SOCIETÀ

Tra frequenze tv, spazi bianchi e wi-fi

Nei primi giorni di febbraio la notizia dell’intenzione di creare una gigantesca e potentissima rete wi-fi gratuita per i cittadini americani è rimbalzata da un quotidiano all’altro, facendo il giro del mondo in ottanta ore. All’origine dell’equivoco un articolo del 4 febbraio a firma Cecilia Kang, uscito nientemeno che sul Washington Post, dal titolo Tech, telecom giants take sides as Fcc proposes large public WiFi networks, dove si affermava che il governo ha in progetto di realizzareuna serie di super-reti wi-fi in tutto il Paese, così potenti e ampie che i consumatori potranno utilizzarle per effettuare chiamate e navigare su Internet senza pagare la bolletta del telefono ogni mese”. In effetti la notizia, posta in quei termini, pareva alquanto balzana, o quantomeno sembrava un’inversione di tendenza davvero sorprendente, considerato che sono quasi due anni che l’amministrazione Obama si attira critiche per la firma dell’Acta, l’accordo internazionale che mette in serio pericolo la condivisione gratuita di contenuti in rete equiparandola alla contraffazione. E che un po’ ovunque sui quotidiani si è parlato dei progetti di legge Sopa e Pipa, norme restrittive che porrebbero in essere un controllo troppo invasivo sulle telecomunicazioni negli Usa e che sono state, finora, in parte bloccate dalla mobilitazione in rete.

Tutto nasce dal piano di riordino delle frequenze televisive deciso dalla Federal Communication Commission (Fcc), l’autorità di supervisione del settore telecomunicazioni statunitense, corrispettiva alla nostra Agcom, in base al quale la banda “liberata” dalla transizione al digitale terrestre potrebbe essere destinata al potenziamento del wi-fi. Nello scorso autunno la Fcc aveva annunciato una revisione del piano, risalente al 2004, che prevede attualmente la vendita all'asta di nuove parti di spettro tra cui i cosiddetti “spazi bianchi” (white spaces): le porzioni di banda non utilizzate, e non occupate da alcun soggetto licenziatario, che si trovano fra una frequenza assegnata e l'altra del broadcasting televisivo. Non si tratta di un’idea isolata: in Gran Bretagna l’Ofcom, l’agenzia inglese che sta studiando la cosa dal 2007, ha lanciato una consultazione pubblica per approvare un regolamento, da sottoporre all'Ue, per l'utilizzo delle bande attualmente inutilizzate dai diversi canali televisivi di trasmissione (gli “spazi bianchi”  appunto) entro il 2013.

La Fcc non ha mai affermato, però, di volersi occupare della costruzione di una nuova super-rete, che dovrebbe invece essere costituita dagli operatori telefonici; l’idea di fondo è quella di raggiungere quelle zone isolate del paese, in particolare le aree rurali, che sono oggi tagliate fuori dall’accesso. Quindi prima dell’asta la commissione dovrà decidere quali porzioni di spettro saranno messe in vendita e quali riservare a uso “pubblico”. Di fatto, come argomenta David Zax del Mit, la confusione nasce dall’ambiguità del termine ‘free’ che nella lingua inglese può significare ‘gratuito’, ma anche ‘open’, cioè utilizzabile senza licenze.

Da parte sua, il presidente della Fcc Julius Genachowski aveva dichiarato che liberalizzare la Rete abbasserebbe le barriere del mercato e consentirebbe agli innovatori di sviluppare le tecnologie del futuro a vantaggio dell’utente finale. In realtà lo "spectrum chairman", come viene chiamato Genachowski, nel suo comunicato ufficiale dello scorso ottobre si era espresso il termini diversi, annunciando che "la proposta punta a creare la prima banda nazionale di spettro senza licenze, la prima nel mondo, adatta per la banda larga wireless, e costruita su frequenze contigue in banda bassa”, in quanto "oltre a liberare spettro da gestire sotto licenza, proponiamo anche di liberare una notevole quantità di spettro da utilizzare senza licenza per il wi-fi".

È proprio attorno alle frasi di Genachowski che, secondo alcuni, il Washington Post si è lasciato andare a un “esercizio di wishful thinking” travisando in modo ottimistico i fatti ed esagerandone la portata. Nell’articolo si parla infatti di una rete “più potente di quella diventata comune nelle nostre case”, e addirittura in grado di “penetrare spessi muri di cemento e oltrepassare colline e aree boschive”, oltre che “disponibile in tutte le aree metropolitane e in molte aree rurali”. Da lì si è poi generata una reazione a catena mediatica che ha dato origine a un vaporware: un fenomeno informativo molto simile alla “bufala”, piuttosto frequente quando viene annunciato ufficialmente l'uscita sul mercato, a breve, di un prodotto, un servizio, o un progetto ”rivoluzionari” - tipicamente in campo tecnologico, o medico-scientifico - e si generano nel pubblico notevole interesse e grandi aspettative  che poi vengono disattese, dileguandosi appunto come "vapore".

