SCIENZA E RICERCA

Papà-nonni, maneggiare con cura

Quel che la scienza dà, la scienza stessa può togliere? Fanno discutere gli studi sulla  relazione tra l’età del padre e della madre al concepimento del bambino e le possibili malformazioni e malattie che si osservano nei nascituri. I progressi della scienza e della medicina della riproduzione hanno portato la società  a considerare la maternità e paternità un bene procrastinabile a volontà. Ed ecco che i segnali della Natura vengono ignorati, oltrepassando limiti che parevano invalicabili e chiedendo ai medici gravidanze dopo i 50 anni e paternità dopo i 70. Ma c’è un prezzo da pagare, come dimostrano nuovi studi e ricerche .Ultima in ordine di tempo, la notizia apparsa su Nature che evidenzia una correlazione tra l'autismo e la schizofrenia e l'età del padre al concepimento. 

 L’avanzare dell’età paterna pare responsabile di mutazioni genetiche casuali nel nascituro che aumentano di numero all’aumentare dell’anzianità del padre:  sarebbero addirittura il 20-30% i casi di autismo che possono esser ricondotti a fattori connessi all’età paterna. Il team del dottor K. Stefansson alla Decode Inc. - in collaborazione con i ricercatori dell’University of Iceland, Aarhus University in Danimarca e la Illumina Cambridge Ltd -  ha condotto una analisi sistematica su 78 famiglie in cui il nascituro presentava disordini mentali quali l’autismo sebbene non ci fosse alcun caso di tale malattia nella storia familiare. Sinora, a dire la verità, erano stati più numerosi gli studi focalizzati sull’età della madre: è noto che vi è una correlazione tra età materna è la probabilità che il nascituro manifesti la sindrome di Down o altre malformazioni legate ad altre anomalie cromosomiche. Nel caso dell’autismo, invece, la questione si pone in termini diversi.  La probabilità dell’occorrenza di tale malattia, secondo la ricerca pubblicata su Nature, crescerebbe in modo significativo già tra i 25 e i 35 anni del padre. I risultati riportati inoltre si spingono fino a quantificare  l’effetto cumulativo delle mutazioni genetiche riconducibili al patrimonio paterno che si osservano nel nascituro al variare del genitore. Per fare un esempio, un bambino nato da un padre ventenne presenterebbe circa 25 mutazioni casuali riconducibili al patrimonio paterno, mutazioni che aumentano di due unità a ogni anno del padre sino a giungere a ben 65 se il padre ha 40 anni. Viceversa, il numero medio delle mutazioni osservate nel nascituro riconducibili al patrimonio materno sarebbero circa 15, indipendentemente dall’età della madre. Non stupisce questa differenza, dal momento che le mutazioni sono associate alla duplicazione genetica nella replicazione delle cellule: mentre le cellule uovo sono relativamente stabili, quelle dello sperma si replicano ogni circa 15 giorni e la possibilità di errori nel DNA quindi sono molto elevate. 

In sé,  il fatto di esser portatori di mutazioni non deve spaventare, dal momento che ciascuno di noi ne ospita un certo numero, sopravvenute in modo spontaneo al concepimento. Lo studio però sottolinea che alcune di queste mutazioni sono invece correlate al manifestarsi dell’autismo: non ci sono quindi solo gli effetti ambientali e la predisposizione genetica come possibili spiegazioni, ma anche l’età paterna. 

Oltre a spostare l'attenzione – come si è detto – anche sull'età del padre, laddove nella discussione corrente si è portati a  guardare di più alle gravidanze “eccezionali” per età della madre, lo studio va ad aggiungere argomenti a quanti guardano con preoccupazione all'aumento dell'età considerata fertile, comune a tutto il mondo occidentale ma particolarmente evidente nel nostro paese in parallelo alla riduzione del numero medio di figli per donna. Mutamenti indotti dall'evoluzione sociale e culturale,  dai cambiamenti dei ruoli di genere, e – negli ultimi tempi, di precariato e crisi – dalle condizioni economiche; ma allo stesso tempo confortati da una scienza e una tecnologia  che all'apparenza ci danno la possibilità di fare figli al momento e nelle condizioni desiderate.  Salvo poi instillare dubbi inquietanti sulle conseguenze di tali scelte sulla salute dei nuovi nati: dubbi che fanno riflettere sulla scelta genitoriale, e sull'opportunità di “anticiparla”, o almeno di non posticiparla troppo, anche quando le condizioni socio-economiche non sono sicuramente le migliori. 

 

Cinzia Sada

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