SCIENZA E RICERCA

La scienza? Curiosità e un po' di follia

Carlo Rubbia è venuto a Padova per ricordare Milla Baldo Ceolin assieme alle altre persone che l’avevano conosciuta e che avevano lavorato con lei, con una conferenza-lezione in cui ha tracciato le linee del contributo della grande scienziata padovana, prima donna titolare di cattedra nella storia dell’Università di Padova, alla ricerca sui neutrini. Lo scienziato goriziano, premio Nobel per la Fisica nel 1984, non gioca a fare la star e non si nega alle domande dei colleghi, degli studenti e dei giornalisti, pur ricordando a questi ultimi che “la scienza non è fatta di scoop, e spesso nei giornali se ne parla in maniera molto superficiale”. Qui di seguito abbiamo riportato una nostra sintesi delle sue parole su alcuni dei temi affrontati.

Prospettive

Nessuno può dire quale sarà la prossima scoperta e dove avverrà. Oggi si fa una cosa completamente banale, e il giorno dopo viene fuori che è una scoperta da premio Nobel. Si può sapere soltanto dopo. Quello che si può fare è andare a fondo con la propria ricerca, farla nel modo più intelligente e con la maggiore dedizione possibile.

Ricerca e sviluppo economico

La conoscenza non deve essere per forza perseguita per un’utilità immediata: credo che la scienza debba essere fondamentalmente curiosity driven. Questo non esclude che dopo un’utilità possa venir fuori: anche la meccanica quantistica all’inizio era considerata assurda, ma oggi deriva da essa molto di quello che abbiamo. Einstein diceva “non esiste la scienza applicata. Esistono solo le applicazioni della scienza”. Si persegue la scienza, e solo dopo si scoprirà se questa può essere o meno utile. Tutto quello che è nuovo e interessante e innovativo deve essere studiato e sviluppato semplicemente perché soddisfa la nostra curiosità, e la curiosità non deve avere limiti. È la curiosità che ha spinto l’uomo sulla luna.

Europa

Nel famoso patto di stabilità, oltre a un tetto massimo per il deficit, ci dovrebbe essere l’impegno di tutti i paesi a dare il 3% in ricerca e tecnologia, come oggi fanno Germania e paesi scandinavi. 10 anni fa a Lisbona era stato detto che l’Europa sarebbe diventata leader in una serie di campi, tra cui la produzione di energia alternativa, la ricerca e il progresso tecnologico. È stata un po’ una presa in giro: in realtà questi anni i contributi per la ricerca e sviluppo sono diminuiti. Sembra che la ricerca sia una di quelle cose che è sempre possibile rimandare. Certo ci sono differenze: In Germania va alla ricerca il 3% del Pil mentre in Italia l’1%, quando va bene. Chi può pensare che con l’1% si possa fare lo stesso di quello che si fa con il 3%?

Paesi emergenti

È impressionante il loro sviluppo, unito al coraggio, alla passione e alla volontà che ci mettono, in particolare in India e Cina. Credo che questi paesi, nonostante i problemi politici ancora seri, stiano scrivendo una pagina importante non solo del loro futuro, ma anche della conoscenza e dell’economia mondiali: oggi infatti sono all’avanguardia non solo nella tecnologia e nell’economia, ma anche nella ricerca. Certo sono aiutati anche dalla demografia: Cina e India sono paesi giovani.

Nucleare

Il nucleare oggi è fallito in Giappone per motivi assolutamente stupidi: non si era tenuto conto che avrebbero potuto verificarsi simultaneamente anche due o più eventi catastrofici, come un terremoto e uno tsunami insieme. Non ero contro il nucleare: ha attraversato una fase iniziale fantastica, ma negli ultimi anni è diventato ostaggio della burocrazia e della tecnocrazia. Ricordiamo che la tecnologia nucleare nasce figlia di una madre indegna: la Bomba. Fondamentalmente come tecnologia siamo rimasti al primo reattore sviluppato da General Electric più di cinquant’anni fa, inizialmente pensato per equipaggiare i sottomarini nucleari. Per questo oggi il nucleare non è più accettabile: in cinquant’anni campi come la fisica, la biologia e l’information technology sono stati rivoluzionati, mentre nel nucleare non è cambiato sostanzialmente niente. Questo però non significa che bisogna abbandonarlo. Oggi i problemi possono essere sintetizzati in tre parole: Hiroshima, Chernobyl (o Fukushima) e le scorie. Tre questioni fondamentali in cui il contributo della scienza e dell’innovazione è decisivo. Bisogna pensare a un nucleare diverso, anche perché credo che nel medio periodo le fonti rinnovabili non saranno capaci di sostenere interamente la domanda di energia.

Energie rinnovabili                                      

Sono fondamentali ma ancora premature e scontano enormi difficoltà. Certamente vento e sole sono interessanti, ma oggi vogliamo energia quando ne abbiamo bisogno, non quando è disponibile. Per questo non si viaggia più sui velieri, e non è nemmeno pensabile che alle sei di sera si spengano tutte le luci. L’idroelettrico da questo punto di vista funziona meglio, ma perché c’è la diga, non perché c’è l’acqua. Per il sole e il vento manca ancora l’equivalente della diga. Queste fonti hanno ancora bisogno di un enorme sviluppo tecnologico, esattamente come il nucleare. Di un’innovazione e un’inventiva pari a quelle che poteva dare uno Steve Jobs, e di finanziamenti. Pensate solo se fossero investiti in ricerca i soldi che la British Petroleum ha dovuto pagare per il disastro nel Golfo del Messico (4,5 miliardi di dollari ndr).

Giovani

Oggi c’è soprattutto bisogno di giovani che non abbiano paura di seguire quelle che chiamo unthinkable Ideas, le idee impensabili: quelle a cui non pensa nessuno. Per questo non occorre per forza partecipare a grossi progetti, si può fare ricerca anche con strumenti molto più semplici: pensate a Leonardo Da Vinci, che prima di tutti ha pensato a come far volare l’uomo. Pensare in maniera non convenzionale, innovativa, pensare alle cose impossibili è una delle cose che soprattutto i giovani dovrebbero considerare importanti. Perché tutto sommato è questo che ci permette di cambiare. Innovare è essenziale, tanto più oggi con un mondo 7 miliardi di persone da mantenere, che hanno tutti bisogno di cibo di energia. Ma lo sa quanti sono 7 miliardi? Se fossero in riga a una distanza di 20 metri tra loro coprirebbero la distanza tra la terra e il sole. Si potrebbero percorrere 140 milioni di chilometri con il passaparola!

Italia                 

Forse dovrei venire più spesso, ma voi mi volete? (sorride e va via ndr).

Daniele Mont D’Arpizio

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