SCIENZA E RICERCA

Il nuovo cielo rivelato da Galileo

Massimo Bucciantini, Michele Camerota e Franco Giudice, docenti rispettivamente all’università di Siena, Cagliari e Bergamo, sono ospiti al quarto degli incontri previsti tra pubblico e finalisti del premio Galileo.

Il telescopio di Galileo “racconta la storia di un delitto”: quale? Nel corso della storia, a vostro parere, sono stati compiuti altri “delitti” dello stesso genere?

La storia che raccontiamo è a tutti gli effetti la storia di un delitto: l’uccisione del cielo. Un fatto che segna il culmine della crisi della coscienza europea: il cielo contemplato dai poeti, e che i filosofi e gli astronomi credevano ormai di conoscere, viene letteralmente demolito. Anzi, ed è questa la cosa più drammatica, non è mai esistito. E il protagonista principale è uno strumento piuttosto semplice, il telescopio, grazie al quale Galileo rivela un nuovo cielo. Che implica, però, anche la scoperta di un “altro mondo”, innescando subito un conflitto che va ben oltre il campo dell’astronomia e della stessa cosmologia. A essere in gioco, infatti, non è soltanto la sostituzione di un sistema astronomico con un altro, bensì la chiara percezione del tramonto di una visione finalistica e antropocentrica dell’universo. Così, quando questo “delitto” si consuma, la rivoluzione che ne deriva è al tempo stesso cosmologica e antropologica. Nella coscienza dell’epoca si trattò davvero di una ferita incolmabile, poiché si mandavano in frantumi antiche e rassicuranti certezze, e si decretava la fine di un mondo in sé concluso e ordinato.

Un delitto simile fu perpetrato da Darwin nella seconda metà dell’Ottocento quando inserì l’uomo nelle generazioni del regno animale, minando così l’immagine ideale che l’uomo si era costruito di sé stesso, ossia la sua discendenza divina.

Quando si parla di telescopio si pensa al genio solitario di Galileo. Nel libro viene introdotta una nuova prospettiva, quella di “storia europea”: perché? Più in generale, una scoperta scientifica quanto è il risultato di uno e l’apporto di molti?

La dimensione europea della storia del telescopio nasce da una semplice constatazione. Non esiste la storia del telescopio come vicenda che si svolge lungo una direttrice e che ha un unico protagonista. Galileo è indubbiamente uno dei principali protagonisti di questa storia, il più importante, perché è tra i primi a trasformare un rudimentale dispositivo ottico, che quasi tutti pensavano di usare per scopi militari o navali, in uno strumento astronomico. Tuttavia, è soltanto se assumiamo una prospettiva spaziale più ampia, quella europea appunto (che finisce però per estendersi fino all’India e alla Cina), dove incontriamo scienziati che la pensavano in maniera diversa, mettendo addirittura in dubbio la veridicità delle sue scoperte, che riusciamo a cogliere l’impatto effettivo delle rivelazioni telescopiche di Galileo.

Una scoperta scientifica può senz’altro essere il risultato della collaborazione di molti, soprattutto da quando nella scienza il lavoro in équipe è diventato imprescindibile. Nel caso di Galileo, tuttavia, la collaborazione di altri riguardò più che altro la costruzione e il perfezionamento del telescopio, mentre le scoperte astronomiche furono innegabilmente il frutto delle sue straordinarie capacità di osservare i fenomeni cogliendone e interpretandone la vera natura.

Nell’opera sottolineate che il Sidereus Nuncius era un “libro per tutti” in cui l’illustrazione assume un’importanza fondamentale. Fino a che punto si può parlare di divulgazione scientifica?

Il Sidereus Nuncius, pur essendo rivolto principalmente a filosofi e astronomi, era un libro per tutti perché per la prima volta protagoniste erano le immagini e non le parole. È questa la sua assoluta novità: la parola fa da corredo all’immagine, e non viceversa. Così, anche chi non sapeva il latino, la lingua in cui era stato scritto, aveva di fronte le “fotografie” delle sconvolgenti scoperte effettuate da Galileo. Non importava leggerne le descrizioni, era sufficiente sfogliarlo.

Con divulgazione scientifica oggi intendiamo soprattutto un modo di porgere questioni complesse e tecniche in un linguaggio più accessibile. E in questa accezione il Sidereus non è e non era un’opera di divulgazione scientifica. Se però intendiamo con divulgazione un modo per arrivare al più vasto pubblico possibile, per far cogliere l’importanza di una scoperta, allora forse anche il Sidereus potrebbe rientrare in questa categoria.

Dal telescopio di Galileo alla missione BepiColombo, in che modo politica e religione possono, se possono, influire sui progressi dell’astronomia e dell’astrofisica?

Nella storia della scienza, politica e religione hanno sempre avuto un ruolo centrale, anche se non sempre positivo. Oggi l’influenza della politica si esercita principalmente nelle scelte di finanziare o favorire un progetto di ricerca piuttosto che un altro, e ciò ha ovviamente una ricaduta immediata sulla libertà di ricerca; mentre la religione sembra preoccuparsi soltanto quando alcuni esiti delle ricerche scientifiche, specie nel campo della medicina e della biologia, vengono percepiti come una minaccia alla sua concezione dell’uomo e della vita. Galileo non ebbe particolari problemi con le autorità politiche, soprattutto durante i 18 anni trascorsi a Padova. Anzi, quando offrì il suo telescopio alla Repubblica di Venezia, ottenne un aumento dello stipendio e la conferma a vita sulla cattedra di matematica a Padova. E pari trattamento ebbe quando decise di dedicare la sua scoperta dei satelliti di Giove ai Medici, che lo ricompensarono facendolo ritornare a Firenze con il titolo di Filosofo e Matematico del granduca di Toscana. Come è ben noto, non si può dire la stessa cosa per le autorità religiose. Il processo a cui Galileo fu sottoposto, con la conseguente condanna e abiura, è una delle ferite più profonde che la scienza ha dovuto subire in questi ultimi secoli.

Perché uno studente o un lavoratore, in generale una persona che ne sa poco o nulla di scienza, dovrebbe leggere il libro?

La prima risposta che ci viene in mente è che il nostro non è un libro di scienza. È una storia sociale della scienza, dove raccontiamo come un’invenzione scientifica (il telescopio) e le straordinarie scoperte che ne derivano assumono un immediato rilievo pubblico e sovranazionale così pervasivo da superare ogni steccato territoriale, proiettandosi sull’intera geografia del mondo e con un impatto quindi che va ben oltre l’ambito specialistico dell’astronomia. È sufficiente un po’ di curiosità per il rilievo che la scienza ha avuto e oggi più che mai ha sulla nostra vita. Il telescopio di Galileo non è soltanto la storia di uno strumento, ma è anche, forse soprattutto, la storia dei problemi teologici rilevantissimi che l’astronomia e la nuova filosofia di Galileo ponevano, e di cui ovviamente il telescopio fu un alleato decisivo. Abbiamo scelto di raccontare questa storia perché rappresentò una breve stagione di libertà. L’autore del “delitto” pagò duramente per quel crimine e per riconquistare la libertà perduta è stato necessario un lungo e faticoso cammino.

Monica Panetto

Massimo Bucciantini, Michele Camerota, Franco Giudice, Il telescopio di Galileo. Una storia europea. Torino, Einaudi, 2012

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