UNIVERSITÀ E SCUOLA

Poveri e discoli? Torniamo alle classi separate

Oltre il 21% di bambini e ragazzi americani, circa 15 milioni e mezzo di cittadini sotto i 18 anni di età, proviene da famiglie il cui reddito le pone al di sotto della soglia di povertà. In 17 dei 50 stati dell’Unione, concentrati nel grande Sud e all’Ovest del Paese, la maggioranza degli iscritti alle scuole pubbliche è considerata povera o in qualche difficoltà finanziaria (percentuale calcolata sulla base del numero di giovani che hanno diritto ai sussidi federali e statali che garantiscono loro il pranzo gratuito o fortemente scontato). Il record spetta al Mississippi, dove questo dato si aggira sul 71%.

Gli studenti in questione spesso arrivano in classe carichi del bagaglio di difficoltà personali con cui devono confrontarsi quotidianamente a casa, un peso che sovente erompe in problemi comportamentali e disciplinari e, in generale, in una scarsa propensione allo studio. Non solo. Siccome le scuole pubbliche americane sono generalmente finanziate a livello locale, attraverso le tasse sugli immobili, la loro qualità varia enormemente a seconda che esse servano aree e quartieri ricchi o meno. Il che significa che la gran parte degli scolari più bisognosi frequentano gli istituti peggio equipaggiati e dotati degli insegnanti meno preparati.

Per gli educatori anche volonterosi, riuscire a offrire una formazione di qualità in questo contesto è arduo se non impossibile. Una situazione che, vista dall'Europa, appare quasi incredibile, e che si traduce, in gran parte del Paese, in un completo fallimento del sistema educativo, ampiamente documentato da statistiche e studi di comparazione come le rilevazioni Ocse-Pisa. Ecco allora che una serie di scuole, guarda caso in particolare al Sud, sta sperimentando modelli alternativi, e talvolta controversi, di insegnamento, per vedere se, anche a fronte delle ristrettezze di bilancio, la situazione può almeno in parte essere migliorata. Misure che se per alcuni versi sono dettate dall'esigenza di migliorare la disciplina e le possibilità di seguire le lezioni – uno dei problemi in assoluto maggiori – per altri rivelano un approccio che molti critici non esitano a definire ideologico.

È in forte crescita, ad esempio, il numero di scuole pubbliche in cui maschi e femmine sono ripartiti in classi diverse esclusivamente sulla base del proprio genere, una pratica comune nel 1800, ma poi sopravvissuta solo negli istituti privati e religiosi. Dati del dipartimento dell’Educazione, presentati dal New York Times, mostrano che ci sono oggi negli Stati Uniti 850 scuole di questo genere, e altre 750 che offrono almeno un corso che scolari e scolare frequentano separatamente.

“Le differenze nello sviluppo cerebrale di bambini e bambine, causate soprattutto dagli ormoni, cominciano a vedersi molto presto, già durante la gravidanza”, sostiene Dakota Hoyt, direttore esecutivo del Gurian Institute dello psicoterapeuta Michael Gurian che, assieme al pediatra Leonard Sax, è tra i principali promotori di questa pratica. "Grazie al testosterone, i primi hanno una maggiore predisposizione al movimento fisico e alla competizione mentre le seconde hanno maggiori capacità di verbalizzazione e disponibilità a seguire le disposizioni dei docenti ”. Sarebbe quindi importante riconoscere queste differenze in modo da garantire il tipo di insegnamento più indicato allo sviluppo degli uni e delle altre, senza obbligarli a seguire assieme lezioni che finiscono per essere inadeguate per tutti, e in particolare per i giovani maschi. I quali, nell’interpretazione di Gurian e Sax, sono oggi i più penalizzati giacché i corsi sono generalmente strutturati sulla trasmissione unilaterale, e verbale, di conoscenze dal docente agli studenti, quando invece essi necessiterebbero di maggiore interattività. 

Siccome l’impatto ormonale è maggiore durante gli anni delle scuole medie, è proprio allora che Hoyt ritiene che classi separate per genere possano avere l’effetto più positivo. “È quello il periodo in cui i ragazzi cominciano a pavoneggiarsi per farsi notare dalle ragazze, di fronte alle quali non vogliono apparire deboli – dice Hoyt – Esse intanto cominciano a sentirsi in maggiore imbarazzo alla presenza dell’altro sesso e tendono a farsi avanti con più reticenza per paura di sbagliare”. Una volta divisi in classi di tutte femmine e tutti maschi, entrambi i gruppi si dimostrerebbero, a parere dei sostenitori di questo ritorno alla separazione dei sessi, più impegnati nello studio e più disposti ad assumersi rischi, a intervenire.

A livello aneddotico, almeno, le scuole che hanno attuato anche solo parzialmente questo modello si dicono soddisfatte, avendo osservato in particolare una diminuzione dei problemi disciplinari incontrati in passato. La comunità scientifica, legale e persino politica, però, è molto poco convinta dell’efficacia di questo metodo pedagogico e seriamente preoccupata per le sue conseguenze negative. Conseguenze che diverse ricerche evidenziano.

“Grazie a una meta-analisi di 184 studi che riguardano complessivamente 1,6 milioni di studenti, la mia ricerca dimostra che non ci sono benefici derivanti dall’insegnamento segregato per genere, né per quanto riguarda la performance degli studenti in ambiti come la matematica e le scienze, né per quanto riguarda la loro autostima – dice Janet Hyde, direttore del Center for Research on Gender & Women della University of Wisconsin, dando voce al pensiero della quasi totalità degli esperti in materia – Sulla base di quanto ci dicono decine e decine di studi di psicologia sociale, sono preoccupata perché, nel momento stesso in cui si separano le persone in due gruppi diversi, questi cominceranno a favorire i membri del proprio gruppo e a sviluppare stereotipi negativi sugli altri. Mi pare probabile, quindi, che dividendo maschi e femmine in classi diverse gli stereotipi di genere andranno aumentando”.

Preoccupazioni condivise dall’American Civil Liberties Union (Aclu), la più importante organizzazione americana che si batte sul fronte dei diritti civili, che ha avanzato una serie di reclami contro varie scuole dalla Florida al Texas. L'accusa è quella di aver violato la legge con l’attuazione di programmi educativi separati per scolari e scolare fondati su stereotipi ingiustificati e su quella che l’Aclu definisce “scienza spazzatura”.  Il Presidente Barack Obama che, sin dall’inizio del proprio mandato, si è dimostrato molto ben disposto verso il movimento di riforma della scuola e verso nuove forme di sperimentazione che possano aiutare a migliorare il misero stato in cui versano le scuole pubbliche americane, per il momento pare deciso a muoversi con cautela. A inizio dicembre il dipartimento dell’Educazione ha pubblicato nuove linee guida, che permettono agli istituti che lo desiderino di impostare classi separate per genere solo se sono in grado di provare che tale provvedimento migliora la performance accademica e disciplinare degli studenti coinvolti quando altre misure falliscono. Queste scuole devono comunque continuare a offrire classi miste e devono essere i genitori a scegliere di piazzare i propri figli in quelle cui partecipano studenti di un solo sesso. La Casa Bianca precisa infine che “prove di generiche differenze biologiche non sono sufficienti a permettere ai docenti di impiegare metodi e strategie di insegnamento diversi per i ragazzi e le ragazze”.

Valentina Pasquali

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012