UNIVERSITÀ E SCUOLA

Tasse universitarie: a che punto siamo

È risaputo, quando in Italia si parla di politica e di testi da convertire in legge, che le sorprese si possono contare solo quando la giostra del Parlamento ha smesso di girare. Un discorso che si applica anche alla conversione del decreto legge sulla Spending review, approvato in via definitiva al Senato e ora in attesa dell’esame della Camera. Nel valzer dei passaggi in Commissione bilancio, il testo ha subìto notevoli variazioni a colpi di emendamenti. Anche il comma 42 dell’articolo 7, quello che tocca da vicino gli studenti universitari per via delle modifiche alla tassazione, è rimasto colpito. Il testo originario apriva la strada alla liberalizzazione delle tasse, superando il blocco che impediva agli atenei di aumentare la contribuzione oltre al 20% della quota del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) e rendendo possibile un aumento indiscriminato dell’imposta per i fuori corso. Si sanava così la posizione di molte università che avevano già sforato tali vincoli. Ma queste condizioni sono state considerate inique anche dal mondo politico e i partiti si sono mossi nel tentativo di mitigare la portata del documento. L’attuale versione, emendata all’ultimo dal governo, conferma la possibilità di aumentare la contribuzione universitaria sia per gli studenti in corso, sia per quelli fuori corso, ma con numerosi distinguo rispetto a quanto approvato dal Consiglio dei ministri il 6 luglio scorso.   

 

Il mancato stralcio. Pd e Pdl in un gioco delle parti hanno dapprima proposto un emendamento per stralciare completamente il comma 42 dell’articolo 7. La proposta avrebbe, di fatto, mantenuto lo status quo pre-decreto con il suo carico di problemi. 

Con una proposta firmata dai senatori Paolo Giaretta (Pd) e Gilberto Pichetto Fratin (Pdl) veniva presentato in Commissione un altro emendamento (approvato) in cui erano inserite alcune novità fondamentali. I contributi studenteschi dovevano rientrare nell’originario limite del 20% della quota del Fondo di finanziamento ordinario. In pratica, la revisione non comportava più l’aumento delle tasse universitarie per gli studenti in regola con gli studi. Infine, l’emendamento metteva rigidi paletti per quanto riguarda l’aumento della contribuzione da parte dei fuori corso. Gli incrementi prevedevano tre scaglioni distinti. Con una scheda Isee superiore ai 150.000 euro, l’aumento poteva arrivare al 100%, al 50% con un Isee tra i 90.000 e i 150.000, al 25% con un Isee familiare inferiore alla soglia dei 90.000 euro. “Contrariamente a quanto sentenziato in questi giorni - spiega il senatore Paolo Giaretta - l’emendamento presentato bloccava l’aumento generalizzato delle tasse universitarie previsto invece nel testo iniziale del governo, facendo dei distinguo tra studenti in corso e fuori corso”. Questi ultimi sarebbero stati salvaguardati ulteriormente, “visto che attraverso delle disposizioni ad hoc - prosegue Giaretta - si sarebbero valutate le specifiche condizioni degli studenti lavoratori e di altre situazioni particolari” secondo i principi di equità, progressività e redistribuzione e tenendo in considerazione gli anni di ritardo rispetto alla durata del corso di laurea. Inoltre, gli incrementi sarebbero stati destinati, in misura del 50%, a integrazione delle risorse disponibili per il diritto allo studio. Le università avrebbero comunque mantenuto la facoltà di decidere o meno per l’aumento della tassazione. 

Il testo finale. Ma anche l’emendamento è stato emendato con una revisione last minute del governo. L’Esecutivo “ha reintrodotto - conclude Giaretta - la possibilità di aumentare le tasse anche agli studenti in corso”. Probabilmente, questa decisione deriva anche dalle pressioni fatte da numerosi rettori che avevano visto svanire questa possibilità. Esentati dai possibili aument per i tre prossimi anni accademici i saranno comunque gli studenti che abbiano un livello Isee inferiore ai 40.000 euro. Per loro “l’incremento della contribuzione - si legge nel testo di legge - non può essere superiore all’indice dei prezzi al consumo dell’intera collettività”. Resta, invece, immutato l’impianto per la tassazione dei fuori corso, che conferma i tre scaglioni di reddito introdotti dalla proposta di Giaretta e Pichetto Fratin.

 

Ma.S.

Per approfondimenti

Stato dei lavori alla Commissione bilancio della Camera dei deputati

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