SOCIETÀ

Il vino? Un rimedio alla disoccupazione

“Il tasso di occupazione a un anno dalla laurea triennale è dell’85%”. Il professor Carlo Duso - presidente del corso di studio in scienze e tecnologie viticole ed enologiche dell’università di Padova, con sede a Conegliano - non nasconde un certo orgoglio. La percentuale in effetti sorprende, se comparata con quelle, molto più basse, di altri studi triennali. “Si tratta di un corso fortemente professionalizzante – spiega Duso - che sembra incontrare le esigenze del mondo del lavoro. Proprio per questo, la facilità di ingresso nel mondo del lavoro può costituire un fattore negativo per la durata media della carriera degli studenti, che in alcuni casi rallentano l’impegno universitario per sfruttare le opportunità professionali incontrate. Questa facilità riduce di molto l’incentivo a proseguire la formazione in un corso di laurea magistrale: gli iscritti infatti sono soltanto il 31%, contro il 59% della media di ateneo”. Una luce in un mondo popolato di studenti pronti a trasformarsi in futuri disoccupati. Con eccellenze degne di nota. Su tutti, Monica Rossetti, enologa italo-brasiliana, ora all’università di Udine, che ha studiato anche a Conegliano, creatrice di “Faces”, il vino ufficiale dei prossimi Mondiali di calcio. E ancora Matteo Marangon, attualmente responsabile del master in Viticulture and Enology all’università di Brighton.

Del resto, è lo stesso settore vitivinicolo a promettere, anzi, garantire successi, basta dare un’occhiata ai numeri. Il vino non conosce crisi e traina l'export alimentare italiano, soprattutto negli Stati Uniti e in Germania (che insieme assorbono oltre il 41% del totale esportato), con crescite significative nel Regno Unito, in Russia, in Svezia e in Norvegia. 

Secondo i dati Istat elaborati da Vinitaly-Assoenologi, le vendite oltre confine superano, per la prima volta, la soglia dei 5 miliardi di euro in valore, registrando nel 2013 un +7,3% rispetto al 2012. Dato ancor più rilevante se si considera la diminuzione di quasi 1 milione di ettolitri dei volumi esportati (il totale è sceso a 20,4 milioni contro i 21,3 del 2012) e l’incremento del valore medio unitario, passato da 2,20 euro a 2,47 euro al litro (+12,3%). Una crescita che non rallenta, dunque: in cinque anni, dal 2008 al 2013, l’export ha registrato un +37%.

Il campus di Conegliano, in provincia di Treviso, è un luogo dove uno studente può esaurire buona parte della propria carriera scolastica: partendo dalle superiori, passando per il corso di laurea e concludendo con un dottorato. Accoglie la Scuola Enologica, nata nel 1876 - che offre istruzione tecnica (istituto tecnico agrario Cerletti) e professionale (istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente Corazzin) – l’università di Padova con il corso di laurea triennale in scienze e tecnologie viticole ed enologiche (prima del 2001 conosciuto come Scuola diretta a fini speciali in tecnica enologica, avviato a partire dall'anno accademico 1992-1993) e il corso di laurea magistrale in viticoltura enologia e mercati vitivinicoli, e il Cirve, centro interdipartimentale per la ricerca in viticultura ed enologia. A questi si aggiungono le sedi del Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano (Cra–Vit), il Centro regionale per la viticoltura, enologia e distillati e la Fondazione per l’insegnamento enologico e agrario. Un campus profondamente legato al territorio delle colline trevigiane del Prosecco, inserito in un contesto regionale che regala altri vini importanti, quali l’Amarone, il Soave e il Pinot grigio e che si pone, oggi più che mai, come guida del settore a livello nazionale. Basta fare qualche considerazione, a partire dalla superfici coltivate: “Se, infatti, la tenuta delle superfici preoccupa, soprattutto in regioni come Campania e Sicilia – racconta Vasco Boatto, direttore del Cirve – con una riduzione, a livello nazionale, da 900.000 ettari, nel 2000, a 650.000 oggi, il Veneto risulta in controtendenza, con un incremento del 5% e una superficie pari a 75.000 ettari”. 

Foto: Massimo Pistore

Tornando al percorso universitario e alle successive carriere professionali, ecco spuntare altre percentuali degne di nota: “La valenza fortemente professionalizzante è ulteriormente confermata dal fatto che il 91% dei laureati dichiara di utilizzare in misura elevata nell’attività lavorativa le conoscenze acquisite durante il corso di studio – sottolinea il professor Duso - Si tratta indubbiamente di un punto di forza assai rilevante, se si tiene presente che a livello di ateneo l’utilizzazione di tali conoscenze è del 41%. Anche il reddito medio mensile percepito dai laureati che hanno trovato occupazione, in media 1.376 euro, è decisamente ragguardevole. In definitiva, sebbene lo sbocco occupazionale possa essere in questo periodo agevolato dalla favorevole congiuntura economica in cui versa il settore vitivinicolo italiano, e di quello veneto in particolare, specialmente per il notevole incremento delle esportazioni, la situazione relativa ai rapporti con il mondo del lavoro appare nel complesso alquanto positiva”.

Francesca Boccaletto

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