Ha ridimensionato la faccenda Jon Brodkin, di Ars Technica, precisando che c’era solo “un granello di verità” in tutta la vicenda. Il progetto, se approvato, richiederebbe anni di sviluppo: sarebbe il primo esperimento su una scala così ampia, un progetto complesso che dovrebbe garantire, anche nelle sue fasi di sviluppo e attuazione, una notevole stabilità in particolare nelle grandi città, dove gli accessi potrebbero essere elevatissimi creando rallentamenti e rendendolo comunque più adatto per quella fetta di utenti che si connette sporadicamente piuttosto che per chi lo fa per lavoro.

La proposta vede comunque contrapposti due schieramenti tra i big del settore. Da una parte colossi come Google e Microsoft, in questo caso alleati e attirati dall’idea di avere a disposizione più spettro “unlicensed”, sostengono che un’apertura alla rete consentirebbe un balzo in avanti nello sviluppo di prodotti innovativi. Da gennaio 2013 infatti Google ha portato la connessione wireless gratuita a New York, per ora nel quartiere di Chelsea sull’isola di Manhattan, con l’intento di ampliare l’area libera e favorire le start up delle zona, nota anche come “Silicon Alley”: un chiaro segnale della direzione che ritiene preferibile. Microsoft ha potuto così immettere con facilità nei negozi il nuovo tablet Surface Pro, e sicuramente anche Facebook e Skype traranno vantaggi economici per i loro servizi di chiamate VoIP dalla liberazione di banda.

Sul fronte opposto le aziende del settore telefonia non sono per niente d’accordo, e puntano a preservare il proprio vantaggio competitivo e il valore delle loro licenze: temono che il loro business, attualmente stimato in 178 miliardi di dollari, possa essere ridimensionato e non hanno alcuna intenzione di compiere enormi investimenti in questo campo per tenere il passo.

Neil Derek Grace, portavoce ufficiale della Fcc, ha dichiarato che "la proposta di una incentive auction lanciata a settembre dello scorso anno, libererebbe una grande porzione di spettro per usi con licenze come il 4G. Ma libererebbe anche spettro senza licenza da utilizzare per il wi-fi di prossima generazione, e non solo. Dal momento che la domanda di banda larga mobile continua a crescere rapidamente, abbiamo bisogno di liberare una notevole quantità di spettro per uso commerciale: sia lo spettro open che quello  con licenze sono parte della stessa soluzione”.

I sostenitori dei white spaces affermano che lo spettro televisivo può trasmettere segnali a banda larga molto più ampi rispetto al wi-fi, e aprendo lo spettro sarà possibile potenziare il mercato mobile con nuovi dispositivi portatili. “Si tratta di un approccio nuovo all’uso dello spettro, che consente di riciclare gli spazi inutilizzati nell’etere", aggiunge Richards dell’agenzia britannica Ofcom, che considera i white spaces una risorsa preziosa per combattere lo spectrum crunch al quale si va incontro con la crescente fame di banda legata alla diffusione di massa di smartphone e tablet.

Negli Usa, la Fcc sul tema del wi-fi e della spinta alla valorizzazione estrema dello spettro radio ha un grosso asso nella manica, afferma il Corriere Comunicazioni. Magari, dunque, non una super-rete gratis per tutti, “ma un altro passo per aprire la strada all’innovazione sul terreno delle tecnologie “unlicensed”: il piano di Obama per "assicurare che la nostra infrastruttura invisibile per l'innovazione mobile possa incontrare la domanda del 21esimo secolo". In Europa Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione e responsabile per l’Agenda digitale europea afferma che lo spettro radio rappresenta l’ossigeno dell’economia, per cui è necessario creare un mercato unico per tali frequenze. Lo scorso settembre 2012 la Commissione Europea ha pubblicato una proposta per la condivisione dello spettro radio tra gli operatori telefonici, in modo da soddisfare l’aumento del traffico dati da parte dei consumatori che utilizzano smartphone, tablet e altri dispositivi mobile. In Italia, il Codice delle comunicazioni elettroniche affida le funzioni di regolazione definite a livello europeo al ministero dello Sviluppo economico – Comunicazioni e all’Agcom. Gli interventi a favore dell’uso ottimizzato dello spettro radio sono coordinati dal Dipartimento per le comunicazioni del ministero dello Sviluppo economico.

Antonella De Robbio

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