SOCIETÀ

La società dell'ignoranza

Chiusi in un mondo parallelo. Anzi, in un incubo. Un sondaggio della società britannica Ipsos Mori, recentemente pubblicato dal britannico The Guardian, dice che l'Italia è il Paese "più ignorante" tra quelli Ocse: non nel senso della cultura personale degli italiani o della loro capacità di far di conto, ma della consapevolezza del mondo che li circonda. Gli italiani non conoscono le loro condizioni effettive e sono convinti che tutto vada peggio di come è in realtà.

Dalle risposte del sondaggio che ha interessato 14 paesi: Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Polonia, Corea del Sud, Spagna, Svezia, Ungheria, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America, emerge che il Paese con la migliore comprensione della realtà è la Svezia e quello meno preciso, con la percezione più sbagliata, è l’Italia. 

Gli italiani, infatti, pensano che la metà della popolazione (il 48 %) superi i 65 anni, quando in realtà il dato corretto è il 21%, che gli immigrati siano il 30% mentre invece sono il 7%, che i disoccupati arrivino al 49% e invece raggiungono soltanto il 12%. Siamo convinti che il numero dei musulmani presenti sul territorio italiano sia il 20% dell’intera popolazione mentre il dato reale è del 4%: forse perché pensiamo che i cattolici siano il 69% quando in realtà sono l’83%.

Sarà che su questi temi i titoli dei giornali sono cubitali e la tv ci marcia, sarà che sui social network tutti commentano e condividono senza chiedersi perché e senza verificare nulla, e una percezione così distorta della realtà in cui viviamo vien facile imputarla alla disinformazione e alla superficialità. Come spiegarsi altrimenti l'idea, largamente diffusa, che ogni anno il 17% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni diventi madre, mentre lo diventa solo lo 0,5%?. Sembra più un’opinione basata sulle telenovelas che sulla quotidianità. Eppure, non aver coscienza di chi siamo non è neutro, anzi. Sulla base di queste percezioni noi formiamo le nostre opinioni e viene costruita la base del consenso politico ed elettorale. 

Se possiamo imputare all’informazione gridata e allarmistica la sensazione di essere invasi dagli immigrati e di essere un Paese di disoccupati e anziani, certo non possiamo farlo con il dato sulla partecipazione alle elezioni: gli italiani sono convinti che alle ultime elezioni politiche abbia votato appena la metà degli aventi diritto (54%), mentre il dato reale è il 75%. I media insistono certamente sull’allontanamento dei cittadini dalla politica e dai partiti, ma tv e giornali danno sempre un ampio risalto sia ai risultati che alla partecipazione alle elezioni. Per amor di patria va detto che nella risposta a questa domanda i francesi sono più pessimisti degli italiani e stimano che solo il 57% degli elettori abbia votato alle elezioni presidenziali, quando in realtà lo ha fatto l'80%.

Imputate, quindi, sono la disinformazione e, in particolare, la cattiva informazione, ma anche i cattivi risultati della formazione e della scuola non vanno sottovalutati. L’Italia, tra i paesi Ocse, possiede una delle percentuali più basse di laureati e l’esito del sondaggio conferma come la scuola manchi l’obiettivo primario di educare i propri cittadini alla conoscenza.

Il 20% per cento della popolazione italiana ha solo la licenza elementare, mentre il 33   possiede la licenza media. Così oltre due milioni di adulti italiani risultano di fatto analfabeti, quasi 15 sono semianalfabeti e altri 15 sono a rischio per l'analfabetismo di ritorno. Nel 2010 un milione di ragazzi fra i 16 e i 24 anni d'età ha scelto di non studiare più, di rinunciare alla scuola. E non è che per chi frequenta le scuole superiori le cose siano così semplici, se un terzo degli studenti maschi delle superiori "si sente sperduto di fronte a una pagina scritta” e il 21% dei quindicenni trova difficoltà a comprendere un articolo di giornale.

Viviamo nella società dell’informazione e l’accesso alla rete è sempre più ampio per tutti, ma avere a disposizione miliardi di nozioni e informazioni non serve a nulla, se non siamo in grado di valutarle e usarle: non basta navigare in internet, usare Facebook e twittare per essere in grado di gestire la propria conoscenza del mondo.

La scuola che ripropone da sempre la dicotomia cultura umanistica/cultura scientifica e valorizza maggiormente la prestazione passiva ripetuta anziché la sperimentazione e lo sviluppo della logica certo gioca un ruolo fondamentale in questo scenario che vede troppi individui ignorare o non essere in grado di gestire le conoscenze indispensabili a orientarsi.

La mancanza di cultura scientifica che emerge nelle statistiche ma soprattutto nella vita quotidiana crea un popolo di "analfabeti della conoscenza", magari superficialmente informati e raggiunti da notizie e nozioni le più disparate, ma nel complesso incapaci di decifrare e soprattutto di gestire con piena consapevolezza la realtà. Cambiare registro sembra necessario; e inserire già nei primi anni di studio l'insegnamento della logica, come propone Armando Massarenti, potrebbe essere un passo avanti significativo. Per la scuola, ma anche per la vita politica, che ha bisogno di competenza e di cittadini in grado di discernere con fondatezza.

Donatella Gasperi

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