SOCIETÀ

Un manifesto per rompere il muro del silenzio

Adattarsi, capire, sacrificarsi e rassegnarsi. Quattro parole che in italia, negli ultimi anni, potrebbero essere altrettanti sinonimi di giovane e di precario. In un Paese in cui più di un italiano su tre, tra i 18 e i 24 anni, è privo di lavoro nell’apparente disinteresse generale e senza che questo fatto riesca ad imporsi nell’agenda politica, pare fin’ora quasi mancare il desiderio di riscatto, di poter dire la propria. Le varie spending review non hanno portato a manifestazioni di piazza, come è accaduto in altri Paesi; e soprattutto, lontani dalle strade sono rimasti proprio loro: quei giovani che avrebbero più di tutti il diritto di far sentire la loro voce. 

I movimenti d’opinione in Italia di solito hanno le gambe corte. Vivono e si infiammano per un breve periodo, dando vita a eventi di protesta contro un simbolo, che sia una legge o un capo di governo, per poi spegnersi rapidamente. È stato così, negli anni passati, per i girotondini di Nanni Moretti, per il popolo viola, per L’onda degli studenti e più di recente per “se non ora quando”. Fiammate e niente di più. Intendono restare, in tutti i sensi, i giovani che si riuniranno domani a Firenze per scrivere il manifesto di un nuovo movimento: Io voglio restare. Volti nuovi, poco conosciuti e non allevati nel sostrato della politica italiana, ex studenti da poco, ricercatori universitari, giornalisti precari, cuochi, liberi professionisti. Un’amalgama di 148 promotori, emersa in nuce tra i banchi delle aule di ateneo, che ora è pronta a strutturarsi. “Io voglio restare”, inteso come desiderio di non abbandonare l’Italia, e come l’implicita necessità di modificare l’attuale sistema. 

Di certo i firmatari non possono accettare di sentirsi rappresentati da quell’essere troppo choosy nominato dal ministro del Lavoro Elsa Fornero ma, come ogni movimento che si rispetti, cercano di darsi una identità e una serie di priorità su cui intervenire. Lavoro, istruzione, ricerca e welfare sono tra i temi più sentiti e pronti a essere dibattuti a Firenze in quella che sarà la fucina di idee di Io voglio restare.

Il difficile verrà dopo: l’appello è girato molto tra i diversi social network e la partecipazione di domani dovrebbe essere alta, ma poi si dovranno raccogliere i frutti di questo brain storming. “Noi non desideriamo fare solo una campagna di comunicazione - spiega Lorenzo Zamponi, uno dei promotori dell’iniziativa - ma a partire dalle idee vogliamo effettuare un lavoro concreto sui territori per portare avanti le questioni fuoriuscite dall’assemblea di Firenze”. La parola d’ordine è: strutturarsi. “Alcune esperienze sono già attive in Toscana - prosegue Zamponi - dove appoggiamo la raccolta firme per promuovere il reddito minimo garantito”. Non vogliono sentirsi dire di essere l’ennesimo movimento d’opinione che poi morirà nel nulla o che in Italia non esiste un moto di protesta consistente in grado di smuovere le acque: “Di mobilitazioni importanti nel nostro Paese ce ne sono sempre state - conclude Zamponi - Certo, ora con il governo Monti sembra che i problemi non esistano più, ma in realtà persistono ancora”. “In Spagna e Grecia, è vero, ci sono movimenti di massa molto più consistenti, ma conviene darsi da fare qui in Italia prima di arrivare a quel punto”. 

Mattia Sopelsa

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