SCIENZA E RICERCA

La promessa dell'eolico viene dal mare

Immaginate di produrre energia elettrica pulita da una fonte rinnovabile e di non creare (almeno per gli studi attuali) danni o impatti negativi sulla natura. Una manna per gli ecologisti e anche per i produttori della tecnologia che garantirebbe questo risultato: "l’eolico sottomarino". Si tratta dell’ultima frontiera per lo sfruttamento, non più del moto ondoso, ma delle correnti marine, in grado di generare corrente elettrica muovendo pale installate direttamente sui fondali. In un’epoca di revisione del nucleare in Europa, sono diverse le aziende che stanno puntando a fonti alternative per la produzione di energia, in un mercato mondiale che stima guadagni compresi tra i 70 e 100 miliardi di euro entro il 2030. I più attivi sono i colossi dell’energia francesi che hanno progetti già pronti per essere testati e temono di perdere il vantaggio in termini di know-how che li separa dai concorrenti del resto del mondo (soprattutto Stati Uniti).

La corsa al fondale marino sarebbe già partita. Gli impianti sono costituiti da una serie di pale da adagiare sul fondo del mare con un diametro molto minore rispetto a quello di un eolico tradizionale (al massimo 12 metri). La corrente marina transita attraverso le pale, il cui movimento collegato a una turbina genera energia elettrica poi convogliata attraverso dei cavi sottomarini  fino alle centrali per la sua distribuzione finale. La turbina sarebbe in grado di produrre 500 kilowatt all’ora di energia, quattro volte in più rispetto all’eolico tradizionale.

Le imprese francesi (come la Gdf-Suez e la Dcns, costruttore navale per la Difesa francese con un ramo nell’energia e partner della Edf, altro colosso per la distribuzione della corrente elettrica) stanno facendo notevoli pressioni al governo affinché dia il via libera alla sperimentazione degli impianti. La Francia ha già individuato due siti adatti all’installazione della pale subacquee: nel passaggio di Fromveur (al largo di Finistère) e tra il capo de la Hague e l’isola di Aurigny, dove scorre la corrente del raz Blanchard, una delle più forti al mondo (cinque metri al secondo di media) e che pongono il Nord della Francia come una delle aree di maggiore interesse per l’eolico sottomarino. Non a caso la Dcns è pronta a spendere oltre 130 milioni di euro per acquisire la ditta OpenHydro e la sua tecnologia per realizzare le pale eoliche, mentre la Gdf-Suez è pronta a investire 30 milioni di euro per installare da tre a sei strutture subacquee e testare il loro rendimento. Il tratto marino della corrente raz Blanchard  risulta poi strategico per la sua relativa vicinanza con la costa (basterebbero 15 chilometri di cavo) e per la futura presenza del contestato reattore nucleare Epr di terza generazione di Flamanville. Quella dell’energia rinnovabile marina è l’ultima frontiera per la produzione di energia elettrica: le stime di Indicta (azienda francese specializzata nell’analisi strategica economica in vari campi) parlano di una produzione potenziale di energia compresa tra i 20 e i 30 gigawatt entro il 2030. Ma, per arrivare alla produzione industriale e non solo sperimentale “si dovrà aspettare probabilmente il 2019”, ha spiegato Claude Midi, il direttore del progetto per la idrolinea della Gdf-Suez. Non è un caso che con tanti investimenti in ballo e le numerose pressioni anche dei comitati locali delle regioni interessate (che vedono un possibile aumento del profitto locale) il ministro dell’Ambiente francese Delphine Batho si sia recato nei giorni scorsi a Cherbourg, località di mare di fronte all’area di sviluppo dell’idrolinea, proprio per sondare gli umori della popolazione e capire come agire. Si attende infatti solo il sì del governo francese per dare il via alla sperimentazione di questa nuova fonte di energia sommersa che solo in Francia potrebbe dare lavoro a 82.000 persone da qui al 2030. Si dovrà poi verificare seriamente il reale impatto ambientale di questi impianti: potrebbero non bastare le dichiarazioni degli enti coinvolti, secondo cui, per esempio, la larghezza delle pale permetterebbe il passaggio della fauna acquatica senza arrecare danni. 

Mattia Sopelsa

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