IN ATENEO

Pensionamenti forzosi? Il Cun chiede il ritiro di un emendamento

È stato proposto dal relatore di maggioranza, in occasione della discussione in commissione alla Camera sulla conversione in legge del DL 90/2014, un emendamento che, se approvato, darebbe agli atenei la possibilità di porre in quiescenza i docenti e i ricercatori delle università pubbliche in possesso dei requisiti contributivi minimi. In pratica la previsione di una sorta di prepensionamento forzato a discrezione dell’amministrazione, che ha spinto ad esprimersi anche Consiglio Universitario Nazionale, con una mozione approvata in seguito all’adunanza dello scorso 23 luglio. Nella nuova formulazione, si dice, il testo non terrebbe conto delle specificità funzionali e delle peculiarità normative che caratterizzano il sistema universitario, ignorandone l’architettura e le finalità istituzionali e di servizio.

Le criticità che la nuova normativa potrebbe sollevare, secondo l’analisi del Cun, sono gravi e numerose, soprattutto per quanto riguarda il possibile impatto sull’offerta formativa, già messa a dura prova dal grave sottodimensionamento degli organici degli atenei e dal blocco del turnover degli ultimi anni. Per le stesse ragioni risulterebbe vanificato quasi completamente qualsiasi potenziale effetto che possa favorire I’ingresso di giovani docenti e ricercatori nel sistema.

In realtà, secondo il Cun, “l’eventuale applicazione della norma rischia di diventare uno strumento surrettizio per ridurre il costo del personale”, al di fuori però di una pianificazione razionale e organica, oltre che “a dispetto di valutazioni di opportunità, di merito scientifico, di qualità e tenuta della attività didattica”.  Per tali ragioni il Cun ha chiesto il ritiro dell’emendamento.

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