UNIVERSITÀ E SCUOLA

Spagna, l’università decimata dalla crisi

150 mila studenti rischiano di essere espulsi dall'università spagnola. A lanciare l'allarme è la CRUE, la conferenza dei rettori, equivalente iberico della CRUI, in un recente rapporto ripreso dalla rivista Diagonal. La stima è legata all'aumento delle tasse universitarie, la cosiddetta “matricula”, sancito dal decreto legge 14/2012, emanato dal governo di destra di Mariano Rajoy lo scorso 20 aprile.

Si tratterebbe di oltre un decimo della popolazione studentesca, un esodo di massa dall'università di tutti coloro che non sono in grado di pagare le nuove rette. L'entità effettiva dell'aumento varia da regione a regione, ma si tratta in ogni caso di cifre considerevoli: le stime più prudenti parlano di 540 euro in più all'anno, ma in certi casi si arriverà anche a 1000 euro di aumento, raddoppiando di fatto le tasse.

Il meccanismo non è nuovo: una diminuzione delle iscrizioni all'università dell'8,7% era già stata segnalata lo scorso febbraio in Gran Bretagna, dopo che il governo conservatore di David Cameron ha triplicato le tasse universitarie, che già erano le più alte del continente. Ma è evidente come nella Spagna della crisi finanziaria, con la disoccupazione al massimo storico, l'impatto di aumenti anche minori di quelli inglesi possa essere devastante.

A rendere ancora più evidente la gravità della situazione sono arrivate le parole di José Carrillo, rettore dell'Università Complutense di Madrid, la più grande del paese. Carrillo ha dichiarato in diverse iniziative pubbliche all'interno dell'ateneo che, visti i tagli governativi, quest'anno non sarà in grado di assicurare tutti i pagamenti al personale, e che è estremamente probabile che alcune facoltà vengano chiuse ed altre, come quella di medicina, vendute a università private.

L'anno accademico è appena iniziato ma le proteste non si sono fatte attendere: al Politecnico di Madrid, il consiglio di amministrazione che doveva approvare i tagli è stato rimandato per l'irruzione di centinaia di studenti, così come l'inaugurazione dell'anno accademico all'Università di Granada. Scontri con le polizia e arresti sono invece avvenuti in Navarra e a Castellón. Ieri ha avuto un certo successo la giornata di sciopero convocata dai sindacati studenteschi indipendentisti in varie regioni, e per le prossime settimane si attendono altre mobilitazioni, anche se gli studenti spagnoli pagano l'assenza di strutture di coordinamento nazionale e di alleanze stabili con altri soggetti. Ma qualcosa, in questo senso, si muove: sulla scia della Piattaforma unitaria in difesa dell'università pubblica, che ormai da un anno riunisce tutte le realtà studentesche e degli insegnati in Catalogna, sono nati il Comitato di resistenza in difesa dell'università pubblica a Murcia e la Piattaforma andalusa per l'università pubblica a Siviglia.

La politica di tagli alla spesa pubblica adottata dal governo del Partito popolare in Spagna su forte pressione europea produrrà quindi, con ogni probabilità, la drastica diminuzione della già ridotta popolazione studentesca (poco più del 3% degli spagnoli), e questi 150 mila ragazzi e ragazze andranno a unirsi al già folto esercito dei disoccupati. Un trend che, attraverso i dati Almalaurea, è visibile anche in Italia dove il calo dovuto alla crisi ha portato, fra il 2007 e il 2011, a una diminuzione del 9% delle immatricolazioni, precedentemente cadute del 4% fra il 2005 e il 2007. Del resto, le tasse universitarie italiane sono già ora più alte di quelle spagnole, e sono destinate a crescere ancora, secondo quanto previsto dalla spending review.

Lorenzo Zamponi

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