UNIVERSITÀ E SCUOLA

Ministri, studenti fuoricorso e passaparola

Quali sono i problemi più urgenti dell’università italiana? Secondo il ministro Profumo i fuoricorso, tema su cui è intervenuto varie volte, e l’orientamento delle matricole, questione sulla quale ha dichiarato recentemente al Corriere dell'università che nel 60% dei casi la scelta del corso di studi "avviene sul passaparola". L'implicazione è ovviamente che si tratta di una scelta inconsapevole, non riflettuta, effettuata magari per restare nel gruppo di amici delle scuole superiori e non pensando a quali corsi di laurea offrano maggiori possibilità di impiego o siano  più adatti alle loro attitudini individuali.

Innanzitutto, nell'era dei social media, sembra bizzarro che qualcuno se la prenda con il "passaparola", visto che sempre più viviamo in un mondo dove il successo di un libro, di un film, di una mostra, di un sito turistico o di una marca di biciclette dipende dalle classifiche e dai commenti degli utilizzatori, di quelli che hanno già provato quell'esperienza o quel prodotto. Sono proprio i cantori della modernità e del progresso (da Chris Anderson ai suoi imitatori italiani) a prometterci che il Web permetterà a ciascuno scelte consapevoli grazie alle valutazioni di migliaia, talvolta milioni, di persone. Cosa sono le valutazioni se non una forma di "passaparola"?

Non solo: i giudizi degli ospiti di un hotel o degli studenti di un ateneo sono considerati da molti un'importante forma di "democratizzazione" in quanto frutto di una riflessione collettiva e non di un giudizio di un esperto, ormai bollato come "elitario" e snob. 

Purtroppo le cose stanno alquanto diversamente. Per cominciare, esistono delle gravi lacune nella formazione degli studenti che superano la maturità, lacune che sono comuni alla stragrande maggioranza di loro e che dipendono dalla gestione della scuola negli ultimi decenni. Il problema delle matricole che si iscriveranno a settembre non è l'incapacità di scegliere, ma forse l'incapacità di scrivere una pagina in italiano. Con l'eccezione di forse un 10% di studenti provenienti da famiglie privilegiate, che hanno investito con costanza sulla loro educazione, chi supera la maturità oggi dispone di una lingua povera e approssimativa, spesso insufficiente per comprendere un semplice articolo di giornale, men che meno per scrivere un testo necessario a una attività lavorativa: i test internazionali PISA (una valutazione comparativa delle capacità di lettura, scrittura e calcolo dei quindicenni)mettono l'Italia nella parte bassa della classifica dei paesi dell'Ocse. Italiano, storia, geografia sono oggi materie in cui lo studente medio ha carenze gravi, e difficilmente rimediabili all'università. Quindi il ministro Profumo è fuori strada quando sostiene che "gli studenti arrivano impreparati" ai test d'ingresso e propone "simulazioni" per aiutarli a superare le prove. Il problema non è aiutare gli studenti a passare i quiz, è aiutarli a imparare, cosa sempre più difficile in scuole superiori a corto di fondi, dove gli insegnanti sono in grande maggioranza anziani e demotivati perché i meccanismi di reclutamento sono bloccati o sono diventati un calvario per i giovani che si vogliono dedicare alla scuola (si veda, su questo, il nostro dossier sul calvario per diventare docenti).

Sui fuoricorso, il ministro si dimostra poco attento alla situazione nelle tanto ammirate università americane: negli Stati Uniti, solo il 31% degli studenti delle università pubbliche consegue il bachelor of arts nei quattro anni previsti e solo il 56% la consegue in sei anni. La dispersione è maggiore che da noi e una percentuale sempre maggiore di studenti si ritrova senza laurea e con enormi debiti per i prestiti contratti al fine di pagare le tasse universitarie. Questo significa che non esiste un problema di fuoricorso? Certo che esiste, ma si tratta di un problema che viene dopo la riflessione su quali meccanismi possano essere creati per mettere rimedio alle carenze degli studenti e assicurare loro un percorso di studi più rapido e regolare. Per esempio: occorre mettere in condizione un maggior numero di studenti di non lavorare, aumentando il numero delle borse di studio e delle esenzioni dalle tasse. La contropartita potrebbe essere una maggiore severità nella gestione degli esami, per esempio scoraggiando gli studenti dal "provarci”quando sono impreparati.

 

Fabrizio Tonello

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012