IN ATENEO

Ricerca, anche i pesci ciechi sanno contare

È stata dimostrata per la prima volta nei pesci la capacità di fare discriminazioni numeriche non visive. Lo studio, coordinato da Christian Agrillo del dipartimento di psicologia generale di Padova, è stato pubblicato in questi giorni su The Journal of experimental biology. La ricerca è stata condotta su una specie di pesci ciechi, Phreatichthys andruzzii,che si sono evoluti per due milioni di anni in alcune caverne della Somalia. 

Gli studi precedenti. Negli ultimi anni un crescente numero di lavori ha indagato le capacità numeriche degli animali. Capacità che fino a pochi anni fa erano considerate una prerogativa esclusivamente umana e che invece sono in parte condivise da altri mammiferi, uccelli e pesci. Piccoli pesci di acqua dolce come le pecilie (Poecilia reticulata), ad esempio, sono in grado di distinguere tra tre e quattro pallini presentati su un monitor, selezionando il gruppo più numeroso al fine di ottenere una ricompensa alimentare. Mammiferi e uccelli hanno dimostrato di essere in grado di contare sia stimoli presentati visivamente che altri tipi di informazioni sensoriali (es. informazioni uditive, come la discriminazione tra due e tre toni). 

Al contrario, tutti gli studi sui pesci erano confinati alla sola presentazione di stimoli visivi, e non era noto se i pesci potessero stimare la numerosità di stimoli non visivi. “Ci siamo chiesti dunque – spiega Agrillo – se i pesci ciechi (Phreatichthys andruzzii) siano in grado di usare l’informazione numerica alla pari di altri pesci che dispongono di modalità visiva”. 

Gli esperimenti. I pesci sono stati addestrati a distinguere tra due e quattro oggetti per ottenere una ricompensa alimentare. Periodicamente venivano immersi ai lati opposti della vasca un insieme di due oggetti ed uno di quattro. Il cibo veniva fornito esclusivamente in corrispondenza del gruppo più numeroso, per cui i soggetti dovevano imparare a distinguere tra due e quattro per raggiungere il cibo. In fase di test non è stato inserito alcuno stimolo alimentare (in modo da non fornire indizi chimici nell’acqua) e si è osservato la proporzione di tempo spesa dai soggetti verso il gruppo più numeroso, con l’assunto per cui – se erano in grado di distinguere tra le due quantità – ci si aspettava che trascorressero maggior tempo verso il gruppo più numeroso (quello associato in precedenza all’arrivo di cibo). Lo studio ha dimostrato che questi pesci sono in grado di risolvere correttamente una discriminazione tra due e quattro elementi. Lo stesso però non è avvenuto quando si trattava di distinguere tra un gruppo di due e di tre, a differenza di quanto osservato con altre specie di pesci.

“Future indagini  - conclude Agrillo – ora valuteranno se la minor precisione numerica riscontrata nei pesci ciechi sia dovuta alla minor precisione delle capacità numeriche sottoposte a test in modalità non-visiva, o se invece riflettano una ristretta flessibilità cognitiva di una specie che si è evoluta per milioni di anni in caverne buie al riparo da predatori”.

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