SOCIETÀ

Web 2.0, il paradiso delle bufale

“Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere”: questa frase nei secoli ha fatto più vittime dell’uragano Katrina, almeno a livello intellettuale. Non ci sono indagini in proposito, ma probabilmente è una delle massime più citate nei commenti su Facebook. Il popolo della rete sembra però ignorare che ai tempi di Voltaire la cerchia di persone a cui era consentito esprimere un’opinione era molto ristretta, e la "soglia" qualitativa molto alta: le idee degli attuali rivoluzionari da ufficio, che dalla loro scrivania incitano alla rivolta tra una pausa caffè e l’altra, non sarebbero state minimamente considerate. 

Nell’era del web 2.0 le cose vanno diversamente: intellettuali e addetti ai lavori assistono impotenti al proliferare di notizie inesatte e vere e proprie bufale. Non importa l’argomento: si va dal razzismo alla fantascienza, passando per l’economia, l'ambiente e – ovviamente – la politica.

Un caso da manuale è la disputa sulle scie chimiche, che sono la versione contemporanea dell’ormai datata diceria dell'untore. Perfino un’importante testata locale ha documentato fotograficamente il fenomeno, dando adito alle teorie complottiste che vorrebbero il Governo impegnato nell’opera di avvelenamento dell’aria e della terra. Qui, anche il tentativo di fare una cernita delle fonti lascia il tempo che trova. 

Nelle classiche dispute da social network che in questi casi si scatenano, qualche volenteroso e sventurato navigatore potrebbe essere tentato di riportare in auge amenità come il metodo scientifico. I fautori della teoria delle scie chimiche, infatti, invitano più volte gli scettici a dimostrare la non esistenza del fenomeno. Questi ultimi, dal canto loro, ricordano invano che l’onere della prova spetta a chi teorizza qualcosa, e non viceversa: se non fosse così, si tornerebbe al Medioevo, quando presunte streghe venivano bruciate perché non potevano dimostrare di non aver avuto commerci col demonio. 

I razionali vengono additati come superficiali che non si preoccupano dell’apocalisse ventura, e la loro incapacità di dimostrare l’insensatezza della teoria in questione diviene prova della validità della stessa. Di questo passo, l'esistenza degli unicorni può essere data per certa, data l'indimostrabilità del contrario. 

Un caso analogo è emerso negli ultimi tempi con la tragedia di Fukushima. Naturalmente nessuno si permetterebbe mai di dire che non esiste un rischio per l’ambiente e per la salute di animali ed esseri umani, ma negli ultimi mesi – cosa ben diversa - sono fiorite una serie di ipotesi che più che apocalittiche sono fantascientifiche, ampiamente riprese sui social network.

Una mente razionale, anche se priva di competenze specifiche, ammetterebbe che, allo stato attuale delle cose, non si può prevedere con certezza cosa ci aspetta. Sicuramente le conseguenze saranno pesanti, ma gli scienziati non hanno gli elementi per stabilire quanto, vista la relativa imprevedibilità dell'evolversi di una situazione con così tante variabili e il silenzio stampa degli addetti ai lavori come dei media che non hanno novità da pubblicare - silenzio che alimenta le teorie complottiste alla “e nessuno ce lo dice”. 

In questa situazione qualcuno di particolarmente predisposto deve aver pensato che potrebbe succedere, letteralmente, qualsiasi cosa: da qui ipotesi che vanno dalla “liquefazione del suolo” fino alla necessità di evacuare un intero emisfero con tanto di esperti al seguito. Ci si può facilmente rendere conto che un articolo riassumibile in “Non si può sapere cosa accadrà a Fukushima” non totalizzerebbe lo stesso numero di accessi di uno dal titolo “Moriremo tutti”. 

Il problema è che la Rete è accessibile alla maggior parte della popolazione, e che non tutti prenderanno il testo come volo pindarico fantascientifico. Da qui, tutto un fiorire di "mi piace" e condivisioni allarmate sui principali social network. Quando, anche considerandoli come un mero prodotto letterario, questi articoli non meriterebbero una segnalazione nemmeno per l’originalità: già L’ultima spiaggia di Nevil Shute, del 1957 – romanzo, e poi film - racconta di un intero emisfero reso inabitabile delle radiazioni a causa della terza guerra mondiale.

Qualcuno ha deciso di tener buono il lato comico della faccenda, prendendo bonariamente in giro i creduloni “sparandola più grossa”: dall’omosessualità contagiosa alla spiegazione scientifica del perché dalla lavatrice escono calzini spaiati. Era partito come un gioco, ma gli ideatori del sito immaginavano forse fin da subito come sarebbe degenerato. All’uscita in rete di un falso articolo con la notizia che il ministro per l'Integrazione avrebbe proposto di utilizzare gatti e cani degli italiani per sfamare gli immigrati,  Facebook ha cominciato a pullulare di post razzisti contro la Kyenge, crudele assassina di animali domestici. Verrebbe da chiedersi se all’utente medio dei social network manchi il senso dell’ironia o la capacità di andare oltre il titolo di un pezzo, anche quando è talmente sensazionalistico che se preso sul serio giustificherebbe a dir poco una lettura approfondita.

Ai posteri l’ardua sentenza. Nel frattempo Voltaire continua a rivoltarsi nella tomba (pericolo terremoti? Condividi questa notizia!)

Anna Cortelazzo

  

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