CULTURA

Perfezione e sacrificio: il balletto di Svetlana Zakharova

Cinque minuti e forse più di applausi, mani e piedi che battono, chiudono la serata Gala Svetlana Zakharova al Teatro Comunale di Bologna dello scorso 24 luglio. Si sono esibiti in un’alternanza di pas de deux e a solo otto solisti provenienti da due dei più grandi teatri di danza russi: il Bolshoi di Mosca ed il Mariinskij di San Pietroburgo, entrambi pietre miliari della storia artistica di Svetlana Zakharova, regina della serata, prima ballerina del Bolshoi e, dal 2007, étoile del Balletto del Teatro alla Scala di Milano.

Chi  era seduto nelle prime file, ha potuto vedere distendersi il sorriso sul volto degli otto ballerini, da maschera teatrale ad un segno di gratitudine, per l’ovazione che pareva non finire più. Ripetono, come bis, la danza “dei saluti”, perché il balletto classico, si sa, non è fatto di improvvisazione e i bis, di solito, non si concedono. Il talento, di cui  hanno offerto al pubblico solo un breve assaggio (ben altra cosa sono gli estenuanti balletti interamente eseguiti da uno stesso solista con corpo di ballo al seguito), è sicuramente il loro tratto distintivo, ma a luci di scena spente, in quella Russia dove giornalmente si esercitano con una volontà che rasenta l’ossessione, il marchio di fabbrica che contraddistingue la loro perfezione è sicuramente la fatica.

E’ perciò a tratti commovente assistere allo scambio tra artisti e pubblico, che  è culminato nell’applauso finale, ma di cui l’intera serata è stata costellata: non come alle prima de “La Scala”, applaudire ai virtuosismi è permesso, ed il pubblico non si trattiene. E’ per lo più fatto da ballerine in erba, giovanissime, da appassionati ed intenditori: il balletto, più dell’opera lirica, è diventato cosa per pochi, pochissimi.

Quando nel 2010 (in Italia nel 2011) Aronosfky portava nelle sale The black swan, storia delle ossessioni di una danzatrice e degli sforzi per ottenere la parte, il film, ai più, è sembrato “eccessivo”: eppure la danza classica è ancora oggi fatta di sacrificio, parola che, per fortuna, non abbiamo, per ora, bisogno di cancellare dal dizionario.

Il balletto premia, senza imposture, la bravura che si fa bellezza e Svetlana Zakharova incarna tutto questo. Ucraina di nascita, nel 1996 si diploma a Kiev per poi entrare a far parte del Balletto del Teatro Mariinskij e nel 2003 del Balletto del Teatro Bolshoi. Da allora ha interpretato i più famosi ruoli del repertorio classico (da Giselle a la Carmen, dal Lago dei Cigni a La Bayadère, da La Bella Addormentata al Don Chisciotte) in tutti i più prestigiosi teatri del mondo, accompagnata dai più famosi ballerini (chi non ricorda l’interpretazione del Lago dei Cigni della coppia Zakharova – Bolle a “La Scala” nel 2007?).

A una tecnica impeccabile Svetlana Zakharova unisce le fattezze eteree di una bellezza esangue: braccia e gambe lunghissime e sottili, che scardinano l’immagine della ballerina minuta e la consacrano ad icona. Nello spettacolo al Comunale di Bologna ha dato prova, poi, dell’universalità del suo ballare: in apertura era Habanera della Carmen Suite (rivisitazione de La Carmen in onore di Maya Plisetskaya) e in chiusura il cigno morente, interpretato sulle musiche di Saint Saens, inframmezzando la classicità con episodi di danza di carattere (Cor Perdut arabeggiante, insieme a Andrej Merkur’ev) e di estrema contemporaneità. A metà del primo tempo, in Distant Cries, pas de deux contemporaneo su musiche di Albinoni, l’ossimoro tra movimento e musica proposto dal coreografo Edwaard Liang diventa persino struggente. Revelation, su musica di John William, Svetlana Zakharova lo interpreta scalza a capelli sciolti, mettendo in scena un dramma degno del Lars Von Trier di Dogville in cui, però, la perfezione della ballerina classica non cede il passo, mai.

Al momento l’étoile è in volo per Tokyo. Chissà che i giapponesi abbiano la capacità che ancora noi italiani ci teniamo stretti, di farci muovere qualcosa nell’animo quando siamo di fronte al bello, come di fronte ai passi di danza di Svetlana Zakharova.

 

Valentina Berengo

 

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