SOCIETÀ

Italiani popolo di ciclisti, soprattutto grazie alla crisi

Ci siamo. Forse è un po’ presto per immaginare le città italiane come quelle cinesi ai tempi di Mao – poche macchine sparute in mezzo a una folla di ciclisti – ma nel 2012, per il secondo anno successivo, nel nostro Paese sono state vendute più biciclette che automobili. Secondo quanto dichiarato dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, nel 2011 i veicoli immatricolati sono stati circa 1.748.000 contro 1.750.000 biciclette; nel 2012 le due ruote sono state 250.000 in più (1.650.000 a fronte di 1.400.000 autoveicoli venduti).

Nello stesso periodo in Italia è radicalmente calato anche il traffico automobilistico. A dirlo è Inrix, una compagnia privata statunitense che analizza in tempo reale i dati provenienti da oltre 100 milioni di autoveicoli, sfruttando la tecnologia Gps presente su cellulari e alcuni modelli di autovetture. Secondo il report annuale del 2012 il traffico nella Penisola sarebbe sceso del 34% rispetto all’anno precedente. Tra i Paesi esaminati nello stesso periodo hanno fatto peggio (o meglio, a seconda dei punti di vista) solo il Portogallo (-50%) e la Spagna (-38%), guarda caso le prime vittime assieme all’Italia della crisi economica dell’Eurozona. La linea di tendenza però è generale: -18% nel Nord America, -22% in Europa. Hanno registrato una contrazione del traffico anche la Germania (-15%), i Paesi Bassi (-15%) e la Francia (-10%); l’unico in controtendenza è il Lussemburgo (+29%): un dato forse non troppo sorprendente visto che si tratta del primo Paese in Europa e uno dei primi al mondo per reddito procapite.

Sia la diminuzione delle vendite che del traffico insomma sembrano più un regalo della crisi economica, piuttosto che il frutto di una maggiore consapevolezza ambientale e sociale. Dove la crisi non c’è si producono infatti sempre più macchine: secondo l’Osservatorio sulla filiera autoveicolare della Camera di Commercio di Torino la produzione mondiale nel 2012 è stata di 81,7 milioni di autoveicoli, con un +5,3% rispetto all’anno precedente. Anche qui l’Asia la fa da padrone: oggi il 52% della produzione mondiale si è spostata in Oriente, in particolare in Cina, mentre in Europa è scesa dell’1,3% rispetto al 2011. Una crisi produttiva particolarmente dura in Italia, dove il settore vale ancora circa 38 miliardi all’anno di fatturato, ma dove negli ultimi 10 anni la produzione si è più che dimezzata, scendendo l’anno scorso sotto le 700.000 unità.

Del resto persino dalle condizioni peggiori si può riuscire a trarre dei vantaggi, se si sfrutta l’occasione per passare a stili di vita più salutari ed ecocompatibili. L’Italia infatti è ancora il primo paese al mondo per la concentrazione di macchine, con circa 62 autovetture per 100 abitanti, neonati e anziani compresi. Un parco auto privato enorme che oggi contribuisce a intasare e a inquinare le nostre città, rendendole meno vivibili. Una situazione che ha portato Comuni grandi e meno grandi a cercare delle soluzioni: da  una parte limitando sempre più l’accesso degli autoveicoli, dall’altro promuovendo servizi come il carsharing e il bikesharing.

La bicicletta può costituire certamente una soluzione alla congestione delle nostre città, soprattutto per gli spostamenti brevi. Non bisogna però correre il rischio di enfatizzarne l’impatto: secondo alcuni studi infatti, ripresi da Andrea Boitani e Francesco Ramella sulla  Voce.info, una moltitudine di ciclisti nelle nostre città non sarebbe quel magico toccasana che molti si aspettano. Se infatti da domani ci trasformassimo tutti in olandesi, passando dagli attuali 200 a 1000 chilometri all’anno percorsi in bicicletta, l’incidenza sull’inquinamento dell’aria sarebbe modesta, nell’ordine di un microgrammo di polveri sottili per metro cubo d’aria, mentre quello sulla sicurezza stradale potrebbe essere addirittura negativo.

Questo per lo meno se infrastrutture e norme rimarranno le stesse. Mentre infatti nel 2011, secondo il rapporto Aci-Istat, il numero dei morti sulle strade è sceso a 3.860, le vittime e i feriti tra i ciclisti sono aumentati rispettivamente a 282 (+7,2%) e a 16.171 (addirittura +11,7%). Questo fa sì che l’indice di mortalità tra i ciclisti è ancora doppio rispetto a quello degli automobilisti, e praticamente uguale a quello dei motociclisti. Oggi, denunciano le principali associazioni, mancano ancora non solo le piste ciclabili, ma anche una segnaletica efficiente e in generale una cultura della sicurezza e del rispetto verso i ciclisti. C’è poi, ma questo è un altro discorso ancora, il problema dei furti sistematici di bici, che superano nel nostro paese il milione all’anno (interessante a questo riguardo un agile manuale antifurto predisposto da Legambiente). Una situazione dalla quale sarà difficile uscire senza un ripensamento generale della mobilità nel nostro paese, la cui priorità oggi continua ad essere apparentemente soprattutto la gomma.

Daniele Mont D’Arpizio

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