressioni dell’editore e dei fan, a uccidere il suo protagonista. Questo libro deve aver finalmente soddisfatto i suoi istinti omicidi (letterari, beninteso) fin qui inappagati. Anche se in questo caso, forse, ha calcato un po’ la mano.

Anna Cortelazzo

J. K. Rowling, Il seggio vacante. Milano, Salani 2012

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012