UNIVERSITÀ E SCUOLA

Liceo classico, il gusto di imparare

Il liceo classico è la scuola della grande tradizione culturale italiana, eppure negli ultimi tempi anche a questo corso di studi, il più antico e prestigioso del nostro sistema, è capitato di finire sul banco degli accusati. Letteralmente, con tanto di processo pubblico celebrato lo scorso novembre. Il classico, questa la tesi, non fornirebbe adeguate conoscenza tecniche e scientifiche, immediatamente spendibili sul mercato del lavoro. Secondo l’economista Andrea Ichino, sostenitore dell’accusa, anzi “ingannerebbe” gli studenti, riducendo la mobilità sociale e risultando addirittura in buona parte responsabile del declino italiano. In particolare il dito cade sull’impreparazione generale nelle scienze che caratterizza il nostro Paese, con un 70% degli adulti incapace di analizzare informazioni matematiche, contro il 52% della media degli altri Paesi europei (dati Ocse).

Dall’altra parte un difensore di eccezione come Umberto Eco, che invece ha sostenuto che “solo chi ha il respiro culturale che può essere offerto da buoni studi classici è aperto all’ideazione, all’intuizione di come andranno le cose quando oggi non lo si sa ancora. Se forse non è subito capace di fare bene i mestieri esistenti, è più aperto ai mestieri di domani e forse capace di idearne alcuni”.

Anche di questo si parla il 16 gennaio con la prima Notte nazionale del liceo classico promossa dall’Aicc (Associazione Italiana Cultura Classica): una serie di momenti culturali aperti al pubblico, realizzati in circa 150 istituti di tutta Italia per illustrare ai ragazzi e alle famiglie interessati il corso di studi più antico del nostro sistema e anche uno dei più prestigiosi. Una scuola, l’unica fino al 1969 a dare accesso a tutte le facoltà universitarie, fortemente voluta  dal filosofo e ministro Giovanni Gentile, nella convinzione che le élites del Paese dovessero godere soprattutto di una solida formazione umanistica. E in effetti uno o più licei classici erano tra le istituzioni culturali imprescindibili per ogni città piccola o media, ancora prima che le sedi universitarie si moltiplicassero.

Il dibattito resta comunque aperto; quello che è certo è che negli ultimi anni il ginnasio ha conosciuto un calo costante delle immatricolazioni, scese da oltre il 10,1% del 2004 all’attuale 6% degli alunni iscritti al primo anno delle scuole superiori. A nuocere sembra essere stata anche la moltiplicazione di indirizzi: oggi il classico è superato per studenti iscritti non solo dal liceo scientifico, ma anche dal linguistico e dal liceo scientifico con opzione scienze applicate (senza latino). Le iscrizioni resistono nel centro-sud e nelle isole, mentre in Veneto e in Lombardia scendono al 4% degli studenti. Si può anche ipotizzare un influsso delle nuove generazioni di figli di immigrati, forse non particolarmente propensi a studiare latino e greco, ma sorge il dubbio che una parte importante del tessuto produttivo del Paese non riconosca più la preparazione umanistica come adeguata alle proprie esigenze.

Eppure, anche oggi, la preparazione offerta da questo liceo non manca di aspetti positivi. Gli studenti con maturità classica, ad esempio, hanno la tendenza a proseguire gli studi in ambito universitario: cosa che fa l’85,3% di essi, contro l’81,8% dello scientifico, il 29,4% delle scuole tecniche e l’11,5% delle professionali (dati Miur). Nel 2012, secondo i dati di Almalaurea, il 16% dei laureati erano diplomati al classico: studenti che – a parità di genere, titolo di studio dei genitori, regione di conseguimento del diploma, voto di diploma e regolarità negli studi pre-universitari – hanno anche avuto voti migliori (1,8 trentesimi rispetto a quelli con diploma professionale, 1,5 rispetto agli istituti tecnici e 0,5 rispetto a quelli in possesso di maturità scientifica), e si sono laureati prima (in media 1,7 mesi rispetto ai diplomi tecnici e professionali).

Rimane il fatto che la maggior parte di coloro che conseguono una maturità classica si dirige verso corsi di laurea considerati deboli sul mercato del lavoro: il 22,2% si immatricola in corsi dell’area giuridica e il 12,7% in quelli di area letteraria, anche se sono ben piazzate quella scientifica (8,5%), quella economica e statistica (9,5%) e quella medica (7,4%).

Un ultimo dato: i diplomati al classico, sempre secondo Almalaurea, sono tra i più soddisfatti della scelta della scuola. Se 42 diplomati su 100, tornati ai tempi dell’iscrizione alle superiori, cambierebbero l’indirizzo di studio e/o scuola, tra diplomati del classico al 63% risceglierebbero esattamente la loro scuola, la percentuale più alta in assoluto.

Questo non significa, ammettono i suoi stessi difensori, che il classico non possa essere cambiato o migliorato. A patto che rimanga, si suggerisce da più parti, una scuola incentrata sulla persona piuttosto che sulle competenze; che non trasmetta una mera cultura erudita ma un sapere: il gusto di continuare sempre a imparare.

Daniele Mont D'Arpizio

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