UNIVERSITÀ E SCUOLA

Test Ocse-Pisa: cosa misurano davvero?

“Scriviamo a lei come direttore per l'Ocse del programma Pisa. Siamo sinceramente preoccupati per le conseguenze negative dei ranking”. Dagli Stati Uniti, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, dalla Gran Bretagna e dalla Svezia, studiosi e ricercatori da tutto il mondo hanno firmato e inviato una lettera aperta ad Andreas Schleicher, direttore per l'Ocse del Programme for International Student Assessment. Obiettivo, contestare la validità pedagogica e conoscitiva dei test Pisa, lo strumento sviluppato dall'organizzazione di cooperazione economica per valutare con cadenza triennale i sistemi educativi di 65 Paesi in base ai risultati ottenuti dastudenti di quindici anni in matematica, scienze e lettura. Test che il giornalista inglese Peter Wilby ha definito pericolosi perché in grado di “uccidere la gioia dell’apprendimento” inserendosi, con il suo intervento, nel quadro di una polemica montata nei giorni scorsi, mentre in Italia si tenevano gli altrettanto discussi test Invalsi.

Nella lunga lettera, pubblicata da The Guardian il 6 maggio scorso, i firmatari esprimono profonda preoccupazione per l'impatto dei test e chiedono di fermarne la prossima tornata. Diverse e articolate le motivazioni, a partire da una serie di rilievi sulle conseguenze dell'adozione del programma. “I risultati dei test Pisa sono attesi con ansia da governi, ministri dell’educazione, redazioni di giornali e sono inseriti in innumerevoli rapporti politici. Hanno iniziato a influenzare profondamente le pratiche educative di molti Paesi che, come conseguenza, stanno rivedendo i propri sistemi nella speranza di migliorare i ranking. Mancati progressi hanno portato a dichiarazioni di crisi e "Pisa shock", seguite da richieste di dimissioni e di riforme profonde secondo i precetti Pisa”. Una pratica, questa, che – si legge nella lettera – "sottrae attenzione a obiettivi educativi meno o per nulla misurabili come lo sviluppo fisico, morale, civile e artistico, restringendo così pericolosamente la nostra immaginazione collettiva riguardo a ciò che l'istruzione è e deve essere", e porta a “batterie di test a risposta multipla e lezioni prefabbricate”. Proposto ogni tre anni, il test causa poi “uno spostamento dell'attenzione verso provvedimenti a breve termine pensati per aiutare un Paese a scalare velocemente le classifiche, nonostante la ricerca dimostri che i cambiamenti duraturi nella pratica educativa abbiano bisogno di decenni per arrivare a un risultato”. 

A queste critiche ne seguono altre che investono l'impostazione dei test e la capacità da parte dell' organizzazione, per sua natura rivolta ad obiettivi di competitività economica, di valutare nella sua interezza il mondo della formazione. I professori si domandano quale mandato abbia l’Ocse a proporre queste valutazioni e se non sia piuttosto, per le sue stesse caratteristiche, non idonea “a valutare la partecipazione nell’auto-governo democratico, all’azione morale e a una vita di sviluppo, crescita e benessere personale”, ovvero quegli obiettivi della formazione che non hanno immediati riscontri nelle abilità lavorative ma sono fondamentali per la crescita e il benessere delle società. E ci si interroga anche sulle partnership pubblico-privato e sulle alleanze che l'Ocse avrebbe stretto “con aziende multinazionali che avranno benefici economici da ogni deficit, reale o percepito, che Pisa rivelerà. Alcune di queste aziende forniscono servizi educativi a scuole e distretti scolastici americani su base massiccia e for-profit, mentre programmano di sviluppare educazione for-profit in Africa, dove l'Ocse intende ora introdurre il programma Pisa”.

Molti i punti critici, dunque, per gli studiosi che hanno fatto fronte comune e ora chiedono risposte. Nella lettera-appello si invita l’Ocse a rallentare, si segnalano limiti e incongruenze ma, allo stesso tempo, si avanzano proposte concrete che puntano alla partecipazione attiva di insegnanti, studenti e genitori, alla trasparenza in tema di gestione delle risorse e delle partnership. Vengono chieste, inoltre, garanzie attraverso un monitoraggio costante e indipendente, in grado di seguire il percorso completo dei test Pisa, dalla formulazione all’esecuzione. Criteri ispiratori, alcune considerazioni e principi fondamentali: “Nessuna riforma sostanziale dovrebbe essere basata su una singola ristretta misura di qualità. E nessuna riforma sostanziale dovrebbe ignorare il ruolo di fattori extra-scolastici, tra tutti la diseguaglianza socio-economica di una nazione. In molti Paesi, inclusi gli Usa, la diseguaglianza è cresciuta molto negli ultimi 15 anni, spiegando così il divario educativo sempre più ampio tra ricchi e poveri, che le riforme scolastiche difficilmente colmeranno”. 

La replica è arrivata subito. Andreas Schleicher ha risposto a Heinz-Dieter Meyer della State University of New York e agli altri firmatari affidando alle pagine di The Guardian la lettera in cui difende le scelte dell’Ocse, la sostanza e il metodo per la formulazione dei test, che, negli anni, avrebbero offerto molte opportunità strategiche per le politiche internazionali, nell’ottica di una fruttuosa collaborazione oltre i confini dei singoli stati. “Il vertice annuale internazionale della professione dell'insegnamento, dove i ministri si incontrano con i leader sindacali per discutere i modi per migliorare lo status della professione di insegnante è un esempio”. E aggiunge: “Se è indubbiamente vero che alcune riforme richiedono tempo per dare frutti, è vero anche che un certo numero di Paesi ha dimostrato che il rapido progresso può avvenire nel breve termine. Tra gli esempi la Polonia o la Germania che stanno facendo progressi costanti, osservabili ogni tre anni”. Schleicher si difende anche in fatto di trasparenza: “Qualsiasi lavoro legato allo sviluppo, l'implementazione e i report dei test si svolge sotto la sola responsabilità dell'Ocse e sotto la guida del comitato di gestione Pisa. L'Ocse naturalmente stipula contratti con individui, istituzioni e aziende per lo svolgimento di servizi tecnici, e quando ciò avviene questi soggetti sono selezionati sulla base di bandi d'appalto aperti, pubblici e trasparenti. Questo processo assicura che ogni attività venga svolta da soggetti che dimostrino la loro competenza e il migliore rapporto qualità/prezzo. Nessuna istituzione, azienda o individuo ne ricava vantaggi, in quanto i risultati di ogni lavoro legato ai test Pisa sono di dominio pubblico”.

Argomentazioni puntuali, come puntuali erano stati i rilievi mossi. Ma con ogni probabilità la discussione è destinata a proseguire. Rimane infatti una domanda di fondo: preparare efficacemente per il mondo del lavoro significa anche sviluppare le capacità individuali, la creatività e la responsabilità per il benessere dell'intera società, ovvero quelli che tradizionalmente riteniamo gli obiettivi della scuola? E questi obiettivi sono tutt'ora adatti alla società contemporanea, o dobbiamo rivederli? Domande che la discussione ha l'indubbio merito di avere riportato all'attenzione collettiva. 

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