CULTURA

Mestieri usuranti: angelo custode

Le storie di Arto Paasilinna, l’ultima pubblicata da Iperborea non fa eccezione, sono come certe lontanissime galassie: brillano dal passato. Le leggi, ridi dello sberleffo alle umane piccinerie di questo come dell'altro mondo, del bio e di Dio, dei rapporti uomo-donna, delle multinazionali, delle banche e poi ti accorgi che Professione angelo custode, il libro fresco di stampa per Iperborea, è stato pubblicato in finlandese oltre dieci anni fa.

Sarà che lassù, così tanto su, al Nord, sono sempre un pezzo avanti, ma sicuramente impressiona ogni volta scoprire che il guizzo e la luce della prosa attualissima, scorretta e a tratti intensamente lirica di Paasilinna vengano da così lontano, spazio-temporalmente parlando.

Nei 14 titoli tradotti in italiano del corpus di oltre 35 trame di fiction, di Paasilinna rintoccano come ritornelli gli stessi toni, ad esempio lo humour nero e a volte nerissimo o l’epiteto lavorativo reiterato anche nei momenti più impensabili davanti ai nomi e cognomi propri (l’istitutrice Rita Ruutinen è sempre preceduta dalla sua qualifica, come spesso accade a Sulo Auvinen “l'ex insegnante di religione” o al “pastore Oskari Huuskonen”). Come, pure, si rincorrono di trama in trama i temi cari all’autore: innanzitutto la supremazia della natura, quella onnipresente finlandese, e i tentativi dell'uomo di innestarsi felicemente in essa (aspetto presente molto meno in questo ultimo), il rapporto complicato col divino, la rappresentazione dell'homo finnicus (costruttore compulsivo di saune ma capace di cavarsela senza piagnistei nella solitudine della tundra).

Soprattutto, ritorna la descrizione di vite insolite di idioti dostoevskianamente intesi; a differenza però del principe Myškin, un candido integrale, un angelo che cerca di farsi uomo, il protagonista dell’ultimo romanzo di Paasilinna, Sulo Auvinen, è un uomo mediocre (un bravo diavolo, si potrebbe azzardare) che, passato a miglior vita, tenta di farsi angelo custode combinando in buona fede un malestro dietro l'altro con esiti tanto spassosi quanto così tragici da suscitare l'invidia di Satana.

Il lavoro dell’angelo custode non è affatto semplice: richiede tirocinio, dominio del volo (memorabile uno schianto su campanile per pavoneggiarsi con due arzille neo-estinte) e della imponente apertura alare; inoltre, comporta spesso umilianti lavate di capo somministrate da uno dei tanti superiori a nome Gabriele. Come sovente accade anche nelle migliori pubbliche amministrazioni, la condotta incompetente è però premiante: e quando se ne imbrocca finalmente una giusta ecco che si passa in un batter d’occhio o in un colpo d’ali da apprendista guardia celeste di corpi terreni (nonché responsabile di colposi disastri ferroviari e nautici e di più d’una morte preterintenzionale), al ruolo di guida di schiere di angeli custodi con la specifica responsabilità della protezione della Finlandia tutta.

Parla di pompe funebri e di carri da morto, Arto Paasilinna, di trapassi e spoglie terrene con cinismo da Six Feet Under e disinvoltura da animista. A tale riguardo, Professione angelo custode è il capovolgimento di un’altra esilarante trama paasilinniana, quella di Il figlio del dio del tuono, vale a dire il rampollo del dio più importante dell'antico olimpo finnico, Ukko Ylijumala. Lì è il baldanzoso e celeste Rutja a peregrinare in terra negli stretti panni d’un mortale (e a rinvigorirne l’esistenza) per ricondurre alla religione arcaica i finnici votati perloppiù al cristianesimo o all’ateismo. Siamo, insomma, nel filone dell’Allegra Apocalisse, con il protagonista che si incarica della costruzione di un’enorme Chiesa scontrandosi con autorità civili ed ecclesiastiche, per dare rifugio e speranza all’umanità in sfascio in vista dell’arrivo di una cometa definitiva. O del Migliore amico dell'orso, dove invece è un animale selvaggio a cambiare la vita di un presto ex pastore di anime che lo battezza Satanasso e si lancia in una lettura apocrifa e comunista della figura di Cristo.

Ride e fa ridere con la religione, Paasilinna, ufficiale o ancestrale che sia e questo ce lo rende nonostante tutto ancora più sinistramente vicino nonostante i due lustri che separano l’apprendista angelo custode da questi tempi di guerre anche metropolitane in nome di un ignaro dio.

Per quanto amaro sia questo riso e preferibile a quella di qualsiasi umano la compagnia un animale selvaggio e affamato, gli happy end al vetriolo di Paasilinna svelano puntualmente le buone sorprese che la vita ha in serbo per i suoi pervicaci eroi. Tipi che, per quanto scalcinati, sono quasi sempre confortati a fine storia da nuovi, a volte mercenari e opportunistici amori che però pur sempre amori sono, e per giunta inaspettati.

Inoltre balugina anche in Professione angelo custode la voglia di essere smentiti sulle faccende spirituali, un po’ come accade nell'ultimo Woody Allen, Magic in the moonlight, nella disperata attesa dell’avvento di qualcuno dotato di un superpotere che non sia la falce. Beninteso, ricordandosi di seguire, nel frattempo, il più importante dei sei comandamenti del dio del tuono: L'uomo deve vivere e comportarsi da uomo, e non come una belva senza cuore o un mollusco senza cervello. Deve coltivarsi, volare alto, leggere e cantare, inventare e costruire cose nuove. Deve opporsi alla guerra, aiutare gli ammalati, dirimere le controversie, dimostrare umanità. Chi non osserva questo comandamento finirà dopo la morte tra la muta dei cani di Tuonela e dei molossi di Horna, branco che non conosce l’umanità e dal quale non si torna.

Silvia Veroli

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