CULTURA

Immaginate un mondo senza umani

Come sarebbe il mondo senza gli esseri umani? A questa domanda tenta di dare risposta Il mondo senza di noi, saggio del giornalista Alan Weisman scritto effettuando un interessante esperimento intellettuale che lascia ben poco spazio a dubbi, interrogativi e all’immaginazione. Pubblicato negli Stati Uniti nel 2007, è stato dichiarato dal Time “Il miglior libro di saggistica” di quell’anno. L’autore cerca di pensare alla vita del nostro pianeta dopo la scomparsa dell’animale uomo. Una scomparsa totale e definitiva, dovuta a cause non meglio precisate, perché la questione fondamentale non ruota attorno all’uomo, ma si concentra sull’ambiente, sugli ecosistemi, sull’atmosfera, sulle città, sugli animali e sulle piante che sopravvivono ad una catastrofe della quale restiamo vittime noi umani. L’esperimento che l’autore ha condotto non è un ozioso gioco mentale, da bravo giornalista Weisman si è avvalso delle conoscenze di esperti e studiosi, intervistando scienziati, docenti, microbiologi, virologi, ornitologi, ecologi sui possibili e realistici scenari privi della presenza dell’uomo. Weisman opera un confronto fra il passato primitivo dell’uomo e del suo ambiente e un futuro immaginario senza gli esseri umani, descrivendo la situazione come se stesse narrando una cronaca, ingrediente stilistico del libro di profondo impatto razionale ed emotivo. “Invece di emettere un enorme sospiro di sollievo biologico, forse il mondo senza di noi sentirebbe la nostra mancanza?” si chiede Weisman. Le immagini degli effetti di questa scomparsa dopo quarantotto ore, dopo cinque giorni, dopo cento anni e infine dopo cinquecento milioni di anni sono graduali e inesorabili, angoscianti nella loro lucida esposizione. Il primo elemento a provocare devastazione sarà l’acqua, dalla quale, paradossalmente, ha avuto inizio la vita. I segni più evidenti della civiltà umana, le città, sarebbero i primi ad essere colpiti da questa implacabile devastazione, e Weisman immagina con occhio spietato come andrebbe scomparendo il simbolo della civiltà tecnologica, la città di New York. Valuta anche se, a causa dell’eccesso di anidride carbonica e delle scorie prodotte dallo sfruttamento dell’energia ormai abbandonate, vi sarà all’inizio un aumento dell’inquinamento. In quelle condizioni, come sarà la vita per le creature di terra, cielo e mare? Weisman cerca di capire quante specie animali e vegetali riusciranno a sopravvivere senza la cura e la protezione dell’uomo, come animali e piante allevati in cattività. La natura non addomesticata dalla mano dell’uomo se la caverebbe sicuramente meglio, gli animali selvaggi, per i quali ha da sempre rappresentato il maggiore pericolo, non sentirebbero la sua mancanza. Nei boschi si ristabilirebbe un equilibrio che si era perduto e l’ultimo frammento di foresta originaria in Europa potrebbe tornare all’antico splendore. Il mare trasformerà il carbonio in conchiglie o corallo. Sono panorami a loro modo ottimistici, ma la malinconia assale con forza nel momento in cui si legge della fine delle opere d’arte, della musica e dei grandi monumenti come le Piramidi o la Grande Muraglia Cinese. Weisman tratteggia gli esiti dello sgretolamento dei meri materiali delle creazioni dell’ingegno umano, ai quali mai si pensa quando si ammirano capolavori che evocano la grandezza dello spirito e non la labilità della materia della quale pure sono fatti. Leggendo il saggio di Weisman ci si rende conto che diversi scenari sono possibili, ma la conclusione è che il mondo, in un caso o nell’altro, ricomincerebbe da capo, con una nuova armonia dopo il caos. La terra sarebbe mutata, diversa, il terreno avrebbe assorbito materie plastiche prima assenti, che farebbero per sempre parte dell’ossatura, dell’anima, del nostro pianeta. Il segno dell’uomo quindi forse rimarrebbe, sottoforma di esili tracce, come gli indizi lasciati da altre forme di vita ormai scomparse. Fra le motivazioni che possono aver spinto Weisman a scrivere un libro che tenta di rispondere, in modo scientifico e rigoroso, alle domande sulla continuità della vita senza esseri umani forse vi è il desiderio di esorcizzare la paura e il dolore per la perdita delle persone che ci stanno accanto, del sentirsi in un mondo “senza di loro”. La primissima frase de Il mondo senza di noi è infatti una dedica ad una donna che non c’è più. 

Melissa Corona

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