SCIENZA E RICERCA

Mercurio, un veleno da eliminare. Nel 2020

È di questi giorni la notizia della firma, a Ginevra, di una convenzione internazionale legalmente vincolante tra 140 paesi per ridurre le emissioni e l’utilizzo del mercurio su scala mondiale. A coordinare i lavori il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e la Svizzera che, insieme alla Norvegia, ha avviato il progetto dieci anni fa. Le conseguenze riguarderanno non solo la grande produzione, ma anche la nostra vita quotidiana.

Trattandosi di un metallo tossico, infatti, le conseguenze sulla salute sono molteplici e riguardano il sistema nervoso, in termini di danni cerebrali e disordini psichici, il sistema respiratorio, cardiovascolare, epatico e riproduttivo soprattutto nelle donne incinte con ripercussioni anche sui neonati. Basti pensare che, secondo uno recente studio condotto dall'Ehesp di Rennes (Ecole des hautes études en santé publique) e pubblicato su Environmental Health, in Italia ogni anno circa 200.000 neonati nascono dopo essere stati esposti al metilmercurio (la forma in cui il mercurio si trova nell’ambiente) sopra la soglia di sicurezza e oltre 1.8 milioni in Europa, con conseguenti problemi di sviluppo cognitivo.

Nel 2010, il 37% delle emissioni di mercurio a livello globale era dovuto all’estrazione di oro dalle miniere, mentre il 24% alla combustione del carbone da parte delle industrie, tuttora le cause principali dell’inquinamento da mercurio. Seguono la produzione di cemento e le operazioni di smaltimento rifiuti. Attraverso questi processi il mercurio, oltre a costituire un pericolo diretto per i lavoratori e le loro famiglie, viene disperso nell’atmosfera, con conseguente contaminazione del suolo e dei prodotti che da esso derivano, e rilasciato nei corsi d’acqua contaminando la fauna marittima e tutta la catena alimentare, oltre alla popolazione a valle. Il mercurio può inoltre essere rilasciato nell’ambiente anche attraverso processi naturali come le eruzioni vulcaniche o gli incendi boschivi. Stando a un recente studio condotto da UNEP, Global Mercury Assessment 2013, sebbene negli ultimi venti anni le emissioni di mercurio nell’atmosfera prodotte da attività umane si siano stabilizzate e si attestino intorno a valori pari a 2.000 tonnellate all’anno, nell’ultimo secolo la quantità di mercurio presente nei primi 100 metri degli oceani è raddoppiata e nelle acque più profonde la concentrazione di mercurio è aumentata del 25%. Nei fiumi e nei laghi vengono rilasciate 260 tonnellate annuali di mercurio.

L’accordo di Ginevra, che verrà ufficialmente sottoscritto il prossimo ottobre a Minamata, in Giappone, regola l’utilizzo del mercurio in prodotti e processi industriali, definisce le misure da adottare per ridurne le emissioni nelle miniere d’oro, nelle centrali termoelettriche a carbone, nei cementifici e nei processi di smaltimento dei rifiuti. Dal 2020, inoltre, verranno banditi anche prodotti di uso comune contenenti mercurio come alcuni tipi di batterie, lampade compatte fluorescenti a risparmio energetico, termometri, alcuni saponi e cosmetici, e amalgame dentali.

A opporsi alla firma del trattato sono stati i paesi sviluppati e le economie emergenti. I dati di uno studio UNEP, Mercury: Time to Act, relativi al 2010, dimostrano che il 39.7% delle emissioni di mercurio interessa l’est e il sud-est asiatico, il 16.1%gli stati dell’Unione Europea e il 12.5% l’America del sud. In questo contesto, paesi come India e Cina non hanno accolto favorevolmente l’idea di dover applicare filtri per le emissioni di mercurio nelle centrali a carbone e il Cile nell’ambito delle miniere di rame. Ostilità anche da parte delle lobby delle miniere d’oro, considerato l’aumento dei prezzi degli ultimi anni e dunque anche del giro d’affari.

Quale la situazione in Italia? L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), organo operativo del ministero dell’Ambiente, ogni anno compila un inventario delle emissioni inquinanti a livello nazionale. I risultati vedono una emissione di mercurio nel nostro paese pari a 10.5 tonnellate all’anno, di cui 1.3 tonnellate nel Veneto. A livello nazionale l’industria estrattiva e siderurgica incidono per il 30%, i processi di combustione legati alla siderurgia per il 25%, le centrali termoelettriche per il 7%. Le industrie chimiche hanno un peso del 2%. Nella nostra regione, in particolare, i fattori principali di inquinamento da mercurio sono dovuti ai processi produttivi con un 40%, al secondo posto si collocano la produzione di energia e la combustione non industriale (il riscaldamento ad esempio) con un 20%.

Lo scorso dicembre è stato siglato tra Consiglio nazionale delle ricerche e ministero dell’Ambiente un protocollo d’intesa per la costituzione di un Centro nazionale di riferimento sul mercurio che verrà candidato nell'ambito del prossimo UNEP Governing Council come organismo internazionale di riferimento per l’attuazione degli obiettivi stabiliti dalla recente convenzione di Ginevra. Il centro avrà dunque il compito di monitorare e aggiornare il registro delle emissione di mercurio su scala mondiale, sviluppare modelli per la riduzione delle emissioni fornendo supporto tecnico soprattutto ai paesi in via di sviluppo.

Monica Panetto

